Puoi avere la pace. Oppure puoi avere la libertà. Non sperare di averle tutte e due insieme
Hassan Gufo è uno scrittore iracheno, emigrato in Finlandia; Allah 99 è il suo blog. Raccoglie novantanove interviste. Gli intervistati sono migranti, apolidi; vittime dei conflitti e delle dittature. Come la dottoressa irachena che dal Pronto Soccorso è passata alla musica techno; il panettiere che si è messo a realizzare maschere per i volti sfigurati; il rifugiato afghano in Svezia che diventa fanatico della jihad. Interviste di violenza, razzismo, terrorismo e guerre civili. «Storie senza capo né coda», ma messe insieme come un mosaico.
In Finlandia, lo scrittore iracheno Hassan si è dedicato a una vita sregolata e dissoluta, fatta di sesso e alcool. Ma si dedica anche a qualcos'altro, più nobile: il suo blog, Allah 99, dove raccoglie le voci di quelle persone che sono scappate, come lui, dalla violenza e dal terrorismo.
Ho pensato di creare il blog Allah 99 quando mi è presa la paura di non essere più in grado di scrivere. Non che mi preoccupassi di perdere notorietà o denaro. Sono uno scrittore sconosciuto, vivo da rifugiato in Finlandia e non c’è una sola casa editrice araba che sia stata disposta a pubblicare i miei racconti e le mie poesie
Così dice Hassan Gufo e fa entrare il lettore nel vivo del suo lavoro; dalla ricerca degli intervistati, ai viaggi. Lo immerge nelle storie che colleziona, tirandolo fuori di tanto in tanto, per raccontare di sé, delle esperienze traumatiche che l’hanno coinvolto, dei suoi problemi con l’alcol e la sua passione sfrenata per le donne.
Alla fine di ogni capitolo, Gufo mostra la corrispondenza che intrattiene con Alia, un’amica scrittrice. Così si alternano riflessioni sul senso della vita e della morte; sulla politica irachena; ma soprattutto sulla scrittura, protagonista indiscussa di questo libro.
La scrittura è infatti raccontata e insieme eseguita; sono presenti tre livelli narrativi: quello delle interviste, quello autobiografico e quello delle lettere. I tre livelli avanzano in modo parallelo per la prima parte del romanzo; finché non si sovrappongono quando in uno dei racconti, viene menzionata Alia, l’amica scrittrice. Questa sovrapposizione darà al lettore gli strumenti per padroneggiare il filo narrativo del romanzo. Tanto è bravo Blasim, che riesce a svelare la chiave di lettura del suo mosaico.
Allah 99 è un libro-blog dove l’autore Hassan Blasim si confonde con il suo protagonista-narratore. Come Gufo, anche Blasim è stato costretto a fuggire da Baghdad e a percorrere le pericolose rotte della migrazione. Anche lui è uno scrittore, oltre che un regista e un poeta. Come Gufo, ha mantenuto una fitta corrispondenza con il suo mentore, che lo spingeva a continuare i suoi progetti di scrittura. Così Alia: «(…) anch’io ho passato più di un periodo senza riuscire a scrivere, e persino a leggere. È un fenomeno naturale, anche la terra non si coltiva e non si semina in tutte le stagioni dell’anno». Tuttavia, l’incursione che appare autobiografica non rompe la fiction.
Il linguaggio ha un andamento sinuoso; un termine aulico può essere seguito da uno molto basso e grezzo. E il cinismo si spinge tanto da essere spietato; a tratti volgare. Tutto appare essere ostentato, come una provocazione al moralismo islamico.
Il profeta Muhammad, sempre sia lodato, ha chiarito che Dio ha novantanove nomi che vengono menzionati nel sacro Corano o negli Hadith. «Dio ha novantanove nomi, cento meno uno, e chi li conosce andrà in paradiso», ha detto il messaggero di Dio
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