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Tracce di Ernst Bloch

«Un libro che pochi conoscono di un autore che molti conoscono, ma per altri motivi», dice Ottavio Fatica, tra i più stimati traduttori italiani, per cominciare a consigliare uno dei suoi libri più cari. Prima di diventare il «mastodontico» Ernst Bloch, uno più giovane, più ardito e appassionato e, senz’altro, meno sistematico, aveva scritto questa raccolta.

Non si può dire di saggi, né di racconti, né di articoli ma, semplicemente – davvero è semplice? – di cose radunate nel corso degli anni. Una Wunderkammer fatta di storie, idee, annotazioni, suggestioni, visioni oniriche e artistiche, aneddoti divertenti, frecciate politiche e leggende antiche. Il tutto sistemato proprio come una stanza delle meraviglie: senza un filo logico se non quello segreto e personale del collezionista.

Tracce
Tracce Di Ernst Bloch;

Frammenti di filosofia, di letteratura, ma anche di vita vissuta e di amicizia: un libro che è ancora distante da quel campione del pensiero tedesco che sarà Bloch, ma che racchiude una serie infinita di meraviglie e suggestioni.

Prima dello Spirito dell’utopia e del Principio di speranza, Bloch aveva scritto altri saggi, certo, ma era ancora distante dal sistema. Questo libro, infatti, non è un saggio di filosofia, ma un luogo da cui attingere a piene mani per trovare la suggestione o l’ispirazione giusta. Le tracce – appunto – della filosofia che sarà si può già scorgere, certo, come accade per esempio con la domanda contenuta nel brano Il dorso delle cose, in cui alla fiaba di Sindbad il marinaio si accosta la questione: che aspetto ha il tavolo in una stanza, quando l’appartamento è stato abbandonato? Che è un po’ la storia dell’albero che forse non fa rumore se cade in una foresta dove non c’è nessuno a sentirlo. Che è poi il problema della datità delle cose e dell’ontologia, ma ci spingiamo troppo oltre Bloch, così.

È pienissimo di qualcosa che ti sorprende, perché tu ti aspetteresti da Bloch dei saggi, mentre questa è una miniera, dove tu affondi le mani e trovi sempre delle pietre preziose

Ottavio Fatica

In Tracce Bloch fa bella mostra di un’altra sua convinzione, forse una delle più forti della sua giovinezza: per spiegare bisogna affabulare. Bisogna che le teorie filosofiche, i precetti morali e le grandi verità siano mascherati in qualcosa di più affascinante, che possa viaggiare in modo più agile e rapido tra le persone e tra chi ascolta.

Per questo dalla raccolta si può attingere a piene mani, perché dall’accademico allo scrittore al lettore occasionale ognuno può trovare il testo che fa al caso suo. È come una grande metafora – si usa una storiella, un aneddoto o un enigma per parlare di qualcos’altro in modo più facile e diretto.

La passione per il frammento, per l’aneddoto isolato che resiste al sistema deriva sicuramente da uno dei suoi amici e protagonisti del libro, Benjamin, con cui prendiamo un caffè a Capri discutendo di politica e letteratura. Ogni elemento del libro è a sé e si conclude in sé stesso, tanto che – Bloch è maestro, in questo – paiono racconti narrativi, con incipit che tirano dentro la storia sin dal suo principio. E questa collezione privata di meraviglie può essere considerata o come un’accozzaglia di esercizi di stile (riusciti, si intende, ma sterili), o come la porta d’accesso al paradiso personale di un autore che poi è diventato un classico, ma che qui ha voluto sedersi a un tavolino e raccontarci semplicemente quello che gli piace.

Queste storie sono sempre raccontate così, in maniera parlata, aneddotica, come se fossimo anche noi seduti al tavolo con Benjamin, Adorno e compagnia a fare due chiacchiere

Ottavio Fatica

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