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Panorama di Dusan Sarotar

Ieri e domani rifletterò su questo racconto di Dusan Sarotar dove le parole si propagano in sguardi poetici, dove trama e personaggi non ne sono che una vivida rifrazione.

Il vero protagonista è lo scrittore stesso, la sua necessità di immortalare nella scrittura il senso emotivo della trascorrenza.  Dai mari del nord all’Europa di Sarajevo e Mostar, il viaggio, come la vena fertile di una cava, trova nella carta la sua più intima estrazione.

Le riflessioni si addensano e si intrecciano nei suoi sguardi che giocano con il lettore rendendolo soggetto verticale delle proprie emozioni, dove anche “le parole rotolano come biglie”.

Panorama. Narrazione sullo svolgersi degli eventi

Uno scrittore cerca pace e ispirazione percorrendo lentamente la costa piovosa e nebbiosa dell'Irlanda. È l'inizio di un lungo viaggio che lo porterà dapprima in Belgio e successivamente a Lubiana e Sarajevo, ma ogni viaggio, si sa, prima o poi diventa anche esplorazione interiore.

Si finisce per curvarsi tra le pagine, nei nervi di un déjà-vu che ci pervade.  Sentirete il vento accarezzarvi con la brezza di una leggerezza inattesa, coglierete il giusto peso sul riscontro del caso…vi sentirete attratti dalle sentinelle della costa… dove anche “quel faro bianco ultima luce familiare, per i viaggiatori che partivano per sempre, è un’immagine che continua a risuonarmi nel pensiero”.

I personaggi narrati diventano scogli su cui radicarsi per non seguire la precarietà che li caratterizza. Perché senza saperlo sono loro stessi il luogo intimo della loro appartenenza. Nel vortice di una direzione inversa, fioriscono radicali sulla rosa dei venti.

La fuga dalle proprie origini, dalla propria lingua non concede dietrofront, ma soltanto il sogno di poter raggiungere un altrove dove costruire nuovi ricordi.

C’è un senso di estraneità in queste anime senza patria, con un vorace bisogno di identità e vicinanza. La strada diventa un filo lastricato di coscienza, una marcia di sospiri e riflessioni su cui districarsi prima di giungere a qualsiasi punto di arrivo.

…ci siamo fermati ad un incrocio di strade identiche , le strette tavolette di segnalazione indicavano percorsi in tutte le direzioni…siamo capitati in una stazione ferroviaria dove da secoli non si fermavano treni …ma da nessuna parte c’erano i binari

Anche le città descritte sembrano dormire, in un sonno senza sogni, quasi esposte alla veglia.

Gli scenari si distendono come fossero in posa, inumani. Le nuvole e le luci sono catturate dalle pieghe dei drappeggi, in morbidi pensieri trasparenti come uccelli in volo provenienti da altri mondi lontani.  Sono paesaggi carsici, tratti di mare, cattedrali gotiche e laghi “forse con la corrente tornano le anime, sommerse, perite e esiliate negli anni della grande fame”. Sono spazi dove si sa già dove potersi smarrire.

Si tratteggiano i contorni di figure umane come venute fuori da una tela sensibile, impressionata da resine pastello. Ogni senso di appartenenza è al difuori della cornice del quadro e ne narra la sua storia.

La pioggia spesso è pesante e densa di nebbia e di presagi...

Mi sono fermato al vecchio crocefisso lungo la strada, al bivio di due sentieri come di fronte a una tentazione.…Le onde sull’acqua come l’alfabeto Morse non trasmettevano solo lettere e parole, ma anche sospiri, ritmi, silenzi, battiti del cuore; quindi non solo significato ma anche un senso

Tra le pagine spiccano fotografie di insegne, vetrine ruderi e nubi come fossero parti integranti della punteggiatura.

Istantanee simili ad orme illustrate di un cammino al buio, quando i confini si fanno più deboli.

In questo affresco lirico le foto diventano anche i nostri ricordi, cartoline da cui sarà molto difficile affrancarsi…

Le pagine danno la vibrazione di una eco che morde ricordi tanto lontani da non sembrare nostri, si ha la sensazione di abitarci dentro e di cercarne una corrispondenza, un panorama su cui specchiarsi.

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