Andra e Tatiana Bucci sono due sorelle sopravvissute alla Shoah. La loro storia ha cominciato a essere conosciuta solo nel 1995 perché, per i cinquanta anni precedenti a quell’anno, avevano cercato di ricostruire loro stesse, dopo gli anni più teneri – e al contempo durissimi – della loro vita passati ad Auschwitz.
Sarò la tua memoria è la storia di quello che hanno vissuto loro due e la loro famiglia ma, in particolare, è la storia della vita e delle emozioni che ha provato Andra nel racconto fatto a suo nipote Joshua, raccolto in queste pagine da Mario Calabresi.
Joshua ha quattro anni quando ascolta attento l'inizio di una storia terribile, quella della nonna Andra, sopravvissuta ad Auschwitz. Dentro Joshua nasce una domanda: chi racconterà la Shoah quando non ci sarà più alcun testimone vivente? L'occasione per trovare una risposta si presenta quando a scuola dovrà raccontare un'esperienza per lui importante. Quell'esperienza decide di viverla e annuncia che si calerà per una settimana nei panni di sua nonna bambina, quand'era prigioniera in un campo di sterminio.
Ogni estate Joshua non vedeva l’ora di rincontrare sua nonna: lui viveva in California e la stagione calda era il momento in cui si sarebbero rivisti. Fin quando, il nipote – ancora molto piccolo – non si accorse di un tatuaggio che aveva la nonna sul braccio, composto dai numeri 76483. Quei numeri erano l’inizio di una storia molto dolorosa per Andra, che avrebbe preferito evitare al nipote. Ma invece, più le estati passavano, più i dettagli di quella storia si aggiungevano, proprio per volontà di Joshua.
Vedi, Joshua, ci si abitua anche alle cose più terribili, anche a pensare che fosse normale che quei grandi camini funzionassero giorno e notte per bruciare corpi dei morti
La delicatezza del racconto sta proprio nei passaggi in cui nonna e nipote si confrontano, accolgono il dolore di una nelle spalle piccine dell’altro – nonostante le atrocità, l’amore riesce a sovrastare il male.
Una delle parti più incredibili del libro è quella in cui viene riportato il diario di Joshua in cui, per un progetto scolastico, decide di vivere di privazioni (nutrirsi di pasti scarni, senza lavarsi, dormendo a terra, al freddo, con gli stessi abiti e senza contatti sociali e tecnologia). Il tutto dura una settimana, quella precedente al Natale, e Joshua fa esperienza – seppur in minima parte e senza la cattiveria dei campi di concentramento – di quello che può aver provato la nonna da bambina.
Alla fine della settimana Joshua andò dalla nonna e le disse «So che non è niente rispetto a quello che hai passato tu, ma ti ho pensata tantissimo e credo di aver capito». A lei vennero le lacrime agli occhi, lo abbracciò forte e riuscì a pronunciare soltanto una frase: «Il tuo è stato il gesto che mi ha commossa di più nella vita».
Joshua cerca così di non perdere nessun passaggio, nessuna piccola parte della storia di sua nonna. Neanche quando arriva alla parte più dolorosa. Quando lei era ad Auschwitz, insieme a sua sorella e a suo cugino Sergio, una blokova (una donna addetta a occuparsi dei bambini) disse loro di non fare un passo avanti quando il medico avrebbe chiesto chi volesse rivedere la propria mamma. Le bambine restarono ferme ma Sergio no. Solo anni dopo si seppe che il piccolo era stato ucciso ferocemente, dopo aver subito terribili sofferenze. La mamma di Sergio, la loro zia, non accettò mai quella fine terribile di suo figlio e preferì crederlo altrove, in mano ai sovietici, felice con un’altra famiglia. In tante città d’Europa ci sono strade in memoria di Sergio e degli altri bambini che vennero uccisi in quella strage, nella scuola Bullenhuser Damm di Amburgo.
Mia nonna mi ha cambiato la testa, ha modificato il mio modo di pensare e mi ha insegnato il vero significato di “fare tesoro di ciò che si ha"
Tantissimi sono gli aspetti che segnano in questa storia e non possono lasciare indifferenti.
Ora Joshua ha 28 anni e continua a tenere tutto a mente, a ricordare anche per la nonna, per quando non ci sarà più e gli ultimi testimoni dell’Olocausto non saranno più in vita per raccontare quello che hanno vissuto. Ha deciso che solo dopo la morte della nonna si tatuerà il suo numero sul braccio, per tenerla viva e per disturbare quelli che non si faranno più domande. Vedendo quel numero, quel tatuaggio che lui ha scelto di avere e che, a differenza della nonna, nessuno gli ha imposto, non potranno che chiedersi perché. Così lui comincerà a raccontare. La nonna ha capito il suo motivo e gliel’ha permesso.
Lui sarà la sua memoria
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