Il nostro cuore così bianco ha conosciuto cose peggiori in questi ultimi anni eppure è sopravvissuto. Abituati a vincere, abbiamo scoperto che perdere non finiva per ucciderci, e ciò ha il suo mistero
Javier Marías, uno dei maggiori scrittori spagnoli notissimo anche in Italia, collabora ormai da anni con El País tenendo una rubrica di commento alle partite di calcio, questi articoli sono stati raccolti in volume e proposti, con successo immediato in Spagna, al pubblico dei lettori, anche perché, come molti critici hanno segnalato, in queste pagine l'autore rivela di sé stesso molto più che in tutta la produzione narrativa precedente. Altri scrittori di grande caratura hanno dedicato libri al gioco del calcio, ricordiamo primo fra tutti un maestro, l'argentino Osvaldo Soriano, che con Fútbol o con Pensare con i piedi ha reso tutta la poesia e la verità che circonda il mondo del pallone.
La raccolta è composta dai testi probabilmente più autobiografici che l'autore abbia mai scritto: il suo modo di vivere la passione calcistica affiora sotto forma di impulso sentimentale, di un'emozione legata agli anni dell'infanzia. Ma anche il presente è ben tratteggiato, e i brevi testi permettono al lettore di scrutare, attraverso l'occhio di un esperto, le vicende del calcio spagnolo e mondiale.
Oggi è l'uruguayano Eduardo Galeano ad aver ereditato il ruolo di Soriano nel tradurre in ottima letteratura e in analisi sociologica una passione sportiva ad esempio con Splendori e miserie del gioco del calcio: uguale impegno e altrettanta intensità espressiva. Forse è insito nella cultura ispanica la capacità di trasfigurare grazie alla forza dell'immaginazione e all'amore per la lettura metaforica della realtà, ogni aspetto della vita in arte. Così Marías prosegue un cammino che anche alcuni autori italiani hanno intrapreso: ricordiamo tra tutti Nando dalla Chiesa che ha vinto numerosi premi letterari proprio con opere (La farfalla granata, Capitano mio capitano, La partita del secolo...) dedicate a "eroi" del pallone. Ma una delle note più originali dello scrittore spagnolo è il figurare la partita di calcio come una grande rappresentazione drammaturgica in un teatro dalle colossali dimensioni di uno stadio o un film che segue regole narrative simili a quelle cinematografiche e gli spettacoli si ripropongono ogni settimana, sempre uguali, ma sempre profondamente diversi.
Anche lo spettatore è attore e fa parte non solo della coreografia ma dell'azione stessa, vive passioni autentiche, amori, odi, delusioni e speranze che sottopone allo sguardo e al giudizio del mondo, liberamente, senza pudori o freni: «Venne fuori l'hooligan che tutti noi appassionati ci nascondiamo dentro».
La sincerità autobiografica dello scrittore mette in luce caratteristiche universali del tifoso con ironia e affetto, proprio perché parlando di sé Marías sa bene come sia facile il controllo di certe pulsioni rancorose o di certo spirito di vendetta che nasce inevitabilmente, insieme alla frustrazione, dopo la sconfitta della squadra del cuore, così come tratta con dolcezza i ricordi delle vittorie o i giocatori più amati, fonti di gioie totali, nella consapevolezza però della breve durata delle emozioni negative così come di quelle positive.
È qualcosa di profondo che fa emergere l'amore per la propria Nazionale in chi di certo nazionalista non è: è lo spirito di appartenenza, è il sentirsi vicini ad altri che condividono con noi molte cose anche se ci sembrano spesso diversi, è insomma un bisogno autentico a cui per qualche ora riusciamo a trovare una risposta.
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