Ci sono momenti nella vita in cui tutto ci sembra perduto, in cui una dead line ci costringe a dire “basta, è tutto finito”. A quel punto si può solo scegliere se mollare tutto e subire gli eventi oppure lanciare la nostra vita oltre l'ostacolo, magari zaino in spalla, e ricominciare a vivere.
Raynor Winn e il marito Moth, dopo un investimento sbagliato, perdono la loro casa, ritrovandosi praticamente sul lastrico. Pochi giorni dopo questa notizia scoprono che Moth ha una malattia incurabile che lo porterà all'immobilità e alla morte.
Solo pochi giorni dopo aver appreso che Moth, suo marito da trentadue anni, ha una malattia incurabile, Raynor riceve la notizia che, a causa di una palese ingiustizia, hanno perso tutto quello che avevano, compresa la casa, che rappresentava anche il loro mezzo di sostentamento. Sono rimasti senza nulla e prendono d'impulso una decisione estrema: mettersi in cammino, con l'essenziale negli zaini, per 1.013 chilometri lungo il South West Coast Path.
Sarebbe un bell'incipit per un romanzo, se non fosse che questa è una storia vera. Raynor Winn è veramente una donna forte, una tosta, una che non si arrende, e il marito non è certo da meno.
Eravamo eccitati, impauriti, senza casa, grassi e moribondi, eppure, se avessimo fatto quel primo passo, avremmo avuto un posto dove andare, uno scopo da perseguire. Ed effettivamente non avevamo niente di meglio da fare alle tre e mezzo di quel giovedì pomeriggio, che cominciare una camminata di 1013 chilometri
Inizia così l'avventura che porterà Raynor e Moth lungo il South West Cost Path, il sentiero che si snoda lungo la costa sudoccidentale dell'Inghilterra, dal Somerse al Dorset, attraverso il Devon e la Cornovaglia.
Chi ha già affrontato nella vita, anche solo per brevi tratti, un qualsiasi cammino a piedi con lo zaino in spalla, sa che lungo la strada inevitabilmente ci si trasforma, sia fisicamente che mentalmente. I passi dapprima difficili si fanno scaltri, la “ciccia” si fa muscolo, il respiro corto pian piano sparisce, i pensieri diventano fluidi, le esigenze diventano elementari come “cosa mangiare” o “dove dormire”, gli occhi iniziano non solo a vedere ma a guardare, i colori diventano vivi e forti, gli odori pungenti, i profumi inebrianti, la pelle si squama per il sole, sente l'umidità, fa i conti con l'inevitabile pioggia... in poche parole ci si trasforma da homo modernus a homo viator.
Il viaggio dei nostri due eroi non si ferma però alle difficoltà di un lungo cammino, essi devono fare i conti con il fatto che una casa proprio non ce l'hanno più, che non hanno un posto dove tornare, che hanno pochi spiccioli per affrontare tutto il viaggio e sono costretti a dormire in tenda; il più delle volte non possono permettersi un albergo, molto spesso soffrono la fame, Moth potrebbe non farcela e i farmaci che prendeva per curare il dolore sono terminati. Ma è qui che sta il miracolo del loro viaggio: camminando, i suoi dolori diminuiscono, si sente più forte, riesce a dominare la malattia.
Ricordo una storia analoga lungo il Cammino di Santiago che ho percorso con mio marito durante il viaggio di nozze: in un paesetto poco prima di Astorga, all'albergue Sant'Antonio, l'hospitalero ci raccontò la sua storia: aveva un tumore al cervello e decise di percorrere il cammino di Santiago, per chiedere la grazia o forse semplicemente per accettare la sua malattia. Al ritorno i medici constatarono che il tumore non c'era più, ricordo ancora come descrisse l'accaduto: el sol lo quemò (il sole lo bruciò). Da allora, per sei mesi l'anno gestisce, come hospitalero, l'albergue lungo il cammino.
Quando finisci un libro come questo riesci solo a pensare che la vita è una sola e non può e non deve essere sprecata, che tutto è possibile, se lo vogliamo, che non dobbiamo mai arrenderci e che abbiamo diritto e bisogno di sentirci liberi.
Noi eravamo tutto quello che volevamo essere e tutto quello che non avevamo voluto essere. Ed eravamo liberi, liberi di essere tutte quelle cose, e più forti grazie ad esse. La pelle contro la pelle desiderata, e la vita poteva aspettare, il tempo poteva aspettare, la morte poteva aspettare... Ero a casa, non c'era rimasto più niente da cercare, lui era la mia casa.
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