Il 1° ottobre del 1982 il primo lettore di compact disc audio, prodotto da Sony grazie all’interazione con Philips, è approdato sul mercato internazionale e, in 40 anni di vita, ha vissuto la classica parabola. Se nella prima metà degli anni ’80 era uno status symbol, a causa del costo elevato, nella seconda, con l’aumento dell’offerta, è stato aggiunto gradualmente a quasi tutti gli impianti stereo casalinghi, e lo testimonia l’exploit del 1985 di Brothers in Arms dei Dire Straits, il primo album che ha venduto più copie in CD che in vinile (anche grazie alla registrazione – ben pubblicizzata – con apparecchiature digitali all’avanguardia per l’epoca). Il nuovo formato ha superato nelle vendite quello più ingombrante e dal suono meno pulito nel 1988 e, nel 1991, si è lasciato alle spalle anche le cassette. Così, negli anni ’90, il lettore CD ha soppiantato definitivamente il giradischi e il mangianastri per dominare il mercato fino al 2000. Negli ultimi 20 anni, però, molti lo hanno abbandonato, fino a quando, appena 10 mesi fa, alcuni dati, a sorpresa, hanno rivelato che non tutti gli acquirenti hanno vanificato l’investimento sbarazzandosi del loro riproduttore di CD.
Lo scorso gennaio, infatti, la notizia che, per la per la prima volta in 17 anni, le vendite degli album in CD sono aumentate ha fatto discutere. I dati facevano riferimento al 2021 e l'aumento rispetto al 2020 è stato appena dell'1,1%. Dal 2000, anno in cui le vendite in CD hanno toccato l’apice, c’è stato un calo prima progressivo e poi vertiginoso, soprattutto da quando, circa due anni dopo, la rivoluzione digitale liquida ha iniziato a svilupparsi e i primi lettori MP3 si sono diffusi. Nonostante la piccola crescita del 2021, quindi, si parla di cifre nettamente inferiori agli anni di gloria ma, visto che la fruizione musicale è cambiata notevolmente rispetto agli anni ’90, questa ripresa ha destato curiosità.
A parte la pandemia, imprevisto che ci ha fatto passare molto più tempo in casa riavvicinandoci anche ai nostri impianti stereo, ci sono altri fattori che hanno causato la risalita. In questi ultimi cinque anni si è parlato molto del ritorno in voga del vinile, uno dei due grandi rivali del CD e, nel 2017, è uscito un libro, Why Vinyl Matters: A Manifesto from Musicians and Fans, in cui tra i musicisti interpellati figura anche Lars Ulrich. Il batterista dei Metallica, parlando con l’autrice Jennifer Otter Bickerdike, ha dato una spiegazione classica di questo fenomeno: «Per ogni cosa che è popolare, ci sono persone che cercano vie alternative al mainstream. È la natura della cultura pop, degli esseri umani, dell'umanità in generale. Ora che la maggior parte delle persone ascolta la musica attraverso gli MP3 compressi – in metropolitana, in aereo – credo che ci siano molte persone che, solo per questo, cercano alternative. Quindi la rinascita del vinile è, in parte, l'anti-MP3».
Che la ragione sia questa o meno, il ritorno del vinile, a suo modo, ha determinato anche la crescita del 2021, o quantomeno la mancata scomparsa del CD, perché c’è un dato che va preso in considerazione: il prezzo. Dall'avvento degli store digitali e, successivamente, delle piattaforme streaming, i vinili sono diventati sempre più oggetti da collezionisti ed è diventato sempre più difficile trovare in vendita a meno, rispettivamente, di 15 o 25 euro circa quelli usati in buono stato (meno che mai le prime stampe) o quelli nuovi (il boom delle ristampe in edizione limitata di album di culto ha stimolato il mercato).
Sempre in questi ultimi 20 anni, però, negli stessi negozi o mercatini, bastava spostarsi al banco di fianco e trovare copie usate in CD di capolavori della musica a prezzi intorno ai 5 euro. Non ci sono dati a supporto, ma la maggiore accessibilità senza dubbio ha contribuito a non spezzare il legame tra questo formato e il pubblico che oggi ha almeno 40 anni, perché il CD usato ha rappresentato il modo più economico per dare seguito alla tradizione dell'ascolto su supporto fisico con cui sono cresciute circa tre generazioni. Senza contare che, sempre in questo arco temporale, il prezzo di una copia nuova in CD di un classico di qualsiasi genere difficilmente ha superato i 10 euro.
I più giovani, invece, si sono avvicinati all’oggetto CD grazie ai cosiddetti firmacopie organizzati dalle case discografiche per permettere ai fan di incontrare fisicamente, a turni velocissimi, i loro idoli: da circa 10 anni, durante questi eventi “in store”, l’acquisto di un CD è il lasciapassare per scattare una foto insieme all’artista da postare sui social network e, soprattutto, per farsi fare un autografo con dedica su una copia fisica del suo ultimo disco.
Ma ad aver avuto un ruolo in questa vicenda, oltre a quella parte della stampa di settore sopravvissuta e all'affermazione di un marketplace per appassionati come Discogs, ci sono anche i social network, naturalmente: l’infinito dibattito sulla qualità sonora e sulla resistenza negli anni dei formati fisici continua ad animare migliaia di post, soprattutto su Facebook. Nel 2013 ci ha pensato Keith Richards ad alimentare la disputa con una provocazione: il chitarrista dei Rolling Stones ci ha fatto sapere che agli MP3 non solo preferisce il suono di CD e vinili ma addirittura quello delle cassette, non proprio il top della qualità sonora.
In queste discussioni senza fine, il CD si gioca una qualità che solo l’ascolto in streaming degli utenti premium può contendergli: la comodità dell’ascolto continuo, indisturbato, una differenza non da poco rispetto ai vinili, visto che i giradischi costringono ad alzarsi per cambiare lato al disco. Se qualcuno ribatte che il vinile ha un suono più “caldo” e dimensioni che valorizzano al massimo l’artwork delle copertine, c’è chi fa presente che occupa molto più spazio ed è più scomodo da trasportare. E via di questo passo.
Che in questa fase storica i supporti fisici si stiano prendendo una piccola rivincita lo conferma anche il ritorno delle cassette: si tratta di un mercato oltremodo di nicchia ma che, negli ultimi due anni circa, sta facendo gioire i collezionisti più feticisti, addirittura con la nascita, anche in Italia, di case discografiche indipendenti che stampano o ristampano solo su nastro (tra queste Spalato Wyale e Dirt Tapes). Insomma, il prossimo gennaio sapremo se le vendite di CD anche in questo 2022 avranno confermato il trend di crescita (e non sarà facile), ma nel frattempo andrebbe preso atto che «nessun formato diventa obsoleto», come ha detto Brian Eno perché, ha aggiunto il compositore e produttore britannico che nel 1988 aveva criticato la capienza limite di 70-80 minuti che ha un CD audio, «ogni volta che appare un nuovo formato, la gente ne è entusiasta, visto che ci sono nuove possibilità, e ne scrive come se tutto il resto fosse ormai antiquato e non ci si dovesse più pensare. Ma in realtà nulla scompare. Si aggiungono semplicemente nuove cose».
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