Your job is to serve the book and the writer
Nell’officina dell’editoria si passa quasi sempre in sordina, perché il libro, si dice, lo fa l’autore. Eppure accade, in rari casi eclatanti, che un editor riesca ad affermarsi per la sua capacità di far nascere i libri dagli autori stessi, con pazienza e dedizione. È il caso di Robert Gottlieb, editor statunitense tra i più noti, scomparso ieri all’età di 92 anni a Manhattan. Per le sue mani e sotto la sua matita inclemente sono passati scrittori e scrittrici che oggi tutti conosciamo, da Toni Morrison a John Le Carrè, fino a Salman Rushdie. Lavorò in ruoli dirigenziali nelle case editrici Simon & Schuster nel 1955 e nel 1968 Knopf e per il New Yorker, sempre spregiudicato e capace di tirare fuori il meglio da chi scrive.
Gottlieb ci porta dentro ai film, dalla sua presentazione da parte della M-G-M come “vamp” – formula che lei detestava – fino ai picchi artistici di Margherita Gauthier e Ninotchka. Ma ne approfondisce anche il ritiro dalle scene, così come i ripetuti tentativi di farle cambiare idea, fino a raccontare la sua vita a New York dopo il ritiro – “un’eremita in città” –, e quella in Europa, tra i Rothschild e uomini come Onassis e Churchill.
Un uomo brusco, forse, perché aveva le idee chiare su cosa dovesse essere un libro. Poche parole e tanta cura – dopo anni di lavoro, la soddisfazione più grande che ricevette il suo amico fraterno Robert Caro per un suo libro fu «not bad» – e la capacità di vedere il talento anche oltre la scrittura ingenua e immatura. Come nel caso, e sembra incredibile dirlo ora, di Toni Morrison, che deve a Gottlieb una certa consapevolezza dello scrivere che l’ha poi consacrata al successo che sappiamo.
Un personaggio che era letteratura di per sé, degno protagonista di qualche storia al contempo ironica e profonda – alla Woody Allen, forse –, che collezionava bambole di plastica, con sommo dispiacere della moglie Maria Tucci, attrice, che chiamava i suoi scrittori «dear boy», che non amava i pranzi di gala ma preferiva i suoi hot dog di Central Park. E che fin da bambino leggeva anche quattro libri al giorno, che conosceva a menadito gli autori più importanti, che sapeva come prendere il talento e renderlo alla portata di tutti, scrittori e lettori.
I can write perfectly well — anybody who’s educated can write perfectly well. It’s very, very hard, and I just don’t like the activity. Whereas reading is like breathing
Di
| Sperling & Kupfer, 2013Di
| Mondadori, 2019Di
| Feltrinelli, 2014Di
| Einaudi, 2022Di
| Feltrinelli, 2020Di
| Garzanti, 2007Di
| Garzanti, 2018Di
| Bompiani, 2019Di
| Mondadori, 2017Ti potrebbero interessare
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