Scelti per voi

L'orsacchiotto di Georges Simenon

Un orsacchiotto, «il primo dono gratuito della sua vita», come quei regali inaspettati che arrivano all’improvviso; come un cielo terso dopo giorni di pioggia; come il mare dopo infinite colline.
Simenon, con il suo scarno e chirurgico vocabolario, ci restituisce una storia che entra dentro le viscere del lettore e lo tiene incollato fino all’ultima pagina, quando la bomba ad orologeria che batte inesorabile il suo “tic-tac”, finalmente potrà esplodere, trascinandolo, in quella fatale esplosione.

L'orsacchiotto
L'orsacchiotto Di Georges Simenon;

Un uomo appagato, il professor Jean Cha­bot: ginecologo di fama, una moglie, tre figli e una segretaria­ amante, ripescata nella Senna. Da qualche settimana ve­de un giovane – il fidanzato del suo «orsacchiotto»?

Jean Chabot è un medico di successo, un ginecologo con due cliniche nel cuore di Parigi, segretarie per amanti e amanti per badanti.
È un cinquantenne probabilmente interessante, e sottolineo l’avverbio perché Simenon poco ci dice di quest’uomo dalle poche e laceranti parole.

Ha una moglie bella e mondana con la quale ha smesso di condividere emozioni, paure e lenzuola da molto tempo; tre figli quasi inaccessibili che hanno intrapreso strade da lui non condivise e neanche contrastate; una segretaria che svolge la doppia e triste funzione di amante e nume tutelare; una schiera di assistenti, infermiere e pazienti che lo guardano con un misto indefinibile di deferenza e soggezione.

Chabot non ha amici, se non uno, scovato per necessità tra le pieghe dei ricordi e tirato fuori come un coniglio dal cilindro: ultimo atto compiuto di un uomo ebbro.
Ed infine ha una madre che forse lo detesta e che segna, seguendo una psicologia spicciola, la chiave di volta di un disagio covato.

Il nostro protagonista è dunque un uomo qualunque ma di grande successo, come tanti, troppi ce ne sono in una società dell’apparire, forse nata proprio negli anni in cui Simenon scrive, che ha visto nella ricerca del successo il metro della felicità. Parallelismo, quello tra successo e felicità, fin troppo abusato, padre di infiniti mostri, taluni silenziosamente covati dentro il mondo interiore di ognuno di noi, altri violentemente gridati, spesso, segnati dal sangue.

L’andamento, come si addice ad un maestro del genere giallo, è incalzante, addirittura insostenibile. Dietro una apparente lentezza esasperata dalla descrizione minuziosa e attenta delle giornate, si cela un crescendo parossistico che induce protagonista e lettore a credere di conoscere già l’epilogo dei fatti e a temere che questo possa svilupparsi d’improvviso voltando semplicemente una pagina.

Straordinario, invece, l’effetto sorpresa reso ancora più sconvolgente dalla suspense che Simenon miete, foglio dopo foglio, costringendoci (tutti, nessuno escluso) a rivederci in questo libro crudele, magnifico e verissimo.

Precursore dei tempi, lo scrittore belga, ci disegna con la mina della sua matita, l’immagine di un uomo qualunque, quello che banalmente definiremmo “insospettabile” e che, sempre più spesso, si guadagna un posto in prima pagina sulla cronaca nera.

Ma cosa vuole dirci Simenon? Potrebbe mai un genio come lui soffermarsi solo alla banalità di una mera descrizione dei fatti?

La risposta è già nel testo, nelle continue allusioni al futuro, nei continui rimandi al passato. Chabot sa chi è stato ma non sa cosa è diventato.
Il malessere interiore, quasi custodito, accarezzato e taciuto negli anni, ha bisogno di esplodere; è necessaria la detonazione affinché si rompa il meccanismo preordinato di una vita ingabbiata facendo tornare, protagonista e lettore, liberi di vivere.

Basta, non era più possibile. Non sapeva precisamente che cosa, ma sentiva che non era più possibile

Georges Simenon

Per Chabot l’esplosione corrisponde ad una relazione fugace, a tratti riconducibile ad una violenza sessuale se lui stesso non avesse letto negli occhi dell’altra un piacere consenziente.

Chi gli avrebbe creduto, adesso, se avesse parlato di tenerezza? Eppure era stato un gesto tenero quello con cui aveva scostato il camice per liberare i seni: erano caldi e pesanti nelle sue mani e lei era trasalita di nuovo mentre, questa volta, un sorriso soffuso le affiorava sul volto

Georges Simenon

L’orsacchiotto, come lui stesso definirà la ragazza, segna un punto di cesura, uno spartiacque tra il prima e il dopo, tra l’accettazione della banalità e il rifiuto della stessa.

Ciò che avverrà da questo primo incontro servirà a trasportare Chabot nella vorticosa spirale della fine alla quale, il medico razionale, si affiderà con una cieca fede, irrazionale e istintiva.

Un roman dur come lo stesso Simenon definì i molti romanzi che, parallelamente a Maigret, scrisse con una dedizione assoluta, fisica e mentale ma che, a differenza del più ben famoso commissario con la pipa, sono intrisi di crudezza, violenza e molta introspezione psicologica.

