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Cuori di nebbia di Licia Giaquinto

…ma dai e dai, sera dopo sera, non so come è successo, quelle parole che avevo ascoltato mezzo addormentato, o mentre pensavo ad altro, mi si sono come infilate dentro da qualche parte, e poi senza che me ne accorgessi sono venute fuori proprio come dei semi, che uno pensa sono andati perduti e invece magari in una roccia spunta la pianta che poi sarebbero quelle belle frasi che mi sorgevano dentro di me

Mentre rileggo queste parole, tra le più belle del libro, sebbene siano la riflessione di Filippo, semplice contadino quasi analfabeta, di fronte alla scoperta della letteratura e della poesia, non posso non pensare alla loro efficacia dentro me e alla magia con cui Licia Giaquinto ha saputo descrivere l’azione “procreatrice” della letteratura all’interno dell’animo umano, alle cui sfaccettature si dedica minuziosamente e in modo originale.

Cuori di nebbia
Cuori di nebbia Di Licia Giaquinto;

In questa costellazione torbida di personaggi e situazioni, tutti che si muovono nell'atmosfera placida della pianura padana, la storia irrompe lasciando il suo segno nelle esistenze di cose e persone. Un flusso di coscienza che mette in luce come non ci sia redenzione per chi non si arrende alla propria condizione.

Di primo impatto il titolo e la copertina dal tratto romantico evocano la fiaba o il romanzo, ma già la prima pagina presenta la scena dell’azione come fosse la sceneggiatura di un film, apparentemente estranea a tutto il resto ma il cui senso pieno lo si coglierà solo alla fine per una perfetta composizione ad anello. Nel mentre, quasi fossero fotogrammi, le vite dei protagonisti, che si incrociano senza saperlo, scorrono a brandelli: il loro flusso di coscienza irrompe tra la nebbia avvolgente della pianura padana come pagine sparse di diari diversi.

Leggerle è come attraversare le nebbie interiori proprie e altrui, muoversi attraverso parole che si trasformano in vita vissuta. E così incontri Filippo, Nicola, Francesco, Patrizia, Mirella, Mirko e Natascia che apparentemente non hanno nulla in comune tra di loro se non un male di vivere che è anelito di libertà, e più che spettatori di un quadro dai contorni sfocati a causa di quella nebbia, una volta entrati nei loro meccanismi profondi, ci si ritrova come all’interno di un mondo virtuale del quale si è partecipi ma non del tutto… il loro.

Episodi e riflessioni che hanno il ritmo imprevisto delle emozioni raccontano di una ricerca di felicità che si scontra con la durezza della vita e dei rapporti famigliari delineati in tutte le loro sfaccettature a volte taglienti, così, a voci alternate, quelle pagine di diario disordinate che vanno quasi ricomposte, si genera un romanzo dalla forma del tutto originale e con un livello di scrittura altissimo.

La “semplicità” del flusso di coscienza, intervallata a riflessioni lucide su quanto possa essere beffarda la vita, tiene il ritmo senza essere banale: accelera lì dove sa che il lettore quasi morbosamente ha voglia di sapere cosa succede ed è pronto a ingurgitare parole, per rallentare al momento opportuno nella descrizione di stati emotivi e paesaggistici che si confondono.

La provincia e il mondo rurale descritti sono infatti spaccato socioeconomico degli anni novanta, frutto della caduta del muro di Berlino, i cui effetti si propagheranno in tutta Europa insieme alle persone che in modo diverso arriveranno da quel mondo, fino a qualche anno prima segregato e poverissimo, e il sogno di moltissima gente dell’Est di avere una vita migliore, reso possibile da questa trasformazione epocale, incrocerà infatti senza pietà quello dei protagonisti “del posto”, dove ognuno a modo proprio prova quotidianamente e senza tregua a emanciparsi. La licenza media, le lotte operaie e la libertà sessuale diventano anch’esse protagoniste connotando il romanzo con un’aura quasi politica.

Mettendo al centro la materialità del corpo a cui non ci si può sottrarre, Giaquinto non indugia mai su giudizi morali o di valore, ma delinea ogni personaggio in modo lucido rispetto alle contraddizioni e alle paure dell’animo umano, descrivendo nei minimi particolari il tentativo di ognuno di dar voce alla propria identità: incuriosisce, spiazza, a volte lascia l’amaro in bocca, ma non delude mai.

Se è vero che l’uomo non basta a sé stesso ma ha bisogno dell’altro e fa sempre i conti con la propria storia e la propria coscienza, che non può ignorare, Cuori di nebbia ricorda a gran voce che anche a costo di pagare prezzi altissimi non si può tradire ciò che si è e ciò che si prova lasciando spazio alla rassegnazione.

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