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Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

Giornalismo, corride, guerre mondiali, tornei di pesca, incontri di boxe, quattro matrimoni, due incidenti aerei, sette romanzi, numerosi racconti, un premio Pulitzer, un premio Nobel. Di Ernest Hemingway si potrebbe dire che ha vissuto più di una vita, anzi almeno una decina.

In una di queste – forse, la più amata – si è trovato a Cojímar, un villaggio di pescatori vicino a L’Avana: è qui che gli viene raccontata, dagli abitanti del posto, la storia vera che darà vita a Il vecchio e il mare. Il libro, uscito dieci anni prima della sua morte, può essere considerato il testamento spirituale di Hemingway, un’opera che, come scrisse al suo editore, «gli pareva potesse fare da epilogo a tutto quello che aveva imparato o aveva cercato di imparare mentre scriveva e cercava di vivere».

Il vecchio e il mare. Nuova ediz.
Il vecchio e il mare. Nuova ediz. Di Ernest Hemingway;

Un classico della letteratura americana, e non solo. La cronaca della lotta di Santiago contro il il mare, contro i suoi limiti e contro il suo essere umano: questa è una storia indimenticabile sul rapporto che esiste tra uomini e natura.

Santiago, un vecchio pescatore, non prende un pesce da ottantaquattro giorni. Al villaggio tutti ormai lo ritengono salao, sfortunato. Anche Manolin, il suo apprendista e unico affetto, è stato costretto dai genitori ad andare a pescare su un’altra barca. L’ottantacinquesimo giorno, Santiago esce in mare da solo e un enorme pesce abbocca alla sua lenza: il vecchio combatterà tre giorni e due notti, con tutte le sue energie, per portarlo a riva.

Quella con il pesce è una lotta ad armi pari, tra forza fisica e forza d’animo. Santiago vede in lui lo stesso estremo istinto di sopravvivenza, e lo rispetta. Spesso si rivolge a lui, si confida, si scusa; a volte sembra che i ruoli si invertano, e che sia il pesce a essere il cacciatore, trascinando a largo la barca del vecchio che è la preda.

La pesca mi uccide proprio come mi dà da vivere

A dividere Santiago e il pesce, e allo stesso tempo a determinare la loro fratellanza, c’è il mare. Il mare è l’unica dimensione che il protagonista conosce: quella in cui ha sempre vissuto, che gli ha permesso di sopravvivere e allo stesso tempo ha causato la sua sfortuna. Questo legame indissolubile determina la grande umiltà e devozione con cui il vecchio affronta la potenza della natura. Il titolo Il vecchio e il mare mette i due protagonisti della storia perfettamente sullo stesso piano.

Santiago incarna l’uomo che si rivolta ai propri limiti e alle proprie condizioni; la sua diventa una sfida al destino, alla povertà, alla vecchiaia, al suo essere salao. Caparbio, e completamente da solo, impiega tutte le sue forze per affermare e mantenere una dignità, per dimostrare di essere ancora all’altezza dell’uomo che è stato.

In appena cento pagine, Hemingway condensa tutti i temi fondamentali della sua produzione, ma anche ciò che lo caratterizza come persona, i suoi valori, le sue esperienze di vita.

La sua tipica scrittura asciutta ed essenziale riesce a essere evocativa anche limitandosi a riportare gli eventi, in uno stile che è giornalistico e poetico insieme. Tutte le interpretazioni simboliche del libro ipotizzate dai critici sono state smentite dall’autore: per Hemingway il simbolismo non esiste, «è solo un trucco degli intellettuali» per complicare qualcosa che invece potrebbe essere semplice. Sono le azioni e i pensieri dell’uomo, sostiene, che bastano a emozionare. Alla fine delle sue molte vite, riconduce tutto qui.

Guardò il mare e capì fino a che punto era solo, adesso. Ma vedeva i prismi nell’acqua scura profonda, e la lenza tesa in avanti e la strana ondulazione della bonaccia. Le nuvole ora si stavano formando sotto l’aliseo e guardando davanti a sé vide un branco di anatre selvatiche stagliarsi nel cielo sull’acqua, poi appannarsi, poi stagliarsi di nuovo; e capì che nessuno era mai solo sul mare

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Il padre (medico) lo avvicinò alla caccia e alla pesca durante le vacanze in Michigan, tra laghi e foreste e seguendolo nelle visite agli ammalati delle riserve indiane, ebbe le prime violente impressioni del dolore e della morte. Studiò a Oak Park, ma rinunciò all’università per diventare cronista allo «Star» di Kansas City. Fondamentale, nell’aprile 1918, l’esperienza volontaria della guerra, come autista della sanità sul fronte italiano. Nel luglio viene ferito, e questo trauma, l’incontro diretto con la morte, segna la sua vita. Da allora, per esorcizzarla, cercherà spesso il confronto con la violenza e con il rischio. Dal 1921 al 1927 viaggia in Europa come corrispondente di vari giornali, soggiornando a lungo nella Parigi degli espatriati americani, dove conosce Gertrude Stein, Ezra Pound, Fitzgerald e gli altri interpreti della generazione che la Stein definì «perduta». In quegli anni si struttura la sua tecnica narrativa che, partendo da modelli eterogenei, sia letterari (il Mark Twain di Huckleberry Finn, Flaubert e Conrad) sia musicali e pittorici (Cézanne), mira a rendere la «cosa reale», ossia «la sequenza costituita dall’emozione e dall’evento che l’ha prodotta».Nel 1925 appare Nel nostro tempo (In our time), raccolta di racconti brevi in cui si delinea la figura del giovane eroe uscito dalla guerra, Nick Adams, destinato a ricomparire nella narrativa più tarda. Nel 1926, dopo Torrenti di primavera (Torrents of spring), parodia di Riso nero di Sherwood Anderson, la pubblicazione di Fiesta (The sun also rises) lo consacra scrittore. Del 1929 è Addio alle armi (A farewell to arms), dove alla guerra sul fronte italiano e alla ritirata di Caporetto si contrappone un idillio amoroso, una «pace separata», conclusa, anch’essa, dalla morte. Nel saggio sulla tauromachia come arte del rischio, Morte nel pomeriggio (Death in the afternoon, 1932) e nelle storie di caccia di Verdi colline d’Africa (Green hills of Africa, 1935) lo scrittore entra nelle proprie pagine come personaggio. Dopo la pausa di Avere e non avere (To have and have not, 1937), romanzo breve sul tema del crimine nella società capitalista, appaiono i 49 racconti (The first fortynine stories, 1938) che, nati in tempi diversi, sono esemplari di quell’oggettività, di quella tersa economia che fanno del suo linguaggio narrativo uno dei grandi modelli della prosa novecentesca.Inviato speciale sui vari fronti della guerra civile spagnola, pubblica nel 1940 Per chi suona la campana (For whom the bell tolls). Del 1950 Di là del fiume o tra gli alberi (Across the river and into the trees), che racconta la seconda guerra mondiale. Nel 1952 Il vecchio e il mare (The old man and the sea), ripensamento del modello epico del Moby Dick di Melville. Nel 1954 gli viene assegnato il Premio Nobel per la letteratura. Stanco e malato, consapevole del declino fisico e dell’impotenza che minaccia il suo destino d’artista, si suicida. Tra i libri apparsi postumi: Festa mobile (A moveable feast, 1964), Isole nella corrente (Islands in the stream, 1970), Il giardino dell’Eden (The garden of Eden, 1986).Tra le sue amicizie più strette si ricorda Fernanda Pivano, la sua traduttrice di riferimento per le edizioni italiane.

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