La redazione segnala

Riccardo Magrini: vincere una tappa al Giro ti cambia la carriera

Ci sono tanti modi di intendere il ciclismo, ma nell’immaginario collettivo le imprese memorabili sono quelle firmate dai grandi scalatori.
Con questo spirito Riccardo Magrini (ex ciclista, direttore sportivo e da qualche anno commentatore per Europort) e Luca Gregorio (anche lui voce di Eurosport), hanno da poco pubblicato Vicini alle nuvole (Hoepli): una guida ai grandi scalatori del ciclismo moderno.

A poche ore dall’inizio della 106esima edizione del Giro d’Italia, il libro è stata un’occasione per dialogare con Magrini e per fare un punto tra il ciclismo di ieri e di oggi senza dimenticare mai che il punto di partenza e di arrivo di questo sport è soltanto uno: la gente.

Sei in libreria con Vicini alla nuvole. Da dove arriva l’idea del libro? 
Nasce dall’amicizia che mi lega al giornalista Alessandro Bonan che cura la collana sportiva della Hoepli. Alessandro ha chiesto a me e a Luca di immaginarci un libro sul ciclismo e noi abbiamo subito pensato a un testo sugli scalatori moderni. Non volevamo un libro storico e se vuoi anche poco innovativo. Ci piaceva l’idea di poter raccontare gli scalatori di oggi, quelli che commentiamo e che tifiamo.

Il sottotitolo recita “I grandi scalatori del ciclismo moderno”. Che differenza c’è con quelli di una volta?
Che oggi per esempio uno scalatore come Tadej Pogačar può vincere sia i grandi giri sia le classiche. La modernità è tutta qui. Non esiste più lo scalatore di una volta che domina in salita, ma poi non vince.

Facciamo un gioco: ti nomino alcuni corridori presenti nel libro e per ognuno ti chiedo un breve pensiero. Partiamo con Alberto Contador.
Mi ha entusiasmato andando forte in salita e vincendo. Quando si alzava sui pedali era emozionante.

Marco Pantani.
Lui è quello che ha fatto innamorare tanta gente di questo sport. Con lui ho lavorato nel 2002 come direttore sportivo alla Mercatone Uno. Fu lui che mi volle. Lo conoscevo bene anche al di fuori delle corse. C’era tanto affetto.

Vincenzo Nibali.
Lo conosco da ragazzino e l’ho visto crescere e maturare. Oggi è difficile per un atleta ripercorrere la sua carriera. Almeno se penso agli italiani, non ne vedo molti. Per assurdo lui che andava forte in salita vinse una Milano - Sanremo incredibile. Una corsa che non era nelle sue corde!

Chris Froome.

L’ho soprannominato il frullatore per come interpretava le salite e per il ritmo di pedalata che teneva. Resterà per sempre la sua azione sul Colle delle Finestre con cui vinse un Giro d’Italia che lo vedeva quasi spacciato. Un’impresa antica. Anzi, moderno – antica!

Tadej Pogačar.
Sai che a tutti i corridori io do un nomignolo e per me lui è il bimbo. Mi accusano di essere troppo tifoso di Pogačar ma coma fai a non esserlo? È giovanissimo e non si sa quanto potrà ancora stupirci! 

Parlando di Pantani, tra poco celebreremo i 25 anni della sua doppietta Giro e Tour de France. Cosa ricordi del 1998 di Pantani? 
Fu clamoroso. Vinse il Giro alla sua maniera. Quando poi andò al Tour nessuno pensava che potesse ripetersi. La prima tappa fu disastrosa, ma seppe ribaltare la situazione. Quello che fece salendo sul Galibier è nell’immaginario collettivo. Quando si alzava sui pedali fermava il mondo e poi come i grandi campioni… se da lui ti aspettavi l’impresa poi non ti tradiva.

Pantani è anche nella copertina del libro…
Come fai a non metterlo? A non rendergli omaggio?

A proposito di anniversari: sono passati 40 anni delle tue vittorie di tappa al Giro e al Tour? Te lo ricordavi?
(Ride - ndr) Certo! Quell’anno vinsi da gregario due tappe in due grandi giri: a Montefiascone e a île d'Oléron. Fu qualcosa di eccezionale, un’annata fantastica. Mi viene il magone se penso che sono passati così tanti anni. Devo dire che soprattutto la vittoria al Tour la penso spesso perché quando vinci in Francia sei marchiato a vita e la gente si ricorda di te. 

Festeggerai?
Punto a festeggiare i 50 anni! (Ride - ndr)

Il Giro d’Italia è imminente. Tu che lo hai corso ci racconti cosa significa affrontare quelle tre settimane?

Per un italiano è sicuramente la corsa più bella perché sei per venti giorni sotto i riflettori. Tutti ne parlano e anche chi segue poco il ciclismo si interessa. Quando vinsi la tappa a Montefiascone Adriano De Zan mi chiese: Ora che hai vinto cosa cambia? A me non cambiava nulla, ma vinsi di sabato e c’era tanta gente davanti alla televisione. Fu un’occasione per farmi conoscere. A un italiano vincere una tappa al Giro può cambiare la carriera.

Che Giro vedremo?

Ci sarà lo scontro tra Remco Evenepoel e Primož Roglič. Entrambi sanno come si vincono le corse a tappe. Sarà un Giro duro ed esigente, con tante salite. Secondo me vincerà Roglič, ma se dovesse vincere Evenepoel sarebbe una bellissima immagine vedere il campione del mondo in carica con la maglia rosa.

C’è un’espressione che ti accompagna da anni… prima di salutarci ci racconti cos’è una fagianata?

È un termine che uso quando un corridore va in fuga senza fare un vero e proprio scatto. Fa proprio come i fagiani che spiccano il volo a piccoli passi. Ecco: la fagianata non è altro che andare via piano piano, quasi indifferentemente, e poi all’improvviso ti ritrovi lontano e in volo!

Per approfondire

Vicini alle nuvole. I grandi scalatori del ciclismo moderno

Di Luca GregorioRiccardo Magrini | Hoepli, 2023

Fagianate, scatti e scie

Di Luca GregorioRiccardo Magrini | Rizzoli, 2019

La quinta tappa

Di Vincenzo NibaliMarco Pastonesi | Rizzoli Lizard, 2018

Di furore e lealtà. La mia vita raccontata a Enrico Brizzi

Di Vincenzo NibaliEnrico Brizzi | Mondadori, 2016

Pantani era un dio

Di Marco Pastonesi | 66thand2nd, 2014

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