Se sei nato in Europa probabilmente non hai mai dato peso al colore del passaporto. Forse non sai che in base al suo colore qualcosa cambia, neanche ti sei accorto che può essere rosso o blu. Se provieni dal Marocco (o l’Arabia Saudita o il Pakistan), invece, sai bene che il passaporto sarà verde, perché verde è il colore che rappresenta la religione islamica del paese.
Un passaporto verde è quello che divide le due protagoniste del primo romanzo di Zineb Mekouar, l’autrice finalista al Premio Goncourt per l’opera prima e al Prix du Premier Roman 2023: permette a Kenza di trasferirsi a Parigi per frequentare l’università, ma ne decreta anche il rientro in patria al termine degli studi; Fatiha, al contrario, non ne possiede uno, per lei la possibilità di allontanarsi dal Marocco, abbandonando il suo destino di sposa per proseguire nell’educazione, non esiste.
Due bambine si addormentano tenendosi per mano. Kenza ha appena perso i genitori e ha paura del buio, allora Fatiha si accoccola al suo fianco per aiutarla a scacciare gli incubi. Perché le due amiche sono inseparabili e si proteggono sempre a vicenda. Ma solo finché sono in casa. Fuori, invece, è come se abitassero su due pianeti diversi.
Eppure Kenza e Fatiha sono cresciute insieme, mano nella mano, migliori amiche inseparabili fino all’adolescenza, fino a che non sono diventate abbastanza grandi per toccare con mano le disuguaglianze sociali, la crudeltà e le forzature di un paese dove c’è chi fa parte dell’elite perché ricco, e chi non ha scelta se non quella di ubbidire alla famiglia, alle regole morali, alle leggi del paese.
Volevo mostrare come in Marocco l’ascensore sociale non funzioni, come le persone siano predestinate. Quando Kenza e Fatiha sono ancora bambine non si accorgono di tutto questo, ma tra l’adolescenza e l’età adulta capiscono la crudeltà di vivere in una società così rigida
Il passaporto verde (pubblicato da Editrice Nord nella traduzione di Giuseppe Maugeri) descrive, attraverso l’amicizia delle due ragazze, non soltanto le barriere sociali del paese d’origine della scrittrice, ma anche cosa significa crescervi da donna, narrando le ipocrisie di un Marocco la cui popolazione è più moderna delle sue leggi antiquate contro l’aborto o il sesso fuori dal matrimonio.
Qui sopra potrete ascoltare la video intervista fatta all’autrice nel nostro spazio Feltrinelli, a Milano. Ci parla del suo romanzo, della sua vita e dell’importanza che una voce femminile discordi con il ruolo pubblico e collettivo che la società marocchina attribuisce al corpo delle donne. Come ha specificato in un’altra intervista, infatti, la letteratura è di tutti ed è il luogo perfetto per eliminare ogni gabbia mentale, ma sempre più sono le donne della nuova generazione marocchina a parlare di queste differenze: da una parte significa che hanno più coraggio e ne avranno sempre di più, dall’altra però che gli uomini non avvertono l’urgenza del problema.
C’è aria di cambiamento, ci dice Zineb, e lo dimostra l’accoglienza molto positiva che il libro ha avuto anche in Marocco e che in parte l’ha stupita. Buona visione e buona lettura!
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