La morte è molto importante. Un dono che facciamo ai nostri nipoti: lasciare loro spazio
Immaginate tre amici uniti da un paese, la Terra Promessa dei testi sacri, e immaginate di leggere le loro pagine che di quel paese sono diventate la coscienza critica. Avrete davanti Abraham Yehoshua, Amos Oz e David Grossman.
Oggi, all'età di 85 anni, dopo una lunga malattia, Yehoshua, una delle voci più originali e delicate del mondo israeliano, si è spento a Tel Aviv, lasciando un vuoto che sarà difficile riempire. Assieme a lui, partono una bellissima curiosità, il suo senso dell'amicizia e la sua generosità. A noi, per fortuna, rimane la sua innata e straordinaria abilità narrativa (se volete avere un saggio delle capacità dell'autore, vi consigliamo di approfondire qui).
Sì, perché spesso di Yehoshua è stato detto che nessuno come lui sapesse usare l'ebraico giocando con le parole, o avesse una padronanza tale della lingua da rendere l'architettura della frase e dei romanzi quasi perfetta. Il suo labor limae era tale da imporgli di lavorare sugli incipit dei romanzi a volte per interi mesi. Perché? Perché le prime pagine dovevano essere il seme dal quale far nascere tutta la storia (se vi interessa sapere qual è il significato della scrittura per Yehoshua, vi suggeriamo di leggere qui).
I suoi protagonisti sono studiati, analizzati nei minimi dettagli, un'attenzione quasi maniacale alle loro caratteristiche, espressioni, emozioni. I protagonisti, però, sembra si agitino nelle pagine per conquistare una sorta di autonomia rispetto all'autore.
E alla fine ci riescono sempre. Yehoshua stesso si è definito sorpreso da molti dei suoi personaggi.
"Ha fatto il contrario di quello che mi sarei aspettato!", diceva.
In realtà, anche la scrittura faceva il contrario di quello che l'autore si aspettava, a volte. Cambiava registro, non era mai uguale a sé stessa, si adattava alla voce diversa di ogni protagonista. Una voce originale, difficile da copiare (per avere un'idea di come Yehoshua può variare le voci dei propri personaggi, leggete qui).
Eppure, a sentir lui, nella sua scrittura non c'era nulla di particolare, solo l'incapacità di descrivere gli oggetti e l'idea di sopperire a questa mancanza con la luce. Proprio lui, che la luce sapeva descriverla come pochissimi altri (forse il solo Camus)...
D'altronde, lo scrittore israeliano non si è mai reputato una voce originale, anche se ha sempre aperto scenari di indagine nuovi.
Yehoshua non ha mai smesso di riflettere sul futuro e sull'identità di Israele. Una riflessione che ha permeato i suoi più bei romanzi, specchio della complessità del mondo ebraico. Complessità alla quale Yehoshua aveva smesso di cercare una soluzione, accettandone il mistero, al contrario di Amos Oz che ci provò fino all'ultimo.
Un patrimonio di saggezza, sofferenza, memoria quello del mondo ebraico. Un patrimonio che Yehoshua non ha mai voluto abbandonare e che, anzi, ha voluto analizzare anche in molti dei suoi romanzi più recenti. Il tunnel, per esempio, nel quale sublima il rapporto con la moglie e si interroga sul tema della memoria (leggere qui). Malattia della quale soffrono sia i palestinesi che gli ebrei, per l'autore, che nella "troppa memoria" trovano qualcosa che impedisce loro di vivere il presente e guardare con speranza al futuro.
La troppa memoria si trasforma in una barriera
Scrittore innamorato della psicologia dei personaggi, esponente della New Wave della letteratura israeliana, Yehoshua raggiunse il successo internazionale nel 1977 grazie a L'amante. Una costruzione polifonica che dà voce a sei personaggi, le voci di una famiglia israeliana all'epoca della guerra del Kippur.
Narratore della famiglia, della sua vita e dei suoi disastri, se ne definiva l'ultimo difensore. E il suo mondo letterario è pieno di famiglia come pochi altri. Yehoshua ha sempre esplorato a fondo i rapporti familiari riscoprendo nel matrimonio il nucleo fondamentale della società, sempre a patto che ci fosse parità tra i due coniugi (Per una riflessione sui possibili, diversi significati che è possibile dare al matrimonio, vi consigliamo di leggere qui).
Fu probabilmente influenzato in questa sua idea dal profondo legame con la moglie Rivka, dalla cui prematura scomparsa non si riprese mai del tutto.
Yehoshua ha saputo raccontare la normalità delle relazioni umane. Ma nella sua lode ininterrotta all'essere normali, è cresciuta la sua abilità nel narrare quanto sia impossibile essere normali.
Racconti di memoria, famiglia, normalità, responsabilità (potete leggere qui), legame profondo con una terra promessa che è fatta di contraddizioni, un po' come lo era Yehoshua. Contraddizioni che sono state il motore primo di una creatività fra le più commoventi, commozione che suscita anche la lettura del suo ultimo libro, una specie di congedo dal mondo, un libro d'amore per l'Italia, sua seconda patria.
Oggi salutiamo quindi Buli, come gli amici lo chiamavano, uno dei più grandi scrittori del Novecento, ma anche un uomo dolce, generoso e di buoni sentimenti che parlava con voce roca e l'aspetto burbero. Un uomo di affascinanti contraddizioni, insomma, perfino nell'aspetto.
Ciao, Buli, continueremo a leggerti e a ringraziarti a lungo!
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