Da dove si comincia a raccontare un maestro?
Forse proprio da quell'aggettivo, "maestro", che Corrado Stajano liquiderebbe con un'alzata di spalle e col sorriso ironico di cui è capace.
Non c'è dubbio, quanto all'autorevolezza di cui il nostro gode presso moltissimi lettori, né d'altra parte la sua maestria può essere messa in discussione, partendo da opere come Il sovversivo, inchiesta sul pestaggio a morte operato dalla polizia su un giovane anarchico nel contesto degli scontri di piazza dei primi anni Settanta, passando da Africo, inchiesta su un paese della Calabria più arretrata che mise sotto gli occhi di tutti quanto l'Italia fosse un Paese a due velocità, nel quale malgoverno e criminalità potevano darsi la mano per tenere in soggezione intere fasce della popolazione, per arrivare sino al libro della cui nuova edizione siamo oggi a parlare con Stajano, Un eroe borghese, che ha raccontato come nessun'altro era riuscito a fare fino a quel momento la vicenda dell'assassinio di Giorgio Ambrosoli, restituendo nel contempo tutto ciò che agitava il panorama politico e sociale dell'Italia di quegli anni.
Stajano è un maestro, dunque: perché far trasparire gli umori e le tensioni che agitano una società a partire da fatti specifici è appannaggio dei grandi.
La storia di Giorgio Ambrosoli – che Corrado Stajano ricostruisce in un’inchiesta incalzante, fulminea nelle sue giustapposizioni impreviste di fatti e scene, sempre attenta alla verità del particolare – è un frammento illuminante, tragicamente emblematico, della storia politica italiana.
Ma perché proprio Ambrosoli?
Cosa colpì di più Stajano, nella vicenda del commissario liquidatore della Banca di Michele Sindona, lasciato solo dallo Stato che gli aveva affidato il compito, fino all'estrema conseguenza di quell'omicidio, avvenuto la sera dell'undici luglio 1979 a Milano, davanti al portone di casa, ad opera di un sicario arrivato dall'America?
"Ambrosoli fu ucciso nel 1979. Il libro è uscito nel 1991, ma io avevo sempre avuto in mente che ne avrei scritto perché mi aveva colpito la storia di questo avvocato. Abitavamo a Milano, vicini, nel quartiere di Sant'Ambrogio, avevamo fatto la stessa Università, io mio ero laureato in legge come lui, ma non lo avevo mai visto, anche perché lui era un uomo di destra, era un monarchico, mentre io ero di pensiero politico opposto, quindi non c'era stata occasione di incontrarsi. Però ho capito che quest'uomo rappresentava la società migliore. Ambrosoli non era un uomo che voleva cambiare il mondo: era un uomo che che pensava che il mondo doveva essere migliore".
Già: la società migliore.
Quella alla quale - a prescindere da ideologie e appartenenze politiche - chiunque si preoccupi di contribuire al bene comune guarda come ad un obbiettivo condiviso. E il reportage di Stajano continua a conquistare lettori a più di trent'anni dalla prima edizione, parte del merito è proprio di un approccio ostinatamente, risolutamente anti-ideologico.
Porsi di fronte alle domande che ogni fatto di cronaca solleva, interrogando per primi sé stessi e non dando per scontato nulla di quanto si incontrerà lungo il cammino che ci porta alla risposta.
Ecco come lavora un maestro. Ecco come lavora Corrado Stajano.
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