Le vite dei bambini cominciano sempre e quelle degli adulti finiscono sempre. O è il contrario? La tua infanzia finisce sempre e il tuo io adulto comincia sempre. Devi continuamente imparare a dire addio alla persona che eri la sera prima a cena
Polaroid tra le mani, occhio sul mirino, Emily Vidal – protagonista e voce narrante di Questi adulti, romanzo di Alison Espach, pubblicato nel luglio 2023 da Bollati Boringhieri, nella traduzione di Manuela Faimali, dopo il successo di Appunti sulla tua scomparsa improvvisa – è, in apertura del romanzo, “una quattordicenne che stava documentando i fallimenti invisibili della nostra festa”. La festa è quella per il cinquantesimo compleanno del padre, organizzata nel loro giardino, i fallimenti sono quelli a cui sembrano essere continuamente condannati gli adulti, con le loro frasi di circostanza e gli assurdi rituali. “Gli adulti hanno bisogno di cose del genere”, le aveva spiegato il padre tempo prima, ed Emily non può che sospirare più volte “Poveri adulti”.
Romanzo di formazione insolito e ironico, ci racconta in prima persona la storia di Emily, a partire da quando, quattordicenne, partecipa alla festa per i cinquant'anni del padre nella loro bella casa in un quartiere residenziale del Connecticut.
La distanza tra lei, i suoi coetanei e “loro” è evidente e abissale e non si limita a quel punto di vista indotto dalla macchina fotografica, strumento funzionale a introdurre quella sua attitudine all’osservazione meticolosa e critica di “questi adulti”.
Diventavano ogni giorno più ciechi, più immobili, e sentivo che era mio dovere avvertirli, gridare tra gli alberi con un megafono: "Voi adulti vi rendete conto di quanto state invecchiando?"
Espach riesce magistralmente a rendere il tono di voce e di pensiero adolescenziale – schietto, curioso e spontaneo – anche attraverso l’uso sapiente dei dialoghi, pur essendo tutto ricostruito dal racconto che ne fa Emily adulta (il romanzo termina con i suoi trent’anni). Tutto sembra svolgersi nel qui e ora, ma è Emily adulta che si guarda indietro, ricorda e ricostruisce, e il suo apporto si rivela nelle parentesi più riflessive, indizi di una crescita avvenuta e che permettono, fin da subito, di individuare il romanzo come appartenente al genere di formazione.
Ma cosa vuol dire diventare adulti, quando “questi adulti” sono tutto ciò a cui si è sempre guardato con sospetto?
È il susseguirsi di eventi cruciali, per lo più innescati dagli adulti e dalle loro incomprensibili dinamiche, a costituire la prova nonostante e/o attraverso la quale si compie il suo processo di crescita. Così, c’è l’ingresso al liceo che rimescola le carte dei rapporti e dei comportamenti con i propri coetanei (“A quattordici anni potevi vincere o perdere a qualsiasi cosa”) e c’è l’inizio della relazione con Mr Basketball, il suo professore di letteratura inglese. C’è il divorzio dei genitori, il trasferimento del padre e la depressione della madre, il suicidio di un vicino di casa e la nascita della figlia di una vicina (contrappunto infantile alla crescita di Emily). Poi gli anni del college, il periodo a Praga e l’avvio della sua carriera da designer.
Ogni tappa sembra affinare quel suo sguardo, ampliare il suo pensiero: “ogni giorno ero costretta a pensare a cose su cose su cose, o a me stessa, in quella scatola, da sola”. Cose su cose su cose che la portano ad assumere una prospettiva più vicina, che le permette di capire un po’ di più. Così, non è un caso che la prima e l’ultima delle cinque sezioni in cui è articolato il romanzo portino lo stesso titolo, “Mia madre aveva sempre ragione”: tuttavia, se nel primo caso sembra essere l’eco sofferta di una verità imposta e verso cui si prova avversione – “gli adulti mi sembravano sbagliarsi su tutta la linea” –, nell’ultimo sembra una frase pronunciata con convinzione da parte di chi arriva a mettersi nei panni di “questi adulti” e inizia a capirne le dinamiche (“E solo adesso notavo gli occhi socchiusi di mia madre e il silenzio di mio padre [...] E solo adesso mi rendevo conto”).
Lo sguardo indagatore resiste (“Resto seduta a guardare”) ed è ciò che rende un po’ insolita la formazione di Emily, più vicina, forse, a “una parola di otto lettere – che le fa conoscere la madre – che significa conservare la gioventù in età adulta”. Così, è nella “neotenia” del finale che si compie il percorso di crescita di Emily Vidal, scoperta in quello stesso giardino del principio, con qualcosa in meno ma molte consapevolezze in più.
E forse è questo ciò che vuol dire diventare adulti.
Potrebbero interessarti
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente