Bisogna parlare della moda con entusiasmo, ma senza pazzia; e soprattutto senza poesia, senza letteratura. Un vestito non è né una tragedia né un quadro; è una graziosa effimera creazione, non un'opera d'arte eterna. La moda deve morire, e morire in fretta perché il commercio possa vivere
Temperamento combattivo, indipendente, spirito forte, a tratti eccessiva, con una turbinosa vita che la portò a contatto con protagonisti del mondo dell’arte (che ebbe anche occasione di finanziare) come Cocteau, Strawinskij, il poeta Reverdy e Djagilev.
A sua memoria Luchino Visconti – quando Coco venne ritrovata senza vita il 10 gennaio 1971 nella sua stanza dell’Hotel Ritz di Parigi - disse:
«Sparisce tutto uno stile di vita: quello del talento esclusivo, della suprema raffinatezza. dell'eleganza autentica. Nel nostro mondo che precipita verso l’anonimità, la cialtroneria e i drugstores. Una personalità come la Chanel non esisterà più.»
Con Marie Curie, è la donna più importante del momento
Coco – anzi, Gabrielle Chanel - nasce in una modestissima famiglia a Saomur, una cittadina sulla Loira nel cuore della Francia, il 18 agosto del 1883, l'anno in cui a New York veniva inaugurato il ponte di Brooklyn, a Mosca Alessandro III era incoronato imperatore di tutte le Russie, a Predappio nasceva Benito Mussolini e a Praga Franz Kafka.
La madre muore presto, il padre la manda in una sorta di orfanotrofio. L’infanzia della piccola Gabrielle non è certo divertente, ma fa da propulsore, senza dubbio, per spingerla a cercare una via d’uscita. Fuggita presto dalla provincia sbarca a Parigi con un sogno — fare la cantante — poi dirottato sulla haute couture.
Ricco di fotografie, illustrazioni e disegni d'epoca, questo prezioso volume celebra la figura di una donna straordinaria divenuta un'icona di stile senza tempo: Gabrielle Bonheur Chanel, in arte Coco. Dalla sua infanzia difficile alle prime geniali intuizioni, fino alla creazione di una leggenda chiamata Chanel n. 5
È all'ippodromo di Longchamp, nel 1912, che Coco Chanel conquista le sue prime clienti tra le donne più eleganti e che impone la sua sartoria al numero 23 di rue Cambon, dietro la chiesa della Madeleine.
Boy Capel («l’unico amante amato») le concede inizialmente di aprire la prima boutique di cappelli nella sua garçonnière, poi anticipa la somma necessaria ad affittare quello spazio commerciale. E sempre grazie al suo denaro nel 1913 apre un elegante negozio a Deauville e una casa di mode a Biarritz nel 1915.
Nel 1917 Coco era già in grado di rimborsare il prestito di Capel: era ormai a capo di un’azienda con 300 lavoranti, vendendo i suoi abiti in jersey leggeri e sportivi seguiti a breve dai profumi, primo fra tutti il celeberrimo Chanel n.5.
Sapeva lavorare duro Coco e far lavorare gli altri (con la stessa durezza). Al fronte si combatteva e si moriva, ma a Deauville e a Biarritz, si ballava e ci si divertiva: perché non sfruttare la situazione e raccogliere i primi successi? Sweater all'inglese, gonne di flanella, il vestito-camicia... Per Chanel il successo. Macchine di lusso, ville, amanti, il poeta Reverdy, il bel russo Dimitri, gli artisti amati al di là delle loro opere — non ne acquistò quasi mai — beneficati, ma quanto non fu debitrice a Djagilev o a Stravinskij della propria celebrità?
Inamovibile e pronta a ricominciare dopo i tradimenti, gli abbandoni, le morti di cui è costellata la sua vita.
Così scriveva Lucia Sollazzo nel 1976:
«Mi ricordo di Chanel a sommo della scaletta da cui scendevano nell'atelier tutto specchi, soffitto e pareti, i modelli della collezione: rivisitati ad uno ad uno, scagliati dall'approvazione d'una Grande Demoiselle durissima, chiusa; giù come armi segrete contro l'élite femminile sulle seggioline dorate.»
