Bella storia, quella del punk! E importante.
Un tipo di musica innanzitutto, una forma d’arte ma anche un movimento culturale e una realtà che per anni ha costruito un ponte ideale tra i giovani di mezzo mondo. Simbolo di ribellione, il punk è stato per poco meno di un decennio una delle correnti più influenti della controcultura giovanile in uno dei momenti cruciali del Novecento, vale a dire il tortuoso passaggio che sta tra la nascita dei movimenti giovanili degli anni Sessanta e il disimpegno liberista degli anni Ottanta. Una storia i cui influssi possono essere ancora oggi ritrovati all’interno degli ambienti della cultura alternativa occidentale e che ha segnato un nuovo rapporto tra musica, cultura di massa e impegno politico.
Fondato su un ampio ventaglio di fonti, il libro analizza origini e sviluppi del punk e lo colloca nelle sue reti transnazionali di produzione e mobilitazione: quell'esperienza diventa un osservatorio capace di restituire in modo originale le più ampie trasformazioni culturali e politiche del tempo, con particolare attenzione al caso dell'Italia e della Gran Bretagna.
Alessia Masini, brava storica della politica e delle istituzioni che “sogna di fondare una band”, ha ricostruito in Siamo nati da soli. Punk, Rock e politica in Italia e in Gran Bretagna (1977-1984) (Pacini editore) l’evoluzione del fenomeno punk e il suo impatto sulla scena sociale e politica del vecchio continente. Attraverso l’analisi di una consistente mole di fonti documentarie e testimonianze il saggio ricostruisce con attenzione non solo le linee fondamentali di una vera e propria cultura che a fine anni Settanta esonda dalla sua culla londinese per andare a contaminare la scena continentale, ma ne ricostruisce l’impatto sul mondo giovanile italiano alle prese nel periodo anni Settanta-Ottanta con una delle più grandi trasformazioni culturali mai vissute dal paese. Dagli anni dell’impegno a quelli del disimpegno, il punk rappresenta anche in Italia un tentativo di incanalare la ribellione fatto di sonori “No” urlati in faccia non solo alla cultura dominante, ma anche a quegli spezzoni di pensiero critico che apparivano troppo ingessati e “organici” al mantenimento del sistema.
Bologna è, in quegli anni, il centro di un fenomeno che cerca di ritagliarsi uno spazio di contrasto e rottura, cercando al contempo di tracciare nuove vie di espressione e manifestazione del dissenso.
Un’epopea tutto sommato breve, ma intensa nella propria produttività culturale e che lascia grandi strascichi negli ambienti delle subculture urbane, rimanendo un punto di riferimento per chi, negli anni, ha cercato di contrastare alla cultura dominante e alle sue imposizioni. Perché essere punk è stato e continua a essere soprattutto opporsi, dire “NO”. E opporsi è un ottimo modo per entrare nella storia, e anche per farla.
NON LEGGETELO se pensate che siano solo canzonette: non ci capireste nulla.
NON LEGGETELO se credete che il ‘68 abbia già detto tutto: ci sono altre generazioni che hanno continuato a urlare i propri no.
NON LEGGETELO se pensate che ci voglia la cresta per fare il ribelle. Anche se in affetti a volte aiuta.
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