Cento e settantasei pagine che ho attraversate tutte in un pomeriggio, con il fiato sospeso, dimenticando di non essere, anch'io, parte della storia.
La forza narrativa travolgente de L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi) nasce dalle relazioni, da cui derivano i fatti.
I personaggi non sono in grado di esprimere i loro stati d’animo, perciò avanzano tra le pagine caricandosi sulle spalle il peso dei non detti. Amanda sta zitta, chiusa in camera per giorni, autoesclusa dalla vita. Lucia, narratrice della storia, fatica a stabilire una relazione con lei, sua figlia. Rocco, invece, anziano padre di Lucia, non si arrende alla vita che finisce. Sono tutti, a loro modo, fragili. L’età fragile non è allora univoca, può essere qualsiasi momento della vita, anche la vita intera.
Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta.
Fragili sono tutti gli abitanti di quel paesino d’Abruzzo vicino a Pescara; lo è Dente del lupo, dove Lucia è cresciuta insieme alla sua amica Doralice. Il loro posto sicuro, almeno fino a quella notte terribile di fine estate, in cui la loro giovinezza si è interrotta a soli vent’anni.
Amanda e Lucia si trovano, in questo, allineate: entrambe vivono una giovinezza spezzata.
Dalle relazioni, scaturiscono anche le ripartenze. Quella del paese, dopo l’efferato crimine; quella di Amanda, dopo Milano; quella di Lucia e di Doralice, dopo quella notte. Anche il finale è una ripartenza, il ritorno a Dente del Lupo e alla vita com’era prima. Ci sono voluti trent’anni, perché la natura cancellasse le tracce di quell’orrore; c’è voluta una ruspa da demolizione ed ecco la nuova vita. Da questo momento, si può iniziare a ricostruire.
La scrittura va dritta al punto, senza risparmiarsi in durezza. Nessuna lungaggine, ma descrizioni efficaci che regalano immagini difficili da dimenticare. I capelli rossi di Amanda, per esempio, che vanno di pari passo con il suo umore: sono privi di luce quando anche lei lo è; sono infuocati quando si risveglia.
L’età fragile scorre veloce sotto gli occhi di chi legge. Grazie allo stile lineare, ma soprattutto grazie alla narrazione che procede senza intoppi alimentando, di continuo, la curiosità del lettore.
Il tempo salta avanti e indietro in uno zigzagare ben congegnato, in cui è impossibile perdere il filo.
La storia ruba dall’esperienza di vita di chi l’ha scritta: l’Abruzzo e la montagna; un padre severo e una madre divisa tra i campi e la casa, senza tempo per sé stessa; il delitto del Morrone.
Per tutti questi meriti, L’età fragile si è guadagnato un posto tra i dodici finalisti del Premio Strega 2024. Che dire, se non in bocca al – Dente del – lupo, Donatella!
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