Ti do un consiglio, non cercare mai di dire di cosa parli un grande libro. O, se lo fai, dai l’unica risposta possibile: di niente. Un grande libro parla sempre e soltanto di niente, ma dentro c’è tutto
Nel Labirinto del disumano, tutto comincia con un re e una profezia. L’oracolo predice al sovrano che otterrà il potere assoluto, e di questo il re è ben felice. In cambio però è richiesto un sacrificio: deve uccidere e bruciare tutti gli anziani del suo regno. L’uomo non esita, e riduce i vecchi in cenere uno dopo l’altro, spargendone i resti nelle terre intorno al suo palazzo. Lì, dalla morte e dall’abominio compiuto, crescerà una folta foresta dalle fattezze mostruose, così intricata da rendere impossibile al re uscire e a chiunque altro entrare. Il Labirinto del disumano, appunto.
E se pensate di star leggendo la recensione sbagliata, siete fuori strada. Vi siete persi anche voi nel labirinto. La più recondita memoria degli uomini è un libro che parla di libri. O, per essere precisi, di un solo libro, e dell’ossessione che i suoi lettori hanno per lui, per il suo autore, per la sua storia e tutto il resto. Mbougar Sarr ha costruito un giallo letterario, nel senso che è la letteratura la protagonista, il mistero da risolvere.
Quando Diégane riceve un libro misterioso, "Il Labirinto del disumano" di T. C. Elimane, comincia per lui un'ossessione. Chi è l'autore di questo testo così inquietante? E perché oggi trovarlo è così difficile? Un giallo in cui la letteratura è protagonista, e dove la vita si mescola al romanzo senza possibilità di distinguerli.
Sull’anima umana non si può sapere niente, non c’è niente da sapere
Diégane Latyr Faye è uno scrittore senegalese che vive a Parigi, dove frequenta gli autori e gli intellettuali della città. Un uomo che sente particolarmente il peso dell’esistenza, perché ha una sensibilità fuori dal comune, e che riflette sul mondo che lo circonda alla luce della letteratura. E, come tutti ben sappiamo, la letteratura è una pausa dall’esistenza, l’indugio della riflessione: perciò i suoi rapporti umani, le sue decisioni e le sue ragioni sono tutte dettate da un momento precedente di pensiero, di inazione.
«Ecco il tuo errore. Ecco l’errore di tutti quelli come te. Voi credete che la letteratura corregga la vita, o la completi, o la sostituisca, ma è sbagliato. Gli scrittori, e ne ho conosciuti parecchi, sono sempre stati tra gli amanti più mediocri che misia capitato di incontrare. E sai perché? Perché mentre fanno l’amore pensano già alla scena che quell’esperienza diventerà. Ogni loro carezza è guastata da ciò che la loro immaginazione ne fa o ne farà, ogni loro colpo di reni è indebolito da una frase. Se dico qualcosa durante l’amore mi pare quasi di sentire i loro “mormorò lei”. Vivono in capitoli. Le loro parole sono precedute da virgolette».
Perciò non c’è da stupirsi che un libro scovato per caso diventi la sua ossessione, il motore di una ricerca angosciante che porterà Diégane non tanto a scoprire sé stesso, quanto all’impossibilità di scoprire alcunché. Il libro in questione è Il Labirinto del disumano, scritto da un autore senegalese come il protagonista, T. C. Elimane, poi scomparso dalla scena intellettuale. Infatti, Il Labirinto è stato tolto dal commercio, è introvabile, perché racconta troppe verità inquietanti sulla natura umana. Quando Diégane trova per caso una copia – datagli da un’altra scrittrice, Siga D. – e la legge, quello è il momento in cui tutta la sua vita si interrompe e comincia la letteratura.
Una pagina alla volta, o meglio, una parola alla volta, Diégane trova nuove informazioni su Elimane e la sua vita, sui motivi che l’hanno spinto a non scrivere nient’altro, e su quelli che invece l’avevano spinto, a suo tempo, a scrivere Il Labirinto. La parte narrativa la racconta in prima persona, ma Mbougar Sarr non si limita a scrivere un libro: crea un mondo. Con le proprie regole, una cultura letteraria, un contesto sociale. Siamo spinti, a ogni capitolo che leggiamo, a cercare su Google se ciò che Mbougar Sarr racconta sia verità o finzione. E solo alla fine impariamo la grande lezione di questo libro (forse lui non sarebbe contento di sentir parlare di lezione, ma facciamolo per amore di sintesi): la letteratura costruisce la verità, non viceversa.
Non pensavamo affatto che la letteratura avrebbe salvato il mondo, pensavamo anzi che fosse l’unico modo di non salvarsi dal mondo
A mo’ di reportage, Mbougar Sarr ricostruisce la ricerca di Diégane con documenti, pagine di diario, estratti del Labirinto, inchieste, esattamente come se avesse compilato il libro con una collazione di altri libri e di altre fonti. Si scopre ben presto che l’eredità di Elimane non è solo letteratura: dietro di sé, questo scrittore misterioso e senza volto ha lasciato un vortice di ossessione che trascina tutt’intorno alla sua figura. Diégane entra in questo vortice, e proprio come in un giallo chiede ai testimoni e raccoglie tracce, salvo scoprire che un uomo non lascia che questo: tracce, impronte, segni lievi che non sopravvivono a lungo. Chissà che anche voi, leggendolo, non siate trascinati dentro questo vortice. Chissà che anche voi e io, alla fine, non andremo alla ricerca di T. C. Elimane e del suo Labirinto.
Non credo che esista una ricerca esaustiva, almeno sulla vita di un uomo. Esistono solo frammenti che messi uno accanto all’altro possono coprire un lembo anche esteso di vita, ma dei vuoti rimangono sempre
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