Sono d'accordo con Marianne Moore, "Il matrimonio è una crociata": reca sempre con sé della tragedia
E la tragedia, nelle vite di Juliet e Michael – protagonisti de La sposa del mare – non si fa attendere. Nel disperato tentativo di salvare il proprio traballante matrimonio e tenere insieme la famiglia, i due decidono di salpare insieme ai figli alla volta di un paradiso tropicale.
All’inizio sembra funzionare: a bordo dello yacht i problemi della quotidianità cittadina sembrano lontanissimi e il mare – con i suoi scintillanti pavimenti azzurri che si stendono a perdita d’occhio – si trasforma nella casa da sempre sognata. Ma Juliet e Michael non hanno fatto i conti con la realtà, pronta a strappare alibi e certezze.
Sette anni dopo Il sogno di Schroder (Einaudi, 2014), Amity Gaige torna in libreria con un romanzo costruito come un incalzante dialogo a due voci. Da una parte quella di Juliet, che chiusa nell’armadio della propria stanza, legge il diario di bordo del marito. Dall’altra, quella di Michael, che crede così tanto in questa nuova avventura da aver ben pensato di indebitarsi pur di comprare lo yacht e tentare di sciacquare via tutti i suoi problemi coniugali.
I due punti di vista si alternano, canto e controcanto di un Revolutionary Road a pelo d’acqua.
Amity Gaige parla al nostro desiderio più profondo di essere amati e di sentirci liberi, senza compromessi; e parla di famiglia e matrimonio, rivelandoci che le gabbie più anguste sono quelle nascoste nella nostra mente.
Ciao Amity. I matrimoni finiti sono al centro non solo de La sposa del mare, ma anche del tuo precedente romanzo, Il sogno di Schroder. È ancora vero che “tutte le famiglie felici si assomigliano, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”?
Penso che questa citazione di Tolstoj, oltre a essere molto bella, sia anche molto vera. Quando scrivi narrativa, scrivi sempre di un qualche tipo di conflitto. Chi vuole leggere la storia di una famiglia felice? Io di sicuro no.
In passato hai dichiarato che per te “il matrimonio è una metafora delle relazioni umane in generale”. Per questo continui a scriverne?
Per me, il matrimonio è un esempio di una relazione intima in cui la posta in gioco è molto alta. In ogni coppia ci intrecciano tre diversi destini: quello della moglie, quello del marito, e quello della relazione. E non sempre coincidono. È da questo che nasce il conflitto. Quindi ho pensato di prendere una coppia che era già in crisi e di metterla su una barca… il che ovviamente alza la posta in gioco. Perché il mare è pericoloso, bellissimo, complicato. Oserei dire che è un altro personaggio del romanzo, un antagonista.
…ma non è il solo ostacolo che si trovano a fronteggiare i protagonisti: Juliet soffre di depressione post-partum. Hai sentito il peso della responsabilità nello scrivere di questo delicatissimo tema?
Io ho due figli e mia madre ha sofferto di depressione post-partum. È un disturbo molto comune e di questi tempi se ne parla sempre più spesso. Il mio romanzo si ispira alle storie che mi sono state raccontate: ho una carissima amica che ha sofferto di questo disturbo. Volevo dare voce a una tematica che spesso ci costringe a soffrire in silenzio… non parlo solo della depressione post-partum, ma anche dei traumi infantili o di altre forme di depressione che possiamo vivere tutti, ma di cui facciamo fatica a parlare. Ho voluto dare voce a queste storie. Dare loro spazio, e luce.
Ne La sposa del mare scrivi che la storia è scritta dai vincitori, per questo abbiamo bisogno dei poeti: perché cantino le sconfitte. Molti dei tuoi personaggi potrebbero essere definiti dei perdenti, da Juliet de La sposa del mare a Eric de Il sogno di Schroder. Ti consideri una poetessa delle sconfitte?
Ancora una volta si tratta di chiedersi: "Chi vuole leggere di una famiglia felice?" e riflettere sul conflitto presente in letteratura. Ma ultimamente, a causa della pandemia, mi sono ritrovata a chiedermi cosa si può fare di tutto questo dolore: stiamo tutti provando la stessa sofferenza, nello stesso momento e per lo stesso motivo. L'arte è un modo di trasformare questo dolore in luce, di dargli un significato, e riscattarlo. Non dire semplicemente: "Oh è stato terribile!", ma provare a vederlo come un modo per diventare più forti o più consapevoli. Quindi sono convinta che i poeti cantino delle sconfitte, ma non è un lamento funebre, non è una canzone triste. È una canzone che dà un significato a tutto quel dolore.
All'inizio c'è una bugia, una di quelle che non fanno male a nessuno. Eric Schroder, immigrato nel New England dalla DDR, decide di cambiare nome per sentirsi più a suo agio nella sua nuova vita. Molti anni dopo lo ritroviamo in prigione per aver rapito una bambina di sette anni: sua figlia.
Parlando di dolori e paure: La sposa del mare tratta parla di matrimoni imperfetti e di persone che dopo una vita insieme stentano a riconoscersi...
Quando scrivo ho bisogno di sentire un forte legame emotivo con la trama che sto scrivendo: non voglio scrivere una storia che non mi appartenga o che non mi interessi. È il caso de La sposa del mare, ma anche de Il sogno di Schroder. Ci sono sentimenti molto forti. Le trame sono del tutto inventate: io non vado in barca e di certo non sono un uomo tedesco, (ride - NdR), ma i sentimenti e i temi sono autobiografici e vicini al mio sentire. Per cui posso raccontare di queste emozioni allontanandole da me, rendendole materiale narrativo. Le mie storie non sono vere: sono come un parco giochi per le mie idee. Mi sento al sicuro all'interno dei miei libri, perché sono mondi inventati. Da lontano, li posso vedere più chiaramente.
Michael e Juliet credono di risolvere tutti i loro problemi andando a vivere su una barca. Perché pensi che il desiderio di evasione abbia una presa così forte sulla nostra immaginazione?
Se ogni romanzo pone una domanda, penso che una delle domande poste da La sposa del mare sia: "Puoi davvero fuggire? Se trovi un posto che sembra il paradiso sarai finalmente felice?". L'ambientazione del romanzo è quest'isola meravigliosa, poco distante da Panama. Un luogo che non è ancora stato corrotto dall'uomo, un’isola che ho avuto modo di visitare io stessa: quando ci sono stata ho pensato che fosse un vero paradiso, ma il problema è che ogni paradiso non è destinato a durare. Non siamo nemmeno riusciti a tenerci il Paradiso Terrestre! E succede anche in questa storia. I personaggi trovano un paradiso, ma si trovano ad abitarlo: sono esseri umani e commettono errori. Pensiamo a quella citazione che dice: "Dovunque tu vada, è là che sei". Puoi andare dove vuoi, ma i tuoi problemi vengono con te. Uno può anche essere tentato dall’idea di fuggire dai propri demoni, e per un po' può anche funzionare, ma prima o poi i demoni ti trovano.
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