Bassa marea

A Parigi con Hemingway, cent'anni dopo

Sono passati cent’anni da quando Ernest Hemingway arrivò a Parigi.
L’anniversario non ha suscitato grandi celebrazioni, ma è sempre una buona occasione per ricordare uno dei più grandi scrittori americani e la città in cui cominciò ad affermarsi.
Aveva appena 22 anni quando vi mise piede per la prima volta, nel 1922, insieme a Hadley, la sua prima moglie. Non aveva ancora scritto niente di notevole.
La coppia si manteneva con un piccolo reddito di lei e con gli scarsi proventi della collaborazione giornalistica di lui con il Toronto Star: un giorno anche quegli articoli sarebbero stati raccolti in un libro, perché svelavano già l’originalità e la forza della sua prosa.

Al 74 di rue du Cardinal Lemoine, nel Quartiere Latino, una targa ricorda che Hemingway e la moglie vissero per qualche anno in quello stabile, in un minuscolo appartamento al quarto piano, all’epoca senza gabinetto (c’era una toilette in comune) e male riscaldato. Anche per questo Hemingway andava a scrivere spesso da un’altra parte, inclusi i caffè dei dintorni.
Oggi è una zona lussuosa e borghese. Cent’anni fa era il ritrovo di intellettuali, artisti, espatriati, tutti con pochi soldi in tasca. Tra di loro si distinguevano Ezra Pound, che prese Hemingway sotto la sua protezione; James Joyce, che insieme a Hemingway andava a ubriacarsi nelle bettole e, quando litigava con qualcuno degli altri avventori, chiedeva all’amico, più grosso e più muscoloso, di difenderlo; George Orwell, Francis Scott Fitzgerald, Gertrude Stein, la quale diede al gruppo il nomignolo di Lost Generation, la generazione perduta, segnata dalle cicatrici della Prima guerra mondiale e venuta in cerca di un’identità lungo le rive della Senna.
Tutti insieme orbitavano intorno a Shakespeare and Company, la libreria di Sylvia Beach, che un secolo più tardi esiste ancora.
Come esistono le brasserie frequentate da Hemingway: il Cafè de Flore, Lipp, Balzar.

Woody Allen ha sorriso con raffinata ironia su quell’epoca nel suo delizioso Midnight in Paris, ma ci si può innamorare della Parigi di Hemingway anche senza diventare prigionieri della nostalgia. Molti anni dopo, Hemingway ricordò i suoi anni parigini in Festa mobile, un libro che sarebbe stato pubblicato soltanto postumo, nel 1964.
Se hai avuto la fortuna di vivere a Parigi da giovane, dovunque tu possa andare per il resto della tua vita”, scriveva, “porterai Parigi sempre con te, perché Parigi è una festa mobile”.
Bisognerebbe sempre portarselo dietro, per leggerlo e rileggerlo, quando si va a Parigi, anche da non più giovani.

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