Certi pezzi di passato sono così densi e indigesti che per metabolizzarli non basta la ricerca storica tradizionale. Per intenderne la natura, il significato, le implicazioni, e, soprattutto, le ferite mai rimarginate che ancora vanno a solleticare, occorre avvicinarli con una sensibilità speciale, da più lati e con una molteplicità di strumenti. Piazzale Loreto è uno di questi luoghi, non solo per Milano ma per l’Italia intera, e il recente saggio a tre mani Il nostro silenzio avrà una voce lo approccia infatti in modo originale e articolato.
I fatti, innanzitutto. In questo luogo di memoria tormentato s’intrecciano almeno tre eventi: le due bombe dell’8 agosto nel vicinissimo viale Abruzzi, di cui i partigiani dei Gap milanesi non si assunsero mai piena responsabilità; la conseguente rappresaglia nazifascista del 10 agosto 1944, con la fucilazione di 15 antifascisti detenuti al carcere di San Vittore e la prolungata, oscena esposizione dei loro cadaveri, per scoraggiare i milanesi tentati di aderire all’insurrezione; l’esposizione, sul medesimo piazzale (seppure in un punto diverso), dei cadaveri di Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi il 29 aprile 1945. Elisabetta Colombo, nella prima sezione, offre una ricostruzione storica interessantissima che, anche sulla base di nuovi documenti, fissa alcuni punti fermi. Grazie a un rapporto inedito, attribuisce con certezza ai Gap il maldestro attentato da cui tutto ebbe inizio, esempio tipico di una memoria urticante e poco gloriosa che s’è cercato di accantonare. Altrettanto interessante l’immersione nel labirinto della “poliarchia anarchica” dei comandi tedeschi in Italia, per cui risulta impossibile determinare in modo conclusivo a chi si debba l’ordine della fucilazione. Un gesto che, non essendo rimasti uccisi l’8 agosto né militari tedeschi né repubblichini, non rientra neppure nella logica della rappresaglia.
All'alba del 10 agosto 1944, a Milano, tra piazzale Loreto e via Andrea Doria, su ordine degli occupanti tedeschi, quindici prigionieri antifascisti sono fucilati. Per ore i loro corpi restano esposti al pubblico, e chi li vede non dimentica. Poeti e scrittori, attivi nella politica e nella Resistenza, come Alfonso Gatto e Padre Turoldo, o residenti nella zona, come i giovani Tadini e Loi, vivono l'episodio come culmine dell'offesa all'uomo attuata nella guerra civile.
Anna Modena esplora come letterati, intellettuali, artisti e poeti, da Corrado Stajano ad Alfonso Gatto, da padre Turoldo a Franco Loi, passando per Salvatore Quasimodo (con la mediazione di Neruda), abbiano risignificato, rivivificato e ricreato quel grumo doloroso di eventi.
Giovanni Scirocco, infine, traccia il sentiero tortuoso della memoria dalle cronache d’epoca fino al XXI secolo, dal presagio del Duce dopo il 10 agosto ‘44 (“il sangue di piazzale Loreto lo pagheremo caro”) al diffondersi della vulgata anti-antifascista, con la trasformazione di un suolo sacro al culto dei martiri della Resistenza in luogo simbolo della vendetta: tutto ciò che fa di piazzale Loreto un “luogo del trauma”, ovvero, per definizione, del “passato che non passa”.
Abbinamento per bongustai: per completare il quadro, divertitevi a fare raffronti con l’altra recentissima ricostruzione di Massimo Castoldi, Piazzale Loreto. Milano, l’eccidio e il contrappasso, Donzelli 2020.
Gli altri passati di letture
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Libri per approfondire
Di
| Donzelli, 2020Di
| Rizzoli, 2021Di
| Rizzoli, 2021Di
| Bollati Boringhieri, 2019Di
| Laterza, 2005Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
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