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Lettera a chi non c'era di Franco Arminio

Andare avanti con più furore o abbandonarsi al lento suicidio del rancore verso la vita?

In Lettera a chi non c’era Franco Arminio racconta la sua esperienza e quella di moltissime altre persone che hanno vissuto la terribile vicenda delle catastrofi naturali, siano esse terremoti o alluvioni.

In questi racconti, l’autore accompagna il lettore nella difficile comprensione di cosa significhi rinascere dopo una tragedia: l’iniziale presenza amministrativa e la sua successiva scomparsa. La lettura e le varie storie sono intervallate da momenti di poesia, in cui è possibile percepire il moto d’animo dell’autore, un sentimento che non svanisce con il tempo, sbiadisce, mantenendo forte la carica emotiva. La loro lettura rende il racconto molto fluido e dinamico, accentuando notevolmente la sua volontà di lasciare aperto un canale emotivo con il lettore permettendogli di indagare e scrutare nel profondo:

Ogni atto qui è un atto di dolore. Ci si ferisce pure in un abbraccio. Avvicinati, ascolta. Questa voce spaccata non viene da una bocca ma da un muro

La forza di questo libro sta nell’assenza di categorie predefinite, le tragedie naturali a cui hanno assistito i vari protagonisti sono in egual modo delle catastrofi che hanno completamente sconvolto la loro vita e sono accumunate dalla difficoltà di ritrovare un equilibro dallo “scossone” che è stato riservato loro.

La passione, l’intraprendenza e la volontà di non abbandonare all’oblio del tempo la memoria di questi eventi hanno permesso all’autore di ripescare nella sua storia e in quella degli altri sopravvissuti un’invisibile filo che lega assieme le loro vite, sconvolte ma tese e impegnate al recupero di una normalità sociale e personale scombinata da uno o più eventi incontrollabili, imprevisti e, molto spesso, drammatici. Per fare ciò, Franco Arminio ha deciso di chiamare e invocare a gran voce i Paesi molto conosciuti mettendoli allo stesso livello di quelli più piccoli, troppe volte dimenticati e inseriti nel grande calderone del generico e del generale: "non sono paesi ma perle di un rosario, il rosario dello sconforto".
In qualità di paesologo, Franco Arminio ha cercato e trovato il giusto connubio tra la schietta narrazione della realtà e la più dolce illusione della poesia, ponendo al lettore un problema troppo spesso banalizzato e sostenuto da una serie sterminata di esempi, compresa la sua personale esperienza, ma senza suggerire una possibile soluzione, bensì dando gli strumenti affinché il lettore possa trarre una propria conclusione riconoscendo, però, lo stretto legame che vincola tutte le vite e vicende raccontate.

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