Nel 1921 crea il suo profumo più noto — il «numero 5» — che, dopo un secolo, rimare uno dei più celebri e venduti in tutto il mondo.
Nel 1932, la sua casa di moda è un'azienda che dà lavoro a più di mille persone. Quando la guerra, nel 1939, la costringe a sospendere la sua attività è già la stilista francese più celebre e amata.
La strada m'interessa più dei salotti. Mi piace che la moda scenda nella strada, ma non ammetto che ne provenga
Come molti geni, anche Coco ha qualche scheletro nell’armadio. Chiude la sua casa di moda all’indomani dell’entrata in guerra della Francia, ufficialmente per non fornire abiti alle mogli degli occupanti tedeschi, né a quelle dei loro complici francesi, come fanno molti suoi colleghi.
La storia di ogni grande donna è la storia delle sue guerre. Quelle di Coco Chanel sono state almeno quattro: due conflitti mondiali, le battaglie sindacali degli anni Venti e Trenta, e la guerra contro i suoi fantasmi.
Ma soggiorna comunque sempre al Ritz – sede dell’alto comando tedesco a Parigi – e si lega al diplomatico barone Hans Gunther von Dincklage, detto “Spatz”, ufficiale nazista di alto livello. Tralasciando qui le ipotesi di un suo attivo coinvolgimento spionistico a favore dei nazisti, quando viene convocata dal comitato di epurazione non è perseguita, forse anche per i segreti che custodisce, primo fra tutti che Churchill potesse aver pagato i tedeschi al fine di proteggere il castello dei duchi di Windsor a Cap d’Antibes. Sarà lo stesso Churchill a intervenire a suo favore.
Così la descrive Lietta Tornabuoni:
«Era brusca, autoritaria, esigente, sprezzante. Di lingua lunghissima: “Saint-Laurent? Povero figlio, non sa cucire”, Cardin? “Un avventuriero di poco momento”; Le donne? “Sono pazze. Prima vestivano per piacere agli uomini, adesso soltanto per sbalordirsi l’una con l'altra. Prima hanno cominciato a vestirsi da uomo, adesso sono arrivate a vestirsi da prete”. Non si salvava nessuno, neanche De Gaulle. Pur essendo gollista, Chanel rimproverava al Generale un eccessivo liberalismo e si accaniva anche contro di lui: “È un mostro assetato di sangue. Però ha stile”.»
Sul grande palcoscenico della moda si riaffaccia nel 1954, per rilanciare le sue essenze – la principale fonte di reddito per lei – che stanno lentamente passando di moda - «Riaprì la casa di mode per rilanciare i profumi Chanel, che non si vendevano quasi più» è la realistica diagnosi dello stilista italiano Roberto Capucci. È il periodo della conquista del pubblico americano, del lancio di nuove abitudini (Coco Chanel è la sarta che ha fatto indossare i pantaloni alle donne) e dei nuovi profumi.
Il tailleur Chanel, (lo scianellino, come veniva definito) è stato forse il vestito più copiato del mondo, con grande soddisfazione della sua creatrice:
Se una moda non viene adottata da tutti non conta nulla, rimane solo una eccentricità gratuita
Le due C incrociate del suo inconfondibile marchio sono ancora oggi simbolo di eleganza, raffinatezza, stile. I suoi tailleurs sono foderati di seta e raso nei colori pastello o bianchi, affermando che «alle volte la fodera costa più della stoffa».
Mi copino pure e ne sarò contenta perché ciò vorrà dire che i miei abiti piacciono
Considerata da molti la stilista più importante del Ventesimo secolo, Coco Chanel è l'antesignana dell'eleganza rilassata per la donna moderna. Rifiutando l'eleborata corsetteria e i ricami vistosi, Chanci rivoluzionò l'abbigliamento femminile introducendo lo spirito informale nell'alta moda
Ma tutto ciò a quale prezzo per la sua vita? Un successo pagato con la solitudine e dolenti ferite, nascoste dietro una facciata inossidabile.
