Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni
Una giovane donna sola. Un esperimento scientifico volto a testare fenomeni paranormali. Una casa viva, le cui pareti sembrano respirare e tra le cui stanze e labirintici corridoi gli abitanti si aggirano come minuscole creature intrappolate nelle viscere di un mostro.
In fuga da una vita scialba e profondamente infelice, Eleanor Vance accetta di trascorrere un’estate nella remota Hill House in compagnia di tre sconosciuti per partecipare a uno studio del soprannaturale. Il soggiorno assume presto contorni sinistri quando, proprio attorno alla figura di Eleanor, iniziano ad avere luogo delle manifestazioni.
Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà chiesto perché le vittime non escano dalla stessa porta dalla quale sono entrati. A tale domanda questo romanzo fornisce una risposta. Non è infatti la fragile e indifesa Eleanor Vance a scegliere la Casa, ma la Casa a scegliere, per sempre, Eleanor Vance.
L’incubo di Hill House (Adelphi)ci trasporta in un viaggio claustrofobico e perfettamente, spaventosamente circolare all’interno di uno spazio che è tanto tangibile quanto mentale – una sovrapposizione e una sorta di contaminazione reciproca tra la mente della protagonista e l’architettura malata della casa.
Con le sue porte chiuse, i suoi pavimenti inclinati e le sue stanze senza finestre, Hill House riflette la repressione emotiva di Eleanor, la sua mancanza di controllo sulla sua stessa vita, il suo senso di smarrimento e inadeguatezza; così come la storia delle precedenti abitanti fa da specchio alla sua mancata appartenenza a un modello familiare patriarcale e al suo rapporto travagliato con altre donne, vive e morte, che infestano i suoi ricordi e le mura stesse di Hill House.
Shirley Jackson tesse una trama da cui trapela un’inquietudine sottile e ineffabile, un costante senso di pericolo imminente che non si concretizza mai in colpi di scena cruenti, ma in un angoscioso crescendo di allusioni e un progressivo sgretolarsi della presa di Eleanor sulla realtà.
In questo magistrale horror psicologico non esistono vere spiegazioni, né soluzioni finali. Piuttosto, il dissolversi delle barriere tra l’immaginato e il reale, tra la psiche e il mondo esterno, e la fortissima identificazione con la protagonista portano chi legge a sperimentare il culmine della storia come un sogno – un incubo, appunto, o forse proprio quella condizione di assoluta realtà che conduce alla pazzia – in cui ogni ambiguo, inesplicabile sviluppo si lascia alle spalle una sensazione che è insieme di incompletezza, attrazione e profondo disturbo.
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