La redazione segnala

L'uccisione del giudice Antonino Scopelliti

La trilogia della Patria del giornalista e scrittore Enrico Deaglio è una raccolta in presa diretta dei fatti più importanti che hanno segnato la storia del nostro paese dal 1967 al 2020. I volumi:

Patria 1967-1977, Feltrinelli 2018
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Patria 1978-2010, Il Saggiatore 2010
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Patria 2010-2020, Feltrinelli 2020 
Estratto da

Patria 1978-2010 di Enrico Deaglio

p. 337

Reggio Calabria, 9 agosto 1991

Pochi lo conoscono, ma è il magistrato che - a conclusione di una brillante e onesta carriera - sostiene l'accusa nei processi di mafia, camorra e 'ndrangheta in Cassazione.
Antonino Scopelliti, reggino, 56 anni, preparatissimo, riservato, con un grande charme che coltiva nelle amicizie e nelle cene all'aristocratico Circolo della caccia di Roma, sta preparando la richiesta di rigetto dei ricorsi in Cassazione del maxiprocesso a Cosa Nostra.
Ha rifiutato cinque miliardi di lire per essere morbido.

È in vacanza nelle sue terre natali, guida la macchina sulla strada provinciale tra Villa San Giovanni e Campo Calabro, quando nella località di Campo Piale, viene affiancato da un commando che gli spara con la lupara.
Scopelliti perde il controllo della macchina e finisce sotto un ponte. Il commando lo cerca e sparano sul ferito il colpo di grazia con una pistola P38.
È il primo magistrato ucciso in Calabria, ma la notizia non sembra fare molta impressione.

Una settimana dopo, Giovanni Falcone commenta amaramente sul quotidiano La Stampa:

«L'ultimo delitto eccellente è stato realizzato, coma da copione, nella torrida estate meridionale cosicché, distratti dalle incombenti ferie di Ferragosto e dalla concomitanza di altri gravi eventi, quasi non vi abbiamo fatto caso».

Per il magistrato, invece, molte cose sono chiare purtroppo.
Che 'ndrangheta e Cosa Nostra sono più unite di quanto si pensi, che la criminalità non ha paura di colpire (ed è la prima volta) un magistrato di Cassazione, sapendo che non ci sarà reazione da parte dello Stato, che la mafia conosceva il ruolo, che Scopelliti, riservatissimo a riguardo, avrebbe assunto di lì a poco nell'atto finale del processo contro Cosa Nostra.

Giovanni Falcone conclude:

«Non ci vuole molto per capire [...] Si spera che l'ultimo infame assassinio faccia comprendere quanto grande sia la pericolosità criminale delle organizzazioni mafiose e che se ne traggano le conseguenze [...] ci si permette di suggerire che è giunto il tempo di verificare sul campo l'effettivo impegno antimafia del governo».

Per saperne di più

Trilogia della Patria

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