Rimango sempre piacevolmente spiazzato dalla connessione che hanno certi libri apparentemente distanti. Che si tratti di casualità, magia o semplice autosuggestione, a volte alcuni si susseguono nelle letture coincidendo anche senza una nostra esplicita volontà.
Stavo godendomi l’illuminante saggio di Rick Rubin L’atto creativo: un modo di essere quando sono incappato in Quella sera in galleria di Massimo Nava, edito da Solferino, un po’ come se sotto il mio naso sia avvenuto un vero e proprio passaggio di testimone.
Era un giovane napoletano, timido e orfano di entrambi i genitori, che si sarebbe accontentato di un impiego pubblico ma divenne adulto con il gusto della sfida, la passione civile, l’amore per la patria, che servì da volontario con Garibaldi. Eugenio Torelli Viollier diventò giornalista sotto le ali affettuose di Alexandre Dumas, di cui fu segretario e traduttore, scoprendo Parigi e i salotti letterari e studiando segreti e regole delle grandi imprese editoriali.
Rick Rubin mi aveva appena finito di spiegare che se creare vuol dire portare all’esistenza qualcosa che prima non c’era, è il nostro modo di percepire e interpretare informazioni a permettere di esprimerci, “affinando la nostra sensibilità per riuscire a captare anche le note più sottili”. Ed ecco che Massimo Nava se ne esce con la storia di un uomo che delle parole di cui sopra ne è (centocinquant’anni prima) inconfutabile dimostrazione: il fondatore del Corriere della Sera, Eugenio Torelli Viollier.
Una vita, quella di Torelli, così piena di eventi e incontri incredibili da superare la fantasia di qualsiasi romanziere.
Il racconto di Nava è magistrale nel ripercorrerla: andando oltre la semplice biografia, riesce a trasmettere quanto quelle esperienze abbiano forgiato l’anima, l’etica e il modo di pensare dell’uomo che ne è protagonista.
“Il cuore batte forte: la storia corre al galoppo davanti agli occhi di Eugenio” quando da giovanissimo garibaldino, dopo aver combattuto al Volturno, “assiste allo sbocciare di un sogno e al suo rovescio di sangue e atrocità”: il Risorgimento italiano.
Gli viene garantito di diritto un posto al ministero dell’Interno, ma la posizione da impiegato statale e la burocrazia lo soffocano. La voglia di diventare uno scrittore è più forte di quella comoda sicurezza, tanto da spingerlo umilmente a proporsi come correttore di bozze al cospetto del leggendario Alexandre Dumas, che Garibaldi aveva fatto direttore de “L’indipendente”, il giornale più importante nell’Unità d’Italia.
Mi fece l’effetto di un gran Dio e il mio culto si tradusse in sforzi eroici di lavoro
Da Dumas assimila tutto quel che può, immagini, prosa e tecniche, che alimentano in lui la passione per il giornalismo e la letteratura, ma anche “l’arte di comandare facendosi amare, di spendere tenendo d’occhio i bilanci, di trarre il meglio dai collaboratori e di mettere i solisti al servizio della squadra”. E ancor più di ogni altra cosa, il senso di indipendenza. Seguirà Dumas a Parigi dove avrà occasione di frequentare i salotti e ambienti culturali, e conoscerà tra gli altri, Giuseppe Verdi e Gioacchino Rossini.
Sarà poi Edoardo Sonzogno a dargli la possibilità di trovare la propria strada come direttore di due riviste a Milano. Questo mentre la Galleria appena inaugurata diventa “il salotto pubblico, il divertente palcoscenico per ogni tipo di comparse: artisti, giornalisti, poeti, sognatori, ambulanti, accattoni e signorine a pagamento.” Per Torelli sono anni concitati fatti di lavoro, vita notturna, salotti culturali e relazioni sociali che contribuiranno a far crescere in lui un senso etico dell’informazione.
Soldato, scrittore, direttore e industriale, lo spazio di questa recensione è troppo breve per poter riassumere un’esistenza tanto avvincente e tuttavia, non darebbe il giusto merito all’incredibile lavoro di Massimo Nava. La sua penna riesce a trasportarci in un periodo epocale della storia del nostro paese e al contempo a rivelare il percorso interiore di Torelli. Ogni incontro, ogni esperienza, entusiasmante o deludente che siano stati, furono il contributo alla crescita e al compimento di un’idea, quella di un uomo in grado di intuire, ascoltare e interpretare la necessità della propria epoca: un’informazione onesta e indipendente, internazionale e autorevole, popolare e accessibile nel linguaggio.
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