Ci si approccia a Fabula. Il portale dei tredici regni di Akram El-Bahay, pubblicato in Italia da Gribaudo, come a un gioco che conservi per tanto tempo, per paura che possa rovinarsi. Che c’entra con il libro, direte voi? A me succede anche quando leggo. Quando un libro che mi attrae moltissimo ho sempre il timore di iniziarlo: e invece niente paura, perché invece è scivolato via con facilità e tantissima voglia di voltare pagina.
È un fantasy coinvolgente e ricco di spunti di riflessione. Nel suo esser denso – una bella storia di oltre 300 pagine – riesce a mantenersi accattivante e a tenere alta la curiosità dei lettori.
I due protagonisti, Will e Charlotte, si trovano nella ridente New York – in particolare a Central Park – quando qualcosa di strano comincia ad accadere. Esserini minuscoli, che poi si riveleranno elfi, girano attorno a un grande albero e sembrano proprio chiamare a rapporto i due gemelli.
Loro due, oltretutto, non potrebbero essere più diversi. Charlotte è determinata, ha un carattere forte e dirompente, le piace farsi valere e mostrare tutto il suo coraggio. Will è ovviamente il contrario: ha un carattere riservato, gli importa poco di essere notato ed esprime il suo parere solo se strettamente necessario.
Ma non hanno scelta e in questa avventura dovranno tuffarsi a capofitto insieme. Quando tornano a casa scoprono che la loro mamma è stata portata via da una furia e che quell’albero attorno al quale ronzava il famoso esserino, altro non era che un portale per Fabula, un magico regno.
Ciascun popolo che vive a qui è espressione del mondo fantastico, ha un regno d’appartenenza che lo identifica e una fata che lo rappresenta. In particolare, ad accompagnare i ragazzi in questa avventura, ci saranno il cocciutissimo e buonissimo nano Hoin, il goffo e simpatico cacciatore Orion e la piccola e super grintosa elfa Thel.
Ma non può di certo mancare un personaggio antagonista, in questo caso è la terribile Nok, affabulatrice scaltra, pronta a conquistare tutti, non solo con il suo potere, ma anche con ciò le parole che pronuncia e con cui fa insorgere insicurezze e paure.
Infatti, in un luogo che si chiama Fabula come si può pensare che non ci sia un narratore a gestire gli intrecci? Ognuno ha bisogno della sua storia e di qualcuno che la scriva. Nok, invece, vuole che cali l’oscurità e il caos sulle trame di tutti e che l’unica a governare sia lei.
Mentre i ragazzi scoprono i regni e i loro abitanti, viaggiano anche dentro loro stessi, fino al disvelamento di lati delle loro personalità che non credevano di avere, come di parti della loro vita che non pensavano sarebbero tornate in superficie. In particolare, Will dovrà fare i conti con il dolore per la morte del padre, avvenuta anni prima, e cadere nella profondità dei sensi di colpa, della rabbia, di tutti quei sentimenti ingestibili che a un certo punto risalgono a galla.
Ma Will scopre anche di essere bravo a mentire, o meglio, a inventare e raccontare sul momento grandi storie per uscire dai guai. Forse una vera dote da narratore? Non vi resta che scoprirlo.
Uno degli elementi più belli di questo libro è proprio il ruolo di rilievo che hanno le parole, nel loro peso, nel modo in cui possono essere usate, quando involontariamente feriscono o quando si sceglie di colpire proprio con frasi al veleno.
Insomma, se Fabula si tiene in piedi grazie alle storie, bisogna essere bravi a scriverle, a pensarle, a far sì che ciascuno abbia il proprio ruolo, ma prima bisogna affinare gli strumenti e, nelle favole come nella vita, ogni singola parola scelta può fare la differenza, per ciò che proviamo, per ciò che vogliamo comunicare.
Perché è la magia delle parole giuste a dipingere immagini sconosciute nella mente delle persone e a far vivere anche le creature di Fabula
Un libro per ragazzi che lavora su tanti livelli, richiama a grandi esempi della letteratura per ragazzi – dalle storie dei fratelli Grimm, passando per La storia infinita, fino ad approdare da Harry Potter – e soprattutto tiene viva la speranza che, anche in un mondo senza poteri, le parole possono essere una grande risorsa.
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