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Frodi scientifiche: la scienza come non l'abbiamo mai vista    

Immagine tratta dal libro "La falsa scienza. Invenzioni folli, frodi e medicine miracolose dalla metà del Settecento a oggi" di Silvano Fuso, Carocci, 2017

Immagine tratta dal libro "La falsa scienza. Invenzioni folli, frodi e medicine miracolose dalla metà del Settecento a oggi" di Silvano Fuso, Carocci, 2017

È quante volte l’ho fatto, e quanto a lungo, a rendermi un caso limite. Non si tratta di un articolo, o di dieci articoli, ma di molti di più

Con queste parole, dieci anni fa, lo psicologo sociale olandese Diederik Alexander Stapel si descriveva al giornalista Yudhijit Bhattacharjee, che da quella conversazione trasse una sconcertante intervista per il New York Times Magazine. Stapel, allora quarantasettenne, fino a un paio di anni prima era uno studioso noto e rispettato con una cattedra all’università di Tilburg, decine di pubblicazioni scientifiche al suo attivo e un nutrito gruppo di collaboratori. Finché, nel 2011, tre dottorandi avevano avanzato dubbi sui suoi lavori. Sfogliando alcune delle sue ricerche, certi numeri apparivano identici anche in contesti molto diversi: una circostanza molto improbabile. Il sospetto era stato trasmesso al capo del dipartimento e poi al rettore dell’università.

In breve Stapel capitolò, ammettendo di aver creato sistematicamente dati a tavolino, e l’ateneo nominò una commissione di indagine per capire quante e quali delle sue pubblicazioni fossero state artefatte, a scapito dei fruitori delle sue “ricerche” e anche di tutti i suoi studenti e collaboratori. Se la truffa resse così a lungo è perché Stapel non coinvolgeva mai i propri coautori nella raccolta dati: insieme progettavano l’esperimento – per esempio sul razzismo implicito, oppure sulle correlazioni tra consumo di carne e attitudine verso il prossimo – e poi teneva per sé il compito di somministrare i questionari a presunti partecipanti e condurre le osservazioni. Mentre i collaboratori immaginavano che lui stesse “sul campo”, Stapel in realtà compilava tabelle di dati fittizi e inventava di sana pianta setting sperimentali seduto nel salotto di casa sua. Oggi 58 dei suoi articoli sono stati ritirati dalle riviste perché contengono dati falsi.

Quello di Stapel, come disse lui stesso, è un caso estremo, ma non è unico. Il blog Retraction Watch è un osservatorio ricchissimo e aggiornato sul panorama delle pubblicazioni dubbie, le indagini in corso, le frodi accertate: che, nel mare magnum delle pubblicazioni scientifiche che ogni giorno vedono la luce nelle varie discipline, un articolo susciti sospetti e sia ritirato dalle riviste è un evento all'ordine del giorno. Appena pochi giorni fa ha fatto clamore il ritiro da parte di Nature, la rivista scientifica più autorevole al mondo, di una ricerca sulla superconduttività guidata dal fisico cingalese Ranga Dias, su richiesta di otto dei suoi stessi coautori, per mancanza di trasparenza sui metodi impiegati. Il fatto che queste scorrettezze emergano non significa che i ricercatori siano in gran parte disonesti: esistono errori commessi in buona fede e comunque la stragrande maggioranza degli articoli rimane solida. Tuttavia, il meccanismo attuale delle pubblicazioni scientifiche presta il fianco a qualche inesattezza.

Prima di tutto, a vacillare è il meccanismo stesso della per review, o “revisione tra pari”, cioè il sistema su cui si basa la selezione delle pubblicazioni scientifiche. Funziona così: io, ricercatore, scelgo la rivista scientifica a cui voglio proporre il mio articolo, in genere tentando un faticoso bilancio tra il prestigio della rivista (che voglio alto) e la probabilità che rifiuti il mio lavoro (che, naturalmente, voglio bassa). Il comitato editoriale della rivista farà una prima valutazione della mia proposta e, se ritiene il mio lavoro interessante e aderente alla linea editoriale, lo invierà a due o tre esperti della materia, anonimi, chiamati referee. Loro, senza alcuna retribuzione, sono chiamati a dare un’opinione sul mio operato e dire se l’articolo merita o no di apparire su quella rivista, che agirà di conseguenza. Ora, in un mondo altamente specializzato gli esperti sono sempre gli stessi ed è difficile garantire un reale anonimato a queste figure, che a volte possono subire pressioni. Oppure, al contrario, possono esercitare il potere che hanno in quel momento per affossare il lavoro di un avversario. Il problema delle frodi ha assunto dimensioni tali che, non di rado, la via più breve per danneggiare un rivale è accusarlo di qualche forma di non integrità scientifica: anche se è una calunnia del tutto infondata, per dimostrarlo ci vorrà tempo e intanto l’ombra del sospetto porterà danni al malcapitato.

Poi il mondo della ricerca è investito, tranne rarissime eccezioni di scienziati a fine carriera, dal dramma del famigerato publish or perish: perché uno scienziato sia competitivo, ottenga finanziamenti e vinca concorsi deve pubblicare. Questa pressione induce un clima difficile, soprattutto a inizio carriera, per cui c’è chi cede alla tentazione di proporre articoli raffazzonati o truccati, e non sempre i referee, subissati di articoli da revisionare, oltre al carico della loro ricerca e della didattica, se ne accorgono.

I numeri delle frodi scientifiche non sono chiari, ma il problema esiste e averne consapevolezza è molto importante. Alcuni istituti di ricerca, come, in Italia, il CNR, si sono muniti di apposite commissioni volte a monitorare i casi critici. Se una ricerca fraudolenta entra a far parte della letteratura scientifica, intaccherà a cascata tutti gli studiosi che la useranno come fonte e rallenterà il processo di conoscenza collettiva. Per non parlare dei danni a una corretta informazione del pubblico: basti pensare al disastro provocato dall’attivista britannico Andrew Wakefield, che nel 1998 suggerì una correlazione tra vaccini e autismo, poi rivelatasi una frode con tanto di tangenti. L’articolo fu ritirato e lui radiato dall’ordine dei medici, ma – ancora a distanza di 25 anni – l’idea di quella correlazione inventata resiste nel passaparola di migliaia di persone.

I libri sulle frodi scientifiche

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