E ci sarebbe da chiedere quanto la scelta di affibbiare a Chabot la professione di ginecologo non sia ricercata con meticolosa precisione, quasi perversa.
Può, un uomo debole, sentirsi autorizzato, avendo contribuito a dare la vita, ad infliggere la morte?

Le recensioni della settimana

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Conosci l'autore

Georges Simenon è stato un romanziere francese di origine belga. La sua vastissima produzione (circa 500 romanzi) occupa un posto di primo piano nella narrativa europea, confermando il ruolo di Simenon, uno scrittore destinato a incidere sul suo tempo, a suggestionare molti altri autori, ad appassionare milioni di lettori.Grande importanza ha poi all'interno del genere poliziesco, grazie soprattutto al celebre personaggio del commissario Maigret. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i settecento milioni di copie. Secondo l'Index Translationum, un database curato dall'UNESCO, Georges Simenon è il quindicesimo autore più tradotto di sempre. Grande lettore fin da ragazzo in particolare di Dumas, Dickens, Balzac, Stendhal, Conrad e Stevenson, e dei classici. Nel 1919 entra come cronista alla «Gazette de Liège», dove rimane per oltre tre anni firmando con lo pseudonimo di Georges Sim. Contemporaneamente collabora con altre riviste e all'età di diciotto anni pubblica il suo primo romanzo. Dopo la morte del padre, nel 1922, si trasferisce a Parigi dove inizia a scrivere utilizzando vari pseudonimi; già nel 1923 collabora con una serie di riviste pubblicando racconti settimanali: la sua produzione è notevole e nell'arco di 3 anni scrive oltre 750 racconti. Intraprende poi la strada del romanzo popolare e tra il 1925 e il 1930 pubblica oltre 170 romanzi sotto vari pseudonimi e con vari editori: anni di apprendistato prima di dedicarsi a una letteratura di maggior impegno. Nel 1929, in una serie di novelle scritte per la rivista «Détective», appare per la prima volta il personaggio del Commissario Maigret. Nel 1931, si avvicina al mondo del cinema: Jean Renoir e Jean Tarride producono i primi due film tratti da sue opere. Con la prima moglie Régine Renchon, intraprende lunghi viaggi per tutti gli anni trenta. Nel 1939 nasce il primo figlio, Marc. Nel 1940 si trasferisce a Fontenay-le-Comte in Vandea: durante la guerra si occupa dell'assistenza dei rifugiati belgi e intrattiene una lunga corrispondenza con André Gide. A causa di un'errata diagnosi medica, Simenon si convince di essere gravemente malato e scrive, come testamento, le sue memorie, dedicate al figlio Marc e raccolte nel romanzo autobiografico Pedigree. Accuse di collaborazionismo, poi rivelatesi infondate, lo inducono a trasferirsi negli Stati Uniti, dove conosce Denyse Ouimet che diventerà sua seconda moglie e madre di suoi tre figli. Torna in Europa negli anni Cinquanta, prima in Costa azzurra e poi in Svizzera, a Epalinges nei dintorni di Losanna. Nel 1960 presiede la giuria della tredicesima edizione del festival di Cannes: viene assegnata la Palma d'oro a La dolce vita di Federico Fellini con cui avrà una lunga e duratura amicizia. Dopo pochi anni Simenon si separa da Denyse Ouimet. Nel 1972 lo scrittore annuncia che non avrebbe mai più scritto, e infatti inizia l'epoca dei dettati: Simenon registra su nastri magnetici le parole che aveva deciso di non scrivere più. Nel 1978 la figlia Marie-Jo muore suicida. Nel 1980 Simenon rompe la promessa fatta otto anni prima e scrive di suo pugno il romanzo autobiografico Memorie intime, dedicato alla figlia. Georges Simenon muore a Losanna per un tumore al cervello nel 1989.Le opere:"Spesso i romanzi di Simenon si discostano dagli schemi dell’inchiesta per tracciare suggestivi ritratti psicologici e per evocare con efficacia l’atmosfera grigia e stagnante della provincia francese. Fra i temi ricorrenti, che danno una singolare unità a una produzione sterminata, il maggiore è quello della solitudine, che si accompagna a quello della suprema stanchezza di fronte al male e alla sconfitta" (Garzantina della Letteratura, 2007). Ricordiamo Il caso Saint-Fiacre (Adelphi, 1996), Il testamento Donadieu (Adelphi 1988), Una confidenza di Maigret (Mondadori, 1982), Maigret e il signor Charles (Mondadori, 1994),  La balera da due soldi (Adelphi, 1995), Le signorine di Concarneau (Adelphi, 2013), Faubourg (Adelphi, 2013), L'angioletto (Adelphi, 2013), I fratelli Rico (Adelphi, 2014), I clienti di Avrenos (Adelphi, 2014), Il grande male (Adelphi, 2015), Cargo (Adelphi, 2017).«Il più grande romanziere di tutti, il più vero romanziere che abbiamo in letteratura.» - André Gide

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente