Arrivi e partenze

Megan Nolan e “il coraggio di allontanarci da ciò che ci fa male”

Illustrazione di Laura Bornea, 2021 - la sigla delle interviste "Il profumo delle pagine" è cantata da Laura Salvi - compositore Marco Zoppi

Illustrazione di Laura Bornea, 2021 - la sigla delle interviste "Il profumo delle pagine" è cantata da Laura Salvi - compositore Marco Zoppi

In alcuni punti scrivere il mio romanzo è stato doloroso: era passato del tempo da quando avevo vissuto quelle situazioni, ma fa sempre male ricordarsi di essersi sentiti così impotenti

Megan Nolan non dimostra la sua età.
Sarà il vestito dai colori sgargianti o il sorriso luminoso, ma a prima vista in lei sembra essersi mantenuta intatta la spensieratezza della gioventù, quel candore tipico di chi deve ancora immergersi nella vita.
Basta guardarla negli occhi mentre racconta la trama del suo primo romanzo per renderci tuttavia conto che la sofferenza di cui parla in Atti di sottomissione l’ha provata sulla propria pelle.

“I fatti sono inventati, ma i sentimenti li ho vissuti in prima persona” ammette l’autrice, che ha più volte dichiarato di essere stata salvata dalla stesura del romanzo, la sua unica àncora di salvezza in un momento in cui “non aveva la stabilità mentale per fare nient’altro”. Ed è in questa visione quasi terapeutica della scrittura che Megan Nolan dimostra di aver inconsapevolmente seguito il consiglio che spesso si attribuisce a Ernest Hemingway, secondo il quale a un romanziere, alla fine, basta sedersi davanti alla macchina da scrivere e sanguinare.

Tra le pagine dell’esordio dell’autrice la sofferenza si sente eccome.
La protagonista di Atti di sottomissione è una ragazza prigioniera di una relazione tossica e annichilente, succube di una vera e propria dipendenza affettiva che la spinge a mettere fra parentesi sé stessa e i propri desideri, martire in nome di un amore che non è amore.

Atti di sottomissione
Atti di sottomissione Di Megan Nolan;

Quando lei, giovane e travolta dalla Dublino notturna, incontra lui, Ciaran, bello e risoluto, succede qualcosa di semplice e straordinario: l'attrazione rompe gli argini, si mescola alle fragilità e alle paure, diventa il significato stesso del vivere. Nasce così una relazione che per la protagonista è un alternarsi di estasi e sofferenza, di gelosia sfrenata unita a un piacere così intenso e bruciante da creare dipendenza.

“Mi raggomitolavo e mi nascondevo per dire che ero niente, ed ero felice di essere niente se il niente era ciò che lo soddisfaceva” ammette la voce narrante, che nel corso delle trecento pagine del romanzo non ha neanche diritto a un nome, come a simboleggiare la sua tendenza ad annullarsi per gli altri. “Non gli chiedevo amore. Non volevo che guardasse nella mia direzione e mi vedesse, perché non c'era nulla che potevo affermare di essere.”

Attraverso un lucido monologo interiore Megan Nolan descrive la seduzione del nulla, quell’ostinazione che ci spinge a restare intrappolati in relazioni senza futuro.
Quelle storie malate in cui l’altra persona ci concede solo le briciole della propria attenzione, ma noi siamo troppo affamati per farci caso.

L’intervista

Ciao Megan, partiamo dal titolo originale del romanzo, Acts of desperation: in una relazione tossica l'aspetto della disperazione e quello della sottomissione in che rapporto si trovano?

La “sottomissione” è legata al fatto che la protagonista è così succube della propria relazione che la sua identità personale finisce per svanire. Quindi la sottomissione non è da intendersi solo a livello sessuale: la protagonista non vuole avere un ruolo attivo nella propria vita.
Nel titolo originale parlavo di "disperazione" perché uno degli insulti peggiori che si possano rivolgere a una donna consiste proprio nel darle della disperata, ma volevo anche fare riferimento al fatto che la protagonista è disposta a rinunciare a tutto per amore del suo fidanzato, Ciaran.

Quanto c'è di autobiografico nel romanzo?

