Mamma è morta stamattina. È la prima volta che mi fa soffrire
Esordisce così Eric-Emmanuel Schmitt nella sua ultima fatica letteraria, Diario di un amore perduto: il racconto intimo e ferocemente personale di uno dei lutti più terribili che possano segnare la vita di un essere umano.
L’autore si mette totalmente a nudo e svela senza alcun pudore il rapporto simbiotico che viveva con la madre: un legame profondo, saldo, unico. Nelle prime pagine si lascia andare ai ricordi d’infanzia, per poi proseguire arrivando alla vita adulta: il viaggio di una vita che Schmitt compie sempre accompagnato dalla propria madre. Con lei condivide numerose passioni, dalla lettura allo sport fino al teatro – sarà proprio la madre a portare lui e la sorella, da bambini, a vedere un’opera teatrale, suscitando l’incanto verso il palcoscenico che diverrà il perno fondamentale di tutta l’attività artistica dell’autore.
Perdere una madre è un lutto che va oltre la disperazione del momento: è un'assenza che risuona nel tempo per anni, se non per sempre. Sul significato della perdita, in un libro tra romanzo e autofiction, riflette l'autore con una profondità inusuale e senza vergogna.
Ritroviamo il solito stile elegante e filosofico a cui l’autore ci ha abituati nei suoi precedenti libri (Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano e La parte dell’altro, giusto per citarne alcuni). Quest’opera è ricca di aforismi e massime sulla vita e sulla morte: «Idiozia della tristezza: segnala solo quello che ci manca. Col dito puntato sull’assenza, indica ciò che non è più. Ossessionata dal nulla. Intelligenza della gioia: indica ciò che c’è. Con gli occhi aperti, si stupisce di essere e di avere ciò che ha. Meravigliata. Per la tristezza il mondo è vuoto, per la gioia è pieno. La tristezza è una mocciosa che denigra. La gioia, una ragazzina che ammira. La tristezza è la smorfia che nega. La gioia, il sorriso che celebra.»
In questo diario intimista e violentemente sincero, Schmitt ci fa entrare nel suo mondo interiore senza riserve, né sconti: percorre tutte le fasi del lutto, dalla negazione di una realtà tanto dura da non poterla sopportare alla negoziazione con il dolore, fino ad arrivare, finalmente, all’accettazione. Nel farlo, lascia che il lettore si immerga totalmente insieme a lui nella disperazione, nelle notti insonni e persino nei suoi pensieri suicidi.
Questo libro, ibrido tra romanzo di formazione e autofiction, rappresenta anche un vero e proprio dietro le quinte sull’attività di scrittura e recitazione dell’autore/attore: negli anni successivi al lutto, mentre gira il mondo in tournée, l’autore si lascia andare a numerose riflessioni sulla scrittura e sul mestiere attoriale. Nel frattempo dalla sua penna scaturiranno anche altri due romanzi: Félix e la fonte invisibile e Madame Pylinska e il segreto di Chopin. A salvarlo, ancora una volta, sarà la sua più fedele compagna: la scrittura.
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