È un’avventura per gli occhi e per l’animo questo viaggio attraverso le foto inedite del grande fotografo Steve McCurry.
Ci sembra sempre di conoscerlo, di aver colto il significato delle sue opere e della sua arte, ma ancora una volta riesce a sorprenderci. In questa raccolta, gli occhi dei suoi ritratti ci parlano di nuove emozioni e di quella forza primordiale tipica dell'uomo che solo i suoi scatti sembrano in grado di far emergere in superficie.
Il magnifico tripudio di fotografie contenute in questo volume ci restituisce il cuore pulsante del lavoro del fotografo americano, che consiste nel trovare il lato umano nascosto dietro i titoloni dei giornali e, così facendo, ripristinare l'umanità di tutti noi. Ogni fotografia di Steve McCurry è un capolavoro, e sono molti gli scatti del grande fotografo americano ad essere diventati icone del nostro tempo.
Questo perché ogni volta che torna su scenari e luoghi già vissuti, come dice lui stesso in un’intervista di qualche anno fa, non chiede solo all’ambiente di essere nuovo, chiede anche a sé stesso di avere occhi nuovi per vedere ciò che gli era sfuggito in precedenza. Luoghi lontanissimi che sono spesso contesti pericolosi nei quali, da sempre, sembra sentirsi a casa, trovando magicamente – grazie alla sua arte, alla sua innata compassione e al suo sorriso aperto sul nuovo – un modo altro di entrare in contatto e in sintonia con gli uomini, in assenza di una lingua comune.
In queste foto McCurry come sempre fa parlare i volti e gli sguardi ricercandone la bellezza, l’unicità anche dove è più recondita. Una bellezza che, nel suo svelarsi in differenti modi, porta sempre con sé quella dignità della persona che non viene mai meno nei soggetti fotografati, poiché ogni scatto – anche quello non studiato a lungo ma colto in un attimo della vita quotidiana – non è mai rubato ma rientra invece in una sorta di distanza rispettosa del mondo. La cifra che caratterizza la sua arte.
Il libro raccoglie inediti momenti di quotidianità, che – come scrive il saggista e viaggiatore Pico Iyer nella breve introduzione – in queste foto riescono ad unire l’ “estraneo” e il “familiare”. La lontananza dei luoghi, l’esotico delle situazioni, ci portano in mondi distanti dalla nostra vita, ma il tempo del lavoro, quello degli affetti e delle azioni quotidiane, ci avvicina e ci unisce al resto del mondo. La bellezza di questi scatti nasce proprio da quello che percepiamo come uno «scenario insolito eppure di una familiarità struggente».
Così ci sentiamo vicini, in un alternarsi di contrasti e corrispondenze, ai dentisti di strada del Kashmir, ai barbieri del Myanmar nella loro minuscola bottega sul ciglio della strada o al libraio del chiosco di una strada di Calcutta per una sorta di senso di fratellanza che McCurry riesce a riportare in vita dal profondo di ognuno di noi.
Il fotografo ritrae gente comune intenta a svolgere lavori diversi in differenti parti del mondo, ma anche nelle mansioni più umili o svolte in circostanze che hanno dell’incredibile, è l’umanità che è sempre in primo piano, ed è lì che ci riconosciamo in una sorta di empatia che subentra dopo la sorpresa. Lo sguardo del fotografo è lo stesso dei grandi viaggiatori del passato e di quegli artisti che sanno conservare la meraviglia e lo stupore, insieme alla perfezione della tecnica.
Di fronte alle bellissime immagini in cui ci si perde, il duro lavoro preparatorio sembra passare in secondo piano: lo studio che sappiamo essere meticoloso sul gioco di incastri tra bidimensionalità e tridimensionalità della visione, studio delle luci, della prospettiva e della forma, l’attesa estenuante dell’ ”occasione” e dell’attimo fuggevole per creare l’atmosfera ricercata, rientrano nella materia della foto creata. Quello che ci cattura, quello che scaturisce è «qualcosa di indomito: la luce inestinguibile che brilla negli occhi di tutti i suoi soggetti», come mette in evidenza Iyer, che da quarant’anni segue il lavoro di McCurry.
I colori chiassosi dell’India, quelli ricchi di contrasti dell’Avana o di Kabul, il blu che fa da sfondo «con il suo potere taumaturgico» alle due infermiere di Lourdes, ci rimangono nella memoria, ma sono principalmente quegli occhi che parlano in queste foto inedite che non possiamo più dimenticare: lo sguardo del bambino in Mauritania che fissa l’obiettivo mentre protegge la soglia della sua povera dimora con la famiglia sfollata a causa della siccità, lo sguardo della bambina del Benin che porta il suo orsacchiotto nel marsupio sulle spalle o quelli della donna col bambino in Tibet.
Il mondo sullo sfondo ci parla spesso di conflitti, di rovine, di disastri ambientali e del dolore urlato in gran parte della Terra nei campi profughi, ma gli occhi sono spesso in contrasto con quell’orrore, mostrando forza, coraggio e dignità propri dell’animo umano, ripresi spesso anche nei giochi dei bambini su sfondi disumani, come un sorriso aperto sul futuro.
Una fuga dal nostro quotidiano, questo viaggio poetico ed antropologico fra le immagini fotografiche di McCurry: una fuga che però riesce a smuovere la coscienza e da cui torniamo a casa arricchiti, con nuovi occhi ed una maggior consapevolezza del senso profondo di umanità e responsabilità di un mondo che abbiamo, per un tempo limitato, solo in condivisione.
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