«Ah, che guaio per gli uomini l’amore!»
«Dipende dalla piega degli eventi»
In un modo o nell’altro – per studi classici, cultura personale o attraverso media più pop – tutti conosciamo Medea. Se non altro la consociamo perché, oggi più che mai, è un personaggio tanto controverso quanto affascinante, che non si può ridurre a nessuna categoria, e, infatti, ha sempre qualcosa di nuovo da dire. Ed è proprio per questo, anche, che Gianmarco Cesario la riporta in scena al Teatro Instabile di Napoli, il 31 marzo, l’1 e il 2 aprile: perché c’è ancora una lettura che, di lei, di Medea, si può fare.
Con Rosalba Di Girolamo nel ruolo della protagonista, Gianni Sallustro in quello di Giasone, Nicla Tirozzi come Nutrice e Ciro Pellegrino come Creonte, e con i giovani attori dell’Accademia Vesuviana del Teatro e Cinema, la Medea di Cesario promette di non assolvere la maga, ma di cercare un punto di contatto tra i due testi più famosi che abbiamo a disposizione, di Euripide e Seneca, per tratteggiarne tutta l’umanità – anche malevola.
Attori solisti e coro si incrociano in scena per dare vita a una tragedia umana che, con gli occhi contemporanei, diventa una tragedia collettiva di emarginazione, sangue e dolore
L’impianto è quello tragico classico, la storia, quella originale, sanguinolenta e appassionata. Siamo a Corinto, dove un sole torrido batte le spiagge e diventa, insieme al mare, il simbolo del viaggio verso terre sconosciute, il simbolo dell’esilio e della distanza da casa. E siamo insieme a Medea, che scopre che Giasone l’abbandonerà per sposare la figlia di Creonte, Glauce, ed è qui che il mondo della donna è ridotto a brandelli: lei che ha ucciso il fratello pur di partire con l’amato, che ha convinto i figli di Pelia ad ammazzare il padre facendolo bollire in un pentolone, ora scopre che tutto è stato vano. Scopre, su quelle spiagge, che l’amore è niente paragonato all’odio, al disprezzo, e all’egoismo.
E così, Medea diventa l’infanticida, la strega, il mostro capace di uccidere i propri figli per vendetta, disperata come nella versione euripidea, spietata e senza scrupoli come in quella senechiana. Qui risiede, non solo nel personaggio femminile, il nuovo punto di vista che ci fornisce Cesario, non più archetipico, ma umano. Medea è una commistione di tanti sentimenti, il più potente dei quali è l’amore, che però è capace di deformarsi al punto da trasformarsi nel suo opposto e di esplodere in una violenza inaudita e mostruosa. Ma c’è anche il tema di un’altra disperazione, quella legata alla lontananza, al sentirsi stranieri e, inevitabilmente, persi.
Medea è, innanzitutto, una donna che soffre per la differenza con il mondo che la circonda, una differenza che agli occhi degli altri diventa una diversità. Innanzitutto, in una società di eroi, è donna, inoltre ha il dono della conoscenza, così come lo stesso Creonte le riconosce, e, infine, una straniera
Sebbene qui non si cerchi di assolvere Medea – la colpa rimane, come da tradizione –, si sente più di tutto la condizione di decentramento della donna rispetto a tutto il resto. Non solo come straniera in una terra che non le appartiene e dov’è stata abbandonata, ma come donna in un mondo di uomini che non la riconoscono e che anzi la incastonano in un ruolo di strega e folle. Da un lato, infatti, il coro di Euripide – gli uomini che accusano Medea, che rappresentano il mondo greco, fortemente patriarcale nel V secolo –, dall’altro quello di Seneca, donne che, pur tenute in una condizione di inferiorità, sono entrate a far parte del meccanismo. Tirata a fondo da queste due forze, Medea, donna che è individuo e come tale vuole smarcarsi dalla condizione che le è imposta. E vi riesce, a costo di perdere ogni altra cosa, compresi i suoi figli.
Il regista
Gianmarco Cesario è drammaturgo, docente di Storia del teatro presso numerose accademie di recitazione, e giornalista, ha al suo attivo diverse esperienze anche come regista, che, nel corso degli ultimi trent’anni, lo ha portato ad affrontare autori e stili diversi: dai grandi classici di Sofocle (Edipo Re), Shakespeare (La Dodicesima notte e Sogno di una notte di mezza estate), Machiavelli (La Mandragola), Moliere (Don Giovanni) ai grandi del XX secolo, quali Federico Garcia Lorca (Nozze di sangue), Tennessee Williams (Un tram che si chiama Desiderio e La Gatta sul tetto che scotta) e Ariel Dorfman (La Morte e la Fanciulla), ma anche autori contemporanei, quali Luciana Luppi (Libertà di scelta) e Marina Salvetti (Io sono Fedra), senza disdegnare incursioni nel repertorio comico con le farse di Cechov, Labiche, Petito e Vincenzo Scarpetta.
Orari e giorni dello spettacolo
Teatro Instabile di Napoli, vico del Fico al Purgatorio 31 – Napoli
Venerdì 31 marzo, ore 21, sabato 1, ore 20, e domenica 2 aprile, ore 18
Di
| Feltrinelli, 2014Di
| E/O, 2019Di
| E/O, 2000Di
| Rizzoli, 1989Di
| Garzanti, 2020Di
| Carocci, 2023Di
| Mondadori, 2020Di
| Il Mulino, 2017Di
| Abscondita, 2017Ti potrebbero interessare
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