Al ristoranti, Mimì fici un tentativo di mittiri il parmigiano supra alla pasta con le vongole ma Montalbano gli affirrò il vrazzo affirmanno che glielo avrebbi tagliato di netto con un cuteddro se osava committiri quel sacrilegio
Provate a fare una ricerca, anche sbrigativa, su internet, su quale sia la percezione all’estero delle abitudini degli italiani. Vedrete che una caratteristica ricorrente individuata da chi ci guarda dal di fuori è che a noi piace mangiare: lo facciamo in continuazione, ne parliamo in ogni occasione, abbiamo rituali specifici per i diversi pasti e regole severe per preparare le nostre pietanze. Siamo molto gelosi, per dirne una, della ricetta della carbonara, intransigenti con l’ananas sulla pizza e orgogliosi di qualunque piatto, anche un brodino di dado, preparato da nostra nonna. Ma è indiscutibile che, nelle cucine italiane, ci sia una regina: la pasta.
Ripiena, secca, all’uovo, al forno o risottata: la pasta regna sovrana sulle nostre tavole, e quando non c’è, ci manca. Non è una novità, perché se Feuerbach già scriveva, più genericamente, che siamo ciò che mangiamo, Hegel precisava che ogni popolo nel mondo aveva una data conformazione per il piatto principe delle loro culture. I tedeschi, diceva, sono forti e robusti perché mangiano tanta carne. Gli italiani, invece, hanno la pancia e si godono la vita perché mangiano la pasta (non chiedetemi il nesso tra l’alto consumo di carboidrati e un approccio più godereccio all’esistenza). E oggi, in occasione del World Pasta Day, è bello andare a scovare la regina della tavola anche altrove: nella letteratura.
Per inquadrare bene la questione, c’è il libro del Saggiatore Storia della pasta in dieci piatti, una bella rassegna che riserva anche qualche sorpresa (o delusione, chissà). Mentre per capire quanto le storie che ci raccontiamo da secoli siano strettamente legate alla cucina, Banchetti letterari ripercorre l’amore per la cucina dai tempi di Dante e arriva sino a Camilleri. Ma questi sono per i principianti, per chi vuole approfondire il mondo della pasta e del buon cibo, in generale. Perché, per i più tenaci, ci sono i romanzi con la cucina come protagonista. Per cultura culinaria, siamo imprevedibilmente molto vicini al Sol levante. Non come pietanze, certo, ma come amore e cura per il cibo. Pensate a Kitchen di Banana Yoshimoto, o al Ristorante ritrovato di Ito Ogawa.
Degli scrittori nostrani ci sarebbe da fare una lista molto lunga. Ma tra quelli, invece, che hanno giocato con il cibo (non si fa, solo in letteratura è concesso) c’è Filippo Venturi con Gli spaghetti alla bolognese non esistono, o Giuseppina Torregrossa con L’assaggiatrice. Appena oltralpe c’è Annie Ernaux, Premio Nobel per la letteratura 2022, che con Guarda le luci amore mio non parla proprio di cucina, ma di quello che viene prima: la spesa al supermercato (se siete curiosi, su Maremosso trovate la recensione). Insomma, di cibo oltre che parlare, si scrive parecchio. Nel nostro DNA di italici panciuti c’è il gene della pasta, e oggi vogliamo celebrarla come regina della cucina, perché, alla fine, Hegel aveva ragione a dire che, con lei in tavola, la vita ce la godiamo un po’ di più.
Cosa vuole la tradizione, per questa o quella ricetta? Da chi è arrivata l'idea di mettere l'uovo crudo sulla pasta? E dove sono nati, per davvero, i tortellini? Una storia avvincente del nostro piatto preferito: la pasta, in ogni tempo e in ogni modo.
Quanto ci piace parlare di cibo, e quanto ci piace scriverne! In questo manuale, le tracce di questo nostro amore per la cucina e per il buon mangiare nella storia e tra la letteratura.
Un giallo culinario, in cui ad aiutare nelle indagini per la sparizione di una madonna c'è il cuoco Emilio Zucchini, proprietario di un ristorante a Bologna. Filippo Venturi mette in scena la pasta e i luoghi comuni che la circondano, facendoci divertire per le vie di una città famosissima per la sua cucina.
Dopo la scomparsa del marito, Ancilluzza decide di darsi da fare per ritrovare un equilibrio: lo farà cucinando, per sé ma, soprattutto, per gli altri, arrivando a comprendere che un corpo che si nutre è un corpo indiscutibilmente felice.
"Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina...". Così comincia il romanzo. Le cucine riempiono i sogni della protagonista Mikage, rimasta sola dopo la morte della nonna, e rappresentano il calore di una famiglia sempre desiderata. Ma la famiglia si può non solo scegliere, ma anche inventare.
La collana del Leone verde dedicata alla cucina e alle ricette dei grandi autori del passato: sono i libri ideali per scoprire un lato degli scrittori non sempre noto a chiunque, e, soprattutto, per imparare a cucinare ricette nuove vantandosi della nobile paternità.
L'autrice sceglie di portare alla luce uno spazio ignorato dalla letteratura, eppure formidabile specchio della realtà sociale: l'ipermercato. Ne nasce dunque un diario, in cui Ernaux registra per un anno le proprie regolari visite al «suo» Auchan annotandone le contraddizioni e le ritualità.
Una raccolta di racconti in cui compare anche il magnifico "Il pranzo di Babette", in cui la cuoca comunarda protagonista, al crollo dei suoi ideali rivoluzionari, è costretta a sacrificare tutto e a vivere esule (lei, "grande artista") a contatto con un mondo grigio e frugale.
Isabel Allende conosce il gusto lieve e giocoso della vita. La troviamo alle prese con il mondo della cucina, tempio del piacere dei sensi e anticamera del "piacere dei piaceri". In un invito alla gioia dietro il grembiule, un gioco per nutrirsi e inebriarsi senza prendersi troppo sul serio.
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