È affascinante osservare il comportamento collettivo degli animali, siano essi stormi di uccelli, banchi di pesci o mandrie di mammiferi
Nelle parole con cui apre il suo ultimo libro, il fisico romano Giorgio Parisi, fresco vincitore del Premio Nobel per la Fisica per i suoi studi sui sistemi complessi, usa proprio l’aggettivo “affascinante”.
Fa riferimento a un esperimento, poco convenzionale per un fisico, che per alcuni anni lo ha visto scervellarsi sul volo degli storni, che offrono allo sguardo di chi passeggia per le strade di Roma “immagini fantasmagoriche, migliaia di macchioline nere danzanti che si stagliano su un cielo dai colori cangianti”, come scrive a quattro mani con Anna Parisi (solo omonima).
Realtà sperimentali che sembrano sfuggire a ogni legge, ricerche che portano a scoperte che sorprendono lo stesso ricercatore: è il mondo indagato da più di cinquant'anni da Giorgio Parisi, vincitore nel 2021 del premio Nobel. Dagli studi pionieristici sulle particelle all'interesse per fenomeni enigmatici come le trasformazioni di stato, i "vetri di spin" e il volo degli storni, dalle riflessioni su come nascono le idee a quelle sul senso della scienza nella nostra società, questo libro è un viaggio nella mente geniale di un fisico che ha cercato le regole dei sistemi complessi, perché quelli semplici gli sono sempre sembrati un po' troppo noiosi.
Le domande da cui è partito sono le stesse di tutti: esiste un direttore d’orchestra o il comportamento collettivo è auto-organizzato? Com’è possibile che cambino coreografia così rapidamente, senza scontri rovinosi e senza sfilacciamenti? Parisi aveva già affrontato e risolto molti quesiti scientifici meno inusuali, e forse più importanti (li racconta con linguaggio chiaro nei capitoli successivi), e ha affrontato quello che per secoli è rimasto un mistero irrisolto con gli strumenti usati per indagare i cosiddetti “sistemi complessi”, in cui interagiscono tanti attori diversi. Forte anche dell’enorme credibilità già acquisita, ha ottenuto i fondi per mettere in piedi un esperimento di notevole complessità, per fotografare migliaia di storni in movimento, e ricostruire le evoluzioni di ciascuno e di tutti, salvo ritrovarsi poi con un articolo talmente insolito da essere rifiutato dalle prime riviste scientifiche cui era stato presentato.
Quell’articolo è poi uscito sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze, che pochi anni prima, in un profilo celebrativo uscito in occasione della sua nomina a socio, lo aveva descritto come “uno che non si fa problemi a stiracchiare le convenzioni della matematica, se questo lo aiuta a risolvere un difficile problema di fisica” (con gustosa autoironia, a chi sui social gli chiedeva di recente come facesse a capire quando si possono piegare le regole della matematica e quando no, Parisi ha risposto: "A naso", accompagnando la frase con un occhiolino).
Tornando allo studio sul volo degli uccelli: in estrema sintesi, il comportamento dei singoli storni si adatta regolando direzione e velocità a quello degli immediati vicini in risposta anche all’ambiente esterno, in particolare per proteggere tutti dai predatori che sono pronti a puntare gli individui rimasti isolati. Più lo stormo è compatto e più è sicuro, perché i predatori non vogliono rischiare un incidente in volo, in cui avrebbero probabilmente la peggio. Quindi quelli che volano alle estremità dello stormo sono sempre più ravvicinati tra di loro, mentre nelle zone centrali volano più distanziati, e rilassati.
L’immagine dello stormo pronto a compattarsi per proteggersi viene alla mente anche leggendo il libro dedicato al giornalismo scientifico da Nico Pitrelli, che da anni dirige il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste.
Cambiamenti climatici, pandemie, cellule staminali, nanotecnologie, vaccini, medicina personalizzata: è lungo l'elenco dei temi di scienza su cui i cittadini hanno necessità di ricevere notizie corrette, aggiornate e verificate. Il giornalismo scientifico è il settore dell'informazione più attrezzato a rispondere a questo bisogno. Il volume, rivolto a chi voglia intraprendere la carriera di giornalista scientifico e ai professionisti che intendano approfondire i temi riguardanti l'informazione sulla scienza maggiormente dibattuti a livello globale.
Nella sua snella analisi del complesso scenario dei giorni nostri, Pitrelli racconta anche di quando, nel 2016, l’associazione americana dei “science writers” si spaccò: "La rivista ‘Undark’, un magazine americano specializzato nei rapporti tra scienza e società, titolò addirittura che era in ballo il futuro del giornalismo scientifico" scrive Pitrelli. "Al cuore della disputa un voto sulla possibilità di allargare la governance dell’associazione ai professionisti delle pubbliche relazioni per permettere loro di avere ruoli di vertice. Per i contrari, il passaggio avrebbe minacciato la possibilità della NASW di soddisfare il suo scopo primario, quello di ‘favorire la diffusione di informazioni accurate su scienza e tecnologia in linea con i più alti standard del giornalismo’. L’emendamento alla fine non passò".
Il nodo era chiaramente quello dei potenziali conflitti di interesse, che rischiano di compromettere il lavoro e la credibilità del giornalista, da cui ci si aspetta un atteggiamento indipendente e neutrale.
In prima fila a festeggiare per lo “scampato pericolo” c’era anche la responsabile della rivista Undark, Deborah Blum, che nel 1992 aveva vinto un Premio Pulitzer per una lunga inchiesta sulla sperimentazione scientifica sui primati non umani, poi confluita in un libro. Blum mostrava come sia tra i ricercatori sia tra gli attivisti per i diritti degli animali ci fossero molte persone che lavoravano con scrupolo e onestà, ma fossero spesso oscurate dagli estremisti, anch’essi presenti in entrambi i campi, che avevano tutto da guadagnare dalla polarizzazione, dagli slogan urlati e dallo scontro, con dinamiche che dall'inizio della pandemia stiamo vedendo di nuovo all'opera.
Blum oggi dirige il programma di giornalismo scientifico del Massachusetts Institute of Technology (chi scrive ci ha trascorso un anno), dove si studia - per così dire - l'affascinante comportamento degli scienziati, e si osservano le loro interazioni all'interno della comunità scientifica e con l'ambiente. Secondo i casi i giornalisti sono percepiti come membri dello stormo – e ammessi al suo interno per avere scambi e interazioni normali – oppure come potenziali predatori che spingono a serrare le file e a compattarsi in risposta alla minaccia percepita.
I giornalisti scientifici devono essere abbastanza vicini da conoscere il loro oggetto di studio, ma sufficientemente distaccati da resistere alla fascinazione, per non avere tentennamenti quando occorre indagare in cerca di eventuali scheletri negli armadi, sapendo che sono ben pochi gli "stiracchiamenti" della metodologia di ricerca che portano al Nobel: assai più spesso portano a fare cattiva scienza.
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