L’avete già notato? Spesso la figura anziana che appare sulle copertine dei titoli di narrativa è legata a trame gialle, a tracce di ironia, surrealtà.
L’anziano è “sorprendentemente” energico, brillante o può permettersi qualsiasi eccentricità, non avendo più nulla da perdere. Non mancano centenari che potrebbero gareggiare con i ragazzi in scaltrezza oppure folli e inarrestabili ultraottantenni, occasionalmente immersi in una nuova adolescenza sentimentale.
Più che nonni sulla sedia a dondolo, stanchi e prossimi alla fine, sono quasi sempre donne e uomini pimpanti con i capelli bianchi. Ed è anche così che vengono raccontati – non solo in immagini – nei romanzi contemporanei.
Per contro, sulle copertine della loro opera omnia troneggiano i volti degli scrittori anziani, immortalati – talvolta impietosamente - con le tante rughe e la scontata decadenza fisica. L’autorevolezza di un Ungaretti o di un Mario Luzi ottantenni, di un Camilleri incanutito come Saul Bellow, rendono le pagine dell’antologia più definitive, raccontato una storia intera, compiuta. Ma forse troppo.
Alla fine, ciò che rimane è uno sguardo sull’essere umano che invecchia, cambia prospettiva, raccoglie i fili dell’esistenza, cerca di trascorrere al meglio gli ultimi anni, tramandare conoscenze o tornare un po’ bambino.
Se questo non è il messaggio che si desidera trasmettere, meglio optare per un’altra immagine, siete d’accordo?
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