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Un anno fa l'addio a Javier Marías, il cantore dell'ombra 

Immagine tratta dal libro "Faranno di me un criminale , di Javier Marías, Passigli, 2007"

Immagine tratta dal libro "Faranno di me un criminale , di Javier Marías, Passigli, 2007"

Non si dovrebbe mai raccontare niente, né dare dati né tirare in ballo storie, né fare in modo che la gente ricordi degli esseri che non sono mai esistiti né hanno mai messo piede su questa terra né attraversato il mondo, o che invece ci sono passati ma erano già in salvo nell’orbo e incerto oblio

Javier Marías

Prendiamo a prestito l’incipit di un libro di Javier Marias, Il tuo volto domani, per dire quanto possiamo essere grati che lui per primo abbia contraddetto in tutta la sua lunga carriera di narratore questo proposito.

Javier Marias moriva un anno fa, a settant’anni, grande romanziere già entrato in vita nel canone della letteratura: oggi, a una giusta distanza, possiamo cercare di capire, attraverso l’opera, qualcosa dello scrittore. Leggere i suoi libri, a cominciare magari dall’ultimo, il bellissimo Tomas Nevinson.

Il narratore del romanzo eponimo, Tomas, è il marito di Berta Isla, protagonista (e intestataria del titolo) del romanzo precedente.

Già: il cosmo narrativo di Marias è attraversato da carsi e relazioni che affiorano di libro in libro, contribuendo alla definizione di un paesaggio – i cui confini spesso si sovrappongono in modo mobile a quelli della storia europea degli ultimi cinquant’anni – che si può frequentare anche in modo “digressivo”, com’è stato scritto spesso, senza cioè rispettare l’obbligo di ripercorrere in modo ordinato le tappe di quella che è stata anche una vicenda editoriale molto articolata e ricca.

A un certo punto del romanzo, è lo stesso Nevinson a riassumere una delle contraddizioni più fertili di domande e conseguenze fra quelle indagate da Marias: «uccidere non è un gesto così estremo se si ha piena nozione di chi si sta uccidendo», sostiene parlando di Hitler e della possibilità di ucciderlo che avrebbero avuto due persone – una reale e una fittizia – non approfittando dell’occasione data loro.

Ma perché la letteratura dei nostri giorni sembra essere ossessionata dal male e da chi lo compie?

Intervistato recentemente sui fatti della guerra perpetrata dalla Federazione Russa all’Ucraina Marias, nel commentare la figura di Putin spiegava come non gli interessasse scrivere di Putin e dei suoi pari, perché «[…] alla fine il male è molto semplice. È ben più complessa la bontà. O, se non la bontà, sono complesse le persone che hanno delle contraddizioni».

E di tante, grandissime contraddizioni sono portatori sani i protagonisti dei suoi romanzi, da sempre. Contraddizioni che incarnano la nevrosi dell’uomo contemporaneo, ma soprattutto il dilemma del confronto di ciascuno con le proprie aspirazioni e le conseguenze delle proprie azioni, delle proprie scelte. I dilemmi morali, insomma, che risuonano anche in molte delle locuzioni shakespeariane che hanno dato il titolo a diverse opere di Marias, da Domani nella battaglia pensa a me a Un cuore così bianco, all'Uomo sentimentale che nel 1992 lo impose all'attenzione internazionale vincendo diversi premi fra i quali il prestigioso (e ricco) International IMPAC Dublin Literary Award. Per saperne di più sui libri "shakespeariani" di Marias, leggi qui la recensione di Maremosso di Domani nella battaglia pensa a me e qui quella dell'Uomo sentimentale

Nell'intervista al Corriere, lo sguardo di Marias si estendeva poi sui doveri dell’intellettuale, e allo spazio che questi riveste nella società contemporanea.

«L’importanza degli intellettuali è diminuita soprattutto perché molti di loro si sono sbagliati, hanno rovinato il loro prestigio difendendo l’indifendibile», aggiungeva lo scrittore traendo ad esempio le posizioni giovanili di Jean Paul Sartre ed estendendo poi la sua riflessione alla responsabilità di cui ogni intellettuale degno di tale nome dev’essere all’altezza.

A quella responsabilità, Marias non si è mai sottratto. La sua è una letteratura engagé nel senso migliore, perché non ideologica ma sempre attenta a considerare l’etica e il bene come oggetti di indagine ai quali richiamare i lettori. Per riuscire in una simile impresa, uno scrittore dev’essere innanzitutto un grande creatore di personaggi. E non è un caso se, nel pantheon dei grandi protagonisti del romanzo contemporaneo, un posto d’onore venga riservato a Berta Isla, a Tomas Nevinson e a tante altre creature scaturite dalla penna di Marias.

