Abbiamo bisogno di Giorgio Gaber.
Non è una novità, beninteso: abbiamo sempre avuto bisogno di Gaber.
Ma oggi - in questi giorni ipocriti, bui, di disaffezione alla politica e serena riconciliazione col proprio egoismo - non possiamo permetterci di rinunciare a una voce libera, potente, capace di parlare a ciascuno di noi chiedendoci di non abdicare alla nostra intelligenza.
Ecco, Gaber è stato molte cose, ma più di tutto è stato un corpo e una voce. Un corpo obliquo, irregolare, messo come una virgola fra incisi illuminanti, a generare nuove sintassi. E una voce profonda, nella vibrazione che la definiva, certo, ma anche nelle profondità che attingeva in chiunque l'ascoltasse.
«Gaber è stato uno dei più grandi pensatori italiani del Novecento e questo libro, prima ancora che un racconto appassionato dell’artista, è un atto d’amore.»
Il libro di Scanzi somiglia a un disco, e siamo sicuri che Gaber avrebbe apprezzato questa contaminazione fra forme a lui care e familiari.
Il lato A di questo "vinile su carta" è dunque informato sulla struttura dello spettacolo che Scanzi porta in giro da dodici anni per i teatri d'Italia: ricco di spunti, aneddoti, riflessioni e ricordi (Scanzi e Gaber erano amici, e il cantautore avrebbe dovuto essere il correlatore della tesi di laurea di Andrea, se la malattia che l'ha portato via gliene avesse concesso il tempo) si avvicendano sulla pagina, restituendo al lettore l'impronta di quel che lo spettacolo propone in versione live. Un occhio particolare è dedicato al rapporto Gaber-Luporini, indagando sulla natura di quel sodalizio artistico che avrebbe dato i natali alla grande intuizione del "teatro canzone", nel quale Gaber trovò la sua più autentica cifra di affabulatore e che senza il fondamentale contributo di Sandro Luporini non avrebbe potuto costellare gli anni ottanta e novanta di spettacoli indimenticabili.
Il lato B, invece, è un continuo, bellissimo featuring, come lo chiamerebbero i rapper (... a proposito: Gaber, con le sue invettive ritmate e piene di invenzioni linguistiche, è stato anche un rapper, per certi versi. Non si finisce mai di innovare, quando si è geni): l'artista rivive in questa seconda parte del libro attraverso le parole a lui dedicate da Baglioni, Cremonini, Fossati, Guccini, Luporini, Vecchioni...
Un modo per traghettare nell'oggi il Gaber-pensiero e sancirne in modo definitivo l'attualità. E pensare che c'era il pensiero, recitava il titolo di uno degli spettacoli più amati di Gaber. Andrea Scanzi ha preso in prestito quel titolo e l'ha parafrasato, dicendoci che forse oggi non c'è un equivalente dell'unicum che Gaber ha rappresentato nel panorama culturale italiano. In fondo, una voce e un corpo sono sempre unici, a maggior ragione quando appartengono a qualcuno in cui complessità e talento hanno rappresentato le due facce inscindibili di una medaglia tanto splendente.
Possiamo stare tranquilli, però: libri e spettacoli come quelli di Scanzi continueranno a far correre quella voce fra di noi, rinnovandone l'incanto e facendoci sentire persone migliori, nel confronto con le nostre stesse contraddizioni. Proprio come Gaber ha sempre cercato di fare.
Eh già, abbiamo proprio bisogno di Giorgio Gaber!
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