Gli eventi specifici sono frutto di fantasia, ma molti dei sentimenti di cui scrivo li ho vissuti in prima persona, anche se erano legati a circostanze differenti e non erano altrettanto intensi.
È come se in Atti di sottomissione avessi permesso alla voce narrante di provare fino in fondo queste emozioni, cosa che io invece non mi ero concessa di fare: la protagonista ha delle reazioni violente e si fa del male da sola in modo quasi teatrale… come dimostra il fatto che tradisca Ciaran e non abbia alcun riguardo per sé stessa. Anche io ho avuto questo tipo di impulsi, ma non vi ho ceduto.
Quindi Atti di sottomissione non è autobiografico per quanto riguarda i fatti narrati, ma lo è dal punto di vista emotivo. Per questo in alcuni punti scrivere è stato doloroso: era passato del tempo da quando avevo vissuto quelle situazioni, ma fa sempre male ricordarsi di essersi sentiti così impotenti.

… quindi sono stati i ricordi a guidarti nel processo di stesura del libro o hai preferito seguire un ordine cronologico?

Atti di sottomissione racconta della parabola discendente di una relazione, quindi per me aveva senso partire dall'inizio e procedere in ordine cronologico, così da immedesimarmi nel senso di claustrofobia che prova la protagonista.
Nel libro a cui sto lavorando ora invece sto seguendo un metodo un po' diverso… mi sto lasciando guidare di più dal mio istinto.

La tua protagonista probabilmente non passerebbe un Bedchel test (metodo che verifica se un'opera di finzione contiene almeno due personaggi femminili che parlano tra loro di un qualsiasi argomento che non riguardi un uomo NdR). Credi che si possa essere femministi, in amore?

Credo che si possa essere contemporaneamente femministi e innamorati, questo sì! (ride NdR)
Nel romanzo la protagonista si trova ad affrontare uno dei problemi contro il quale si batte il femminismo: ovvero il fatto che la società – invece di offrire alle donne del vero potere – offre loro l’amore come mezzo di potere. La protagonista non si potrebbe definire femminista, ma in alcuni punti di Atti di sottomissione emerge il motivo per cui abbiamo bisogno del femminismo: ad esempio quando la voce narrante si ritrova a pensare che la vita non le offre nulla a parte una relazione a cui assoggettarsi.

Forse la tua protagonista non è molto femminista, ma si è guadagnata un posto di diritto all’interno della serie NN dedicata alle Fuggitive, dedicata a “donne dalla voce onesta, che rifiutano i ruoli e i cliché”…

È interessante che Atti di sottomissione faccia parte di questa serie, perché da più punti di vista la mia protagonista è un vero cliché e rientra in diversi stereotipi, ma almeno è onesta nell'ammettere i propri difetti. Quando Ciaran la tratta in modo freddo o crudele, lei non fa semplicemente la vittima: non nega di avere un proprio ruolo in questa relazione tossica… Forse il motivo per cui Atti di sottomissione fa parte delle Fuggitive è che la protagonista non vuole piacere. Ammette onestamente cosa ha sbagliato.

Oltre ad ammettere le proprie responsabilità, che consiglio daresti a chi si trova intrappolato in una relazione tossica?

Innanzitutto, non bisogna mai dimenticare che c’è sempre qualcuno disposto ad ascoltare ciò che abbiamo da dire.
Il consiglio più importante secondo me va dato a chi è esterno alla coppia: imparate a riconoscere chi ha un atteggiamento tossico. Spesso non è facile, perché a prima vista sembrano persone gentili e carismatiche, ma non sono affatto come appaiono…
Mentre a chi si trova in una relazione del genere vorrei dire che non è vero che non può fare nulla: bisogna solo avere il coraggio di allontanarci da ciò che ci sta facendo del male.

La tua protagonista a un certo punto del libro afferma "o diventi indifferente, o muori anche tu": ma l'apatia è davvero una forma di vittoria contro il dolore o solo una scorciatoia?

L'apatia può essere utile per evitare di star male, ma alla fine questa scelta rischia di essere autodistruttiva. Al giorno d’oggi essere sensibili è quasi impossibile: è triste dirlo, ma nella vita quotidiana si è costretti diventare indifferenti al dolore altrui.

Eppure la tua protagonista, in tutta la sua passività e debolezza, rivela una forza insperata…

La protagonista di Atti di sottomissione nel corso del libro soffre parecchio, per sua stessa scelta. È come se da questa sofferenza traesse una sorta di forza, anche se è una decisione piuttosto stupida.
Quando ami qualcuno implicitamente accetti l’idea di soffrire, anche solo nel momento in cui dovrai dirgli addio.
Non voglio dire che si dovrebbe evitare di amare per non diventare mai così vulnerabili, ma forse si dovrebbe pensare un po' di più a chi amare. O almeno pensarci un po' di più della mia protagonista (ride NdR). Che è forte e coraggiosa, e non ha paura di sacrificarsi per gli altri… ecco, io non penso che il sacrificio sia necessariamente un male di per sé, ma non va fatto per la persona sbagliata.

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