Ma Marias, oltre che per i suoi romanzi, verrà ricordato anche per una storia bellissima e curiosa, che ridurre ad aneddoto sarebbe sbagliato, per quanto riesce a mettere in luce del carattere dello scrittore, della sua nobiltà d’animo e della sua convinzione che le lettere e le arti sono una nobile repubblica in evoluzione e della quale tutti possiamo essere cittadini attivi.

Redonda è una micro-nazione centroamericana, un minuscolo territorio che rivendica una indipendenza non riconosciuta da alcun attore giuridico o statuale.

Nel 1865 un banchiere, Matthew Shiel, comprò l’isola e ne ottenne la reggenza direttamente dalla regina Vittoria, ma sub condicione: sarebbe stato re di Redonda solo se non si fosse ribellato al dominio coloniale britannico. Al banchiere succedette il figlio, lo scrittore di fantascienza Matthew Phipps Shiel (autore del bellissimo La nube purpurea), che alla sua morte, avvenuta nel 1947, lasciò i diritti sulle proprie opere e il “trono” di Redonda a John Gawsworth, altro scrittore e suo amico. In assenza di un unico e “legittimo” erede di Gawsworth, il quale avrebbe poi venduto a diverse persone il titolo per problemi economici, Redonda divenne nel 1970 un “regno senza re”. Secondo una delle diverse versioni circolanti, però, tale re fu l’editore Jon Wynne-Tyson, che nel 1997 abdicò in favore di Marías per ringraziarlo del trattamento che lo scrittore gli aveva riservato in uno dei suoi testi.

Da allora, Marias ha elargito “titoli nobiliari” a quelli che lui riteneva essere i più importanti protagonisti della vita culturale europea e internazionale: Francis Ford Coppola e Pedro Almodóvar, ad esempio, sono il duca di Megalópolis e il duca di Trémula, mentre Pietro Citati è stato il duca di Remonstranza e Claudio Magris è tuttora il duca di Segunda Mano.
Chiederemo a Magris il perché di questo stranissimo titolo, non appena ce ne sarà data occasione.

Chiudiamo il nostro breve ricordo con un altro passo tratto da Il tuo volto domani, illuminante quanto più cerca di portarci in una penombra che nell’opera di Marias è spesso uno spazio mentale e filosofico, capace di rivelare attraverso i silenzi. E così salutiamo questo grande cantore dell’ombra.

Tacere, tacere, è la grande aspirazione che nessuno compie nemmeno dopo morto

Javier Marias

Non tacerà, la voce di Javier Marias. Non tacerà.

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Scrittore spagnolo. Nato da da una famiglia di intellettuali anti-franchisti, si laurea all'Università Complutense di Madrid, è considerato uno degli esponenti più significativi della generazione contemporanea. Esordisce nel 1971 con Los dominios del lobo, un romanzo atipico nel quale trasforma in opera narrativa 85 pellicole cinematografiche nordamericane visionate durante una permanenza a Parigi nel 1969. La rottura con la tradizione letteraria spagnola e il desiderio di sperimentalismo sono ancora più marcati in El monarca del tiempo (1978) e El siglo (1983), anche se il suo stile si consoliderà con L’uomo sentimentale (1986, vincitore del Premio Herralde de Novela), romanzo centrato sul tema dell’amore e della morte, ambientato nel mondo dell’opera. Il tema è al centro anche di Un cuore così bianco (1992), che rappresenta un’ulteriore svolta nella scrittura dell’autore, e in Domani nella battaglia pensa a me (1994). Tra le altre opere pubblicate si citano i romanzi Tutte le anime (1984, Premio Ciudad de Barcelona) e Nera schiena del tempo (1998), la raccolta di articoli Selvaggi sentimentali: parole di calcio (1999) e le raccolte di racconti Quand’ero mortale (1996) e Malanimo (1996), Vite scritte (2004), Traversare l'orizzonte (2005), la trilogia de Il tuo volto domani: Febbre e lancia (2003), Ballo e sogno (2007) e Veleno e ombra e addio (2010). Seguono Interpreti di vite (2011), Gli innamoramenti (2012), Così ha inizio il male (2015), Berta Isla (2018), Vite scritte (2019) e Tomás Nevinson (2022). All’attività di scrittore affianca quella di traduttore. Tra le altre, ha tradotto opere di Vladimir Nabokov, Laurence Sterne, William Faulkner, Thomas Hardy, Jerome David Salinger, Robert Louis Stevenson e Seamus Heaney.  Numerosi anche i riconoscimenti ricevuti in Italia, tra cui il Premio Grinzane-Cavour, il Premio Mondello e il Premio Flaiano.Javier Marías è morto a Madrid l'11 settembre 2022 per una polmonite causata dal Covid.Fonte immagine: Edizioni Einaudi, Effigie

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