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Sillabario all’incontrario di Ezio Sinigaglia

Candidato al Premio Strega 2023

Nel complesso, l’universo a volte mi sembra un po’ pacchiano, di cattivo gusto, addirittura. A differenza della natura vegetale. Questa sì, è di buon gusto. […] Forse per questo l’umanità vi si accanisce con una simile ferocia. Perché l’umanità non ha buon gusto

Cosa significa scrivere un dizionario capovolto? Molte cose, per cui semplificherò, per esempio cominciando a dire cosa non significa. Non è come scrivere delle parole in ordine sparso, per prima cosa, altrimenti diventa qualcosa di diverso che non ha più niente a che fare con i dizionari – che, in un certo senso, contengono una ratio accessibile e il più possibile universale. Il modo più semplice per scrivere un dizionario è partire dalla a, però da bambini si faceva un gioco, ogni tanto, un crudele test attitudinale elaborato da quelli più grandi: sei capace di dire l’alfabeto al contrario? E uno partiva dalla z e già alla u aveva dei dubbi, poi rideva imbarazzato, prendeva tempo chiedendo se fossero contemplate le famigerate «lettere straniere» e poi capitolava.

Sinigaglia ci dice che il suo libro è tante cose: un giallo, un sillabario, un romanzo, una cura. E credo sia tutte queste cose, più una. Un complesso, intricatissimo e divertente gioco.

Sillabario all'incontrario
Sillabario all'incontrario Di Ezio Sinigaglia;

Autobiografia sì, ma senza pretese di completezza, diario sì, ma senza minutaglie, saggio sì, ma senza disciplina, "Sillabario all'incontrario" è un romanzo che non si preoccupa di appartenere a un genere ma non si fa scrupolo di attraversarli tutti per comprendere le origini del malessere del narratore.

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Gli oggetti domestici, e i mobili in modo specialissimo, sono Cassandre che guardano alle spalle. […] Non so che farmene, delle loro memorie scheggiate, sgangherate, dai cardini stridenti. La mia memoria funziona benissimo da sola

Scrivere un dizionario non significa neppure – magari è ovvio, magari no – fare un catalogo. Di oggetti, libri, esperienze o altro. Gli oggetti, nel loro senso etimologico di ciò che ci è gettato davanti, quindi che sta lì, oggettivamente, sono sempre correlativi che hanno il vizio, per l’appunto, di farsi custodi d’altro radicalmente diverso da sé. Vale a dire, la cosa più obiettiva che esiste, in realtà, si flette su significati distantissimi e perciò impossibili da catalogare rispetto ai significanti. Per questo l’autore non fa un catalogo, né un inventario, né una rassegna, ma scrive un sillabario.

Nel suo gioco, a farla da padrone non sono i significati ma le definizioni. Il significato è centrifugo, è proprio degli oggetti e spinge via dalla materia cui dovrebbe aderire. La definizione no, quella avvolge ciò cui si riferisce in maniera perfetta, rotonda, senza pieghe. Non per nulla, la definizione non si applica alle cose, ma alle parole. Sinigaglia prende dalla sua vita delle parole, nient’altro – si fa per dire – e ne scrive la definizione, le inchioda a un’identità solo apparentemente personale e soggettiva.

Il gioco, infatti, non si riduce all’ordinare all’incontrario la prima forma razionale che ci è dato scoprire, l’alfabeto, ma travalica nell’andare ad ampliare il più possibile il raggio d’azione delle parole. Se un movimento è centrifugo, infatti, questo è esplorativo. Le parole non aumentano il loro significato, ma se ne amplia semplicemente la superficie: per usare categorie antiche e abusate, le aggiunte sono già contenute nel lemma in potenza, e a noi sta scoprirle. Il gioco, quindi, è esplorativo, avventuroso, spaesante – va verso l’ignoto e ci chiede di continuare, ci punzecchia alla maniera del tafano a chiederci: c’è qualcosa anche di mio, su questa superficie?

Si tratta di una follia di tipo progressivo

Scrivere un Sillabario all’incontrario vuol dire, infine, cominciare dalla z. Ed è, a ben guardare, lo stesso che accade quando si legge un giallo: si trova la vittima e bisogna risalire fino all’assassino, poi al movente e poi alle cause prime. Ci si sbaglia spesso, in questo percorso – si confonde magari l’ordine della n e della m – ma alla fine si arriva a qualcosa. Se non altro perché, a differenza di un giallo, noi sappiamo dove dobbiamo arrivare, e cioè alla a. È il come l’interessante. Sono le tracce lasciate dall’assassino a spingerci in su, verso l’alto, verso la superficie ancora nascosta delle parole.

Il finale, poi, vale la candela. Ha a che fare con le cose che vanno oltre le definizioni, le categorie e le parole. Con il significato, insomma, ed è giusto che un sillabario si chiuda così.

La sensazione, nitida, costante, è quella di avere scavalcato una linea di confine

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Conosci l'autore

Ezio Sinigaglia è nato a Milano nel 1948. Ha svolto diversi mestieri, tutti legati alla scrittura: redattore, traduttore, fotocompositore, copywriter, ghostwriter, autore di guide turistiche e, da ultimo, docente di scrittura all'Università di Milano Bicocca e in altre sedi. Dopo Il Pantarèi (1985), ha continuato a coltivare in privato la sua voce narrativa, mentre quella saggistica ha occasionalmente trovato la via della pubblicazione. Per Nutrimenti ha tradotto il racconto Leviatano di Julien Green, pubblicato nel volume Viaggiatore in terra (2016) ed Eclissi (2017).

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