Fa caldo, vero?
È una delle frasi che, durante l’estate, più si usa in Giappone. Anche dalle nostre parte, a dirla tutta, solo che noi italiani abbiamo anche la risposta standard, a seconda di dove ci troviamo: «non è il caldo ma è l’umido» se siamo in pianura, e «però il caldo secco fa piacere» se siamo al mare. Ma per i giapponesi diventa quasi un intercalare, così ci dice Vanoli, un saluto, perché l’estate nipponica, torrida e vischiosa, diventa una disposizione dell’umano, un modo di essere.
Ed è solo una, questa che ho scritto qui, delle tante storie che leggerete in Estate.
E da qui torniamo indietro nel tempo, per riscoprire l’estate – tra arte, musica, letteratura – lungo il cammino della storia: nelle violente apparizioni delle divinità greche, nell’arido e potente regno egizio, nelle feste dei santi medievali, nelle messi mature e nella mietitura del grano, nel caldo torrido del mondo coloniale, nell’afa soffocante delle nostre città.
Questo è l’ultimo capitolo della tetralogia dedicata alle stagioni scritta da Alessandro Vanoli. E chiude con la stagione più intensa, più attesa e agognata, quella che noi associamo al riposo, alle ferie, alla tintarella, agli ormoni impazziti. Non lo facciamo per caso, ma perché l’estate ha subito un lungo cambiamento fino ad arrivare a ciò che è oggi. O meglio, non l’estate, ma la nostra percezione di lei.
E così arrivò infine l’estate della nostalgia
Parto da una nota di metodo. Come per gli altri capitoli, anche Estate presenta i suoi capitoli in un ordine cronologico – più o meno, ci sono qua e là digressioni, incursioni, curiosità che interrompono la diacronia. Perciò c’è già qualcosa di estraneo alla nostra concezione dell’estate e, in generale, della stagionalità. Da un lato c’è il tempo della natura, che è il tempo ciclico, che ritorna, e dall’altro il tempo dell’umano, ossessionato dal mettere tutto in fila su una linea un po’ approssimativa ma efficace.
Vanoli compie proprio un’operazione del genere: cerca di trattenere l’estate su una linea, scrivendone i cambiamenti, come abbiamo detto, nella nostra idea. Lo fa con dovizia di particolari, perché ha studiato e letto molto, ma, soprattutto, con straordinaria passione. Salvo poi che accade che questa circolarità delle stagioni – incontenibile, perché qualcosa che va oltre di noi – ogni tanto, anzi, molto spesso, straborda nella linearità, e quindi ci troviamo a compiere un viaggio che nulla ha a che fare con ciò a cui siamo abituati.
Estate ci porta a spasso nel tempo e nello spazio dilatando la storia di una stagione dalle sue origini fino ai giorni nostri non con il rigore del saggio – che sarebbe stato riduttivo – ma con la forza dinamica e dirompente della conversazione. Sembra, leggendo Vanoli, di chiacchierare con lui, di ascoltarlo mentre, incalzato dalle nostre domande, ci racconta tutto ciò che la sua immensa curiosità gli ha fatto scoprire.
Forse è quasi inevitabile trovare qualche tormento nell’estate
Ci racconta perciò delle zanzare subito dopo aver citato Montesquieu, oppure dei personaggi di Shakespeare e dei fantasmi del Giappone, o degli dei greci e del significato del colore giallo in epoca romana e poi per Van Gogh. Ci descrive la reazione chimica che permette alle lucciole di brillare, ci spiega perché X Agosto di Pascoli è tanto importante e da dove arrivi la nostra voglia di vacanze. E quando e perché l’estate è diventata la preoccupazione che è adesso. Troppo lunga, troppo calda, troppo imprevedibile.
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