Alla fine della sua esistenza Coco rimpiangeva di non essersi mai sposata, si sentiva sola e si dispiaceva di non aver ceduto alle numerose richieste di matrimonio avute negli anni.
Verso il 1930, già famosa, fu sul punto di rispondere di sì al duca di Westminster che le aveva chiesto di diventare sua moglie. Ma avrebbe dovuto abbandonare la sua attività e non ne ebbe il coraggio.
Leggendaria la sua risposta alla proposta di matrimonio:
Se ci possono essere parecchie duchesse di Westminster non può esserci invece che una Coco Chanel
Affermava che, potendo tornare indietro, avrebbe detto di sì. Sarebbe diventata «cugina della regina d'Inghilterra, proprietaria di un castello in Scozia, di case a Londra, di un panfilo a Montecarlo, di ville a Cap Martin, di migliaia di ettari di boschi e di prati in Gran Bretagna...».
Invece era restata sola - anche se certo non povera – e si augurava che il suo caso servisse di esempio alle ragazze, alle quali diceva:
Sposatevi. Meglio vivere con un marito, anche grasso, che essere sole. L'indipendenza è una bella cosa, ma quando gli anni sono passati e si è senza marito, senza un figlio, si ha molto freddo
«Chanel vecchia, alla fine, - scriveva Lietta Tornabuoni - trionfante di cattiveria e di successo: i suoi modelli sofisticati creati per poche si moltiplicano per le strade, vengono venduti nei grandi magazzini americani, copiati dalle donne di tutto il mondo occidentale. Ma lei rimane unica.»
Tra me e la noia c’è una lotta all’ultimo sangue. Quando sarà lei – la noia – a vincere, allora morirò
Donna astuta e determinata, la stilista a cui dobbiamo il marchio della doppia C, che impreziosisce i cappelli, i tailleur e i profumi più famosi del mondo, ha legato il suo nome a un immaginario fatto di corpi eleganti e sottili, passerelle e salotti. Eppure c'è stato un tempo in cui Coco Chanel si chiamava solo Gabrielle
E l’ha fatto all’improvviso, nel pieno ancora della sua attività malgrado l’età avanzata, sola nella sua stanza del Ritz.
In quell’occasione i maggiori stilisti (quasi tutti) dimenticano le critiche salaci. Paco Rabanne, che Coco qualificava «metallurgico» perché utilizza anche i metalli per le sue creazioni, ha dichiarato:
Era una grandissima donna. L'ammiravo perché era la semplicità e la sobrietà
Marc Bohan, direttore di Christian Dior, la ricorda così:
Era al tempo stesso l'eleganza e la semplicità, aveva una raffinatezza straordinaria e la sua influenza si farà sentire a lungo
Yves Saint-Laurent afferma: «L'ammiravo e la rispettavo». Pierre Balmain la ricorda soprattutto come «una persona intelligente». Pierre Cardin ha rifiutato di emettere un'opinione, dichiarando: «Nelle circostanze attuali bisogna evitare di fare il minimo commento».
Dopo di lei sarà Karl Lagerfeld, ma questa è tutta un’altra storia.
Difficile dire con certezza da cosa derivasse il soprannome Coco.
C’è una versione ufficiale che recita che la chiamarono così perché si alzava sempre al canto del gallo e lavorava duramente.
Poi c’è quella forse più attendibile, senz’altro più curiosa: Gabrielle Chanel s'era guadagnato il soprannome da ragazza come comparsa dei teatri d'operetta di provincia. Provocante, un po' spogliata, riusciva a canticchiare appena due canzoni, una intitolata Ko-Ko-Ko-riKo, l'altra Qui qua vu Coco: il suono curioso di quei ritornelli servì a ribattezzarla per sempre.
Ti potrebbero interessare
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Di
| Mondadori Electa, 2016Di
| L'Ippocampo, 2020Di
| Cairo, 2021Di
| White Star, 2020Di
| Lindau, 2017Di
| Mondadori, 2021Di
| Atlante, 2014Di
| Rizzoli, 2019Di
| Il Castello, 2023Di
| Rizzoli, 2021Di
| De Agostini, 2012Di
| Baldini + Castoldi, 2021Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente