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Terra dei grandi numeri di Te-Ping Chen

Quell’estranea, mia sorella gemella

C’è quella nozione che chi scrive e chi legge, prima o poi, incontra, e infatti non vi dirò nulla di nuovo parlandovi della sospensione dell’incredulità. Che, in poche e sgraziate parole, è la capacità di far entrare il lettore o la lettrice dentro il testo che abbiamo scritto, come se quella roba che si trova davanti non fosse un ammasso ben ordinato di lettere e carta e inchiostro, ma il resoconto di un vero e proprio mondo.

Nei racconti brevi ci vuole una certa maestria a creare l’atmosfera giusta perché chi legge creda a ciò che legge. Quindi la prima cosa su cui mi sento di rassicurarvi parlando dei racconti di Te-Ping Chen è questa: ci crederete. Non importa quanto assurde e surreali le situazioni narrate siano, voi starete lì a domandarvi se davvero in Cina c’è un frutto che ha il sapore dello zampettare di una neonata che ha appena smesso di gattonare. Perché, in Terra dei grandi numeri, tutto questo ha perfettamente senso.

Terra dei grandi numeri
Terra dei grandi numeri Di Te-Ping Chen;

Al cuore di questi dieci racconti ci sono personaggi teneri, bizzarri, talvolta inquietanti e spesso molto soli, persi nei grandi numeri della loro terra e forse uniti da un anelito di rivalsa che non è solo economica o sociale ma riguarda lo scarto tra generazioni, il tentativo di costruirsi un’identità fra ingerenze governative e nuovi modelli culturali.

Sono dieci racconti, non tutti ambientati in Cina, ma che con la Cina hanno a che fare. L’autrice – e qui sta una delle ragioni per cui queste storie funzionano così bene – è una corrispondente da Beijing e Hong Kong per il Wall Street Journal. Chen, infatti, è cresciuta a Oakland: anche lei, con la Cina, ci ha a che fare, ma nella maniera giusta per mettere le cose in prospettiva.

Con questo piglio giornalistico, per quanto si percepisca la fascinazione che la Cina esercita su di lei, Chen riesce a rendere anche il racconto più magico verosimile. Una scrittura asciutta, ma non essenziale – vale a dire che l’autrice è in grado di incastonare perle rare che fanno guizzare la narrazione verso altri livelli, più alti ma sempre chiari.

Tutti noi passiamo la nostra esistenza a cercare qualcuno, perché doveva essere proprio lui a trovarla?

Ci sono anche questi personaggi che ti piombano in un mondo altro e strampalato, è vero, ma che funziona nei suoi meccanismi intimi. Nel racconto La macchina volante c’è un contadino che abita nel profondo entroterra cinese e vuole a tutti i costi entrare a far parte del Partito comunista. Lo vuole perché lui ha visto quanti miglioramenti ha portato nel suo microscopico villaggio. Per stupire il segretario decide, perciò, con il poco che ha a disposizione – ciarpame, poco più che spazzatura –, di costruire un aeroplano. E, incredibilmente, ci riesce.

Questa dell’aereo non sono sicuro sia vera, invece la è la storia dei dingzihu, le case di chi non vuole lasciare la terra al governo e si barrica dentro per non farsela demolire. O è vera la scissione che esiste tra chi si occupa di smascherare la politica – cioè chi si occupa di corruzione, e quindi che rischia la vita – e chi invece ne è completamente estraneo, nonostante si provenga dalla stessa famiglia.

A poco a poco imparammo la topografia delle nostre tristezze

Nel vasto ecosistema che crea questa raccolta, in cui i mondi, a dialogare, sono due, quello capitalistico e quello comunista per antonomasia, le situazioni che vengono fuori sono, necessariamente, di tensione, adrenaliniche, per certi versi. Mentre ci abituiamo a una scrittura senza scossoni, Cheng si decide, senza preavviso, a stupirci inserendo un elemento minimo, di poco conto, che se uno fosse distratto o per pigrizia saltasse una pagina nemmeno lo noterebbe, che però modifica l’intera struttura.

Di solito hanno a che fare con la violenza, quindi sono elementi destabilizzanti: in Annotazioni su un matrimonio è un professore di tedesco che da bambino, per gioco, ha fatto mangiare del veleno per topi a un compagno di scuola, mentre nella Centralinista il male si riversa sugli animali. Sono come pietre miliari che segnano delle tappe cedevoli, dove non si può sostare a lungo, così come la vita, su quegli eventi, non ha sostato più che tanto.

Quelle di Terra dei grandi numeri sono persone che vivono, del resto, la vita di tutti i giorni, ma la loro è una vita strana. Non è magica, ma non è nemmeno del tutto reale. Eppure, si diceva poc’anzi, perfettamente verosimile.

Erano come dispacci di un paese che non conoscevo

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