vuole leggere le vostre penne!
Se sei curioso di sapere cos'è Ci metto la penna, trovi tutte le informazioni in fondo all'articolo!
Edward, Catania | 14.05.23
Ciao redazione,
ci metto la penna sul tema d'aprile con Questo corpo de La Rappresentante di Lista.
La canzone va contro il paradigma della modernità che vuole il corpo come una macchina perfetta e funzionale. Il testo ritrae l’intimità del rapporto con il proprio corpo in cui diventa necessario essere liberi essendo questo l’unico mezzo che abbiamo a disposizione per fare esperienze nella vita.
Il femminile, poi, risulta centrale anche nel video del brano dove è evidente il rimando all’Anasyrma e ai suoi effetti apotropaici oppure alla dea dell’oscenità Baubo. A presto, maremossine e maremossini!
Elisa, Ferrara | 9.05.23
Abito un corpo che è vittima e carnefice, un corpo che vorrei consolare e proteggere ma che allo stesso tempo non riesco a perdonare. Le mie giornate dipendono dal mio corpo. Quali vestiti indossare, cosa mangiare, quali attività fare, quanto allontanarmi da casa. Tutto dipende dallo stato del mio corpo, per questo ogni mattina resto ferma nel letto a scansionare ogni parte di me. Ho imparato a farlo con minuzia, in cerca di indizi nascosti. Ho visto il mio corpo cambiare e per tanto tempo ho evitato gli specchi, l'immagine riflessa in cui mi vedevo come un frutto ammaccato, in cui mi sentivo impotente. Sto reimparando a guardarmi con sguardo compassionevole e non giudicante. Mi piace pensare che il mio corpo sia il libro della mia vita. La mia pelle ha voce e racconta di me. Sto imparando a leggermi, ascoltarmi, accogliermi, guardare oltre verso tutto ciò che sono al di là di questa carne viva che mi circonda. Grazie Maremosso per aver creato questo spazio in cui nuotare con voi!
Maria, Pavia | 08.05.23
“Dobbiamo fermarci in tempo, prima di diventare quello che gli altri si aspettano che siamo”. Trovo che queste parole siano sempre attuali. Essere sé stessi al giorno d’oggi è una sfida: la società in cui viviamo ci propone tanti modelli di perfezione da imitare, facendoci sentire inadeguati se non ci riusciamo. Curiosando sul vocabolario, tra le varie definizioni di perfezione, ho trovato questa: “Stato, qualità di ciò che è eccellente, esente da difetti, non suscettibile di miglioramenti”. Com’è possibile che un essere umano, perennemente in divenire, arrivi ad un punto in cui non può più migliorarsi? E come potremmo cristallizzarci in una forma che non ci appartiene?
Non capisco come la società si aspetti che le persone siano coerenti con questi ideali di bellezza che propone, quando è essa stessa a cambiare i canoni di questi ultimi anche a distanza di poco tempo. La società si erge a giudice, piovono sui nostri corpi i giudizi degli altri, vuoti, ma così pesanti per chi li riceve. Un libro molto bello che penso possa aiutare tutti ad amarsi un po’ di più è Cosa ti manca per essere felice? di Simona Atzori, una donna che non conosce limiti ma trova infinite opportunità, cogliendo quella più preziosa: vivere essendo sé stessa, dimostrando al mondo come non ci sia un unico modo per vivere perché “la diversità è ovunque, è l'unica cosa che ci accomuna tutti”. Grazie per l'attenzione e buon lavoro. PS.: bellissima iniziativa!
Sara, Milano | 05.05.23
Cara redazione di Maremosso,
riflettere sulla percezione dei corpi è sempre difficile: se stiamo bene con il nostro corpo, allora diventa un asset, qualcosa su cui contare; se, al contrario, per qualche ragione non ci troviamo con l'immagine di noi che viene restituita al mondo, il corpo diventa una prigione che condiziona ogni nostro atto. L'immagine non è certo la cosa più importante, la sostanza sta altrove e lo sappiamo tutti; ma non sempre è facile tenerlo a mente. "Diff'rent" is nice, but it sure isn't pretty; "Pretty" is what it's about. I never met anyone who was "diff'rent" who couldn't figure that out" diceva una canzone; e la riflessione che mi sento di fare oggi è questa: come cambierebbero le storie dei nostri eroi e delle nostre eroine preferite se si trovassero ad avere un corpo diverso? Darcy sarebbe comunque incantato dagli occhi di Elizabeth, se lei fosse sovrappeso?
Alessandra, Roma | 04.05.23
Ho scoperto di avere un corpo a ventidue anni. Ho scoperto di essere anche corpo e non solo di abitarlo. Ho appreso, tra le altre, il significato delle parole endomidollare e attesa. Non conoscevo la prima, mi ero illusa di conoscere la seconda. I libri, acquistati o regalati, mi sono stati accanto, materia viva in grado di raccontarmi quanto in quei mesi pensavo di non essere più in grado di fare. “E se non torno a camminare?” era ciò che avevo paura di dire ad alta voce e chiedevo solo a me stessa. Oggi, a qualche anno e cicatrice di distanza, sento il mio corpo, ne riconosco le trasformazioni. Lo guardo con compassione (nel suo primo significato, con partecipazione, comunione) quando non risponde all’immagine nella mia testa, lo ammiro quando è in grado di fare ciò che non mi aspetto, quando resiste agli sforzi, quando mi accompagna. Lo abbraccio. Mi abbraccio. Non lo avevo mai fatto prima. Consiglio: Dentro la sala degli specchi di Liv Strömquist.
Margherita, Como | 03.05.23
Mi è capitato di recente di vedere il film The Whale. È quel tipo di film che fa riflettere e con il quale ti porti a casa un pensiero che non svanisce nel breve tempo. Ho in mente ancora una scena del film: il protagonista, dopo essersi sempre nascosto a tutti per vergogna del suo aspetto, improvvisamente si accorge che il fattorino, che è solito lasciargli la pizza nel portico di casa la sera, ha aspettato che uscisse per conoscerlo poiché curioso di chi fosse il misterioso cliente. Improvvisamente gli occhi di Charlie e del ragazzo si incontrano e l’espressione di disgusto del fattorino penso avrebbe distrutto il cuore anche dell’anima più forte di questo mondo. Mi sono sentita crollare il mondo addosso. Perché proviamo disgusto davanti a un uomo evidentemente seriamente malato? Il problema di Charlie è che la sua malattia è evidente, segna in modo indelebile il suo corpo… ma se si potesse vedere all’esterno ciò che molti di noi si portano dentro probabilmente saremmo tutti terribilmente sfigurati. Allora perché ci sentiamo in diritto di poter definire il concetto di “normalità” esteriore, di “bellezza”? Cos’è la bellezza? Questa non potrebbe esistere davanti alla sincerità di un essere umano, ci sarebbe solo un corpo che si trasforma o appare a seconda del percorso di vita che ha dovuto sopportare e supportare. Se noi riuscissimo a scolpire questo ragionamento nel nostro quotidiano, forse, riusciremmo a salvare tante anime dal buio profondo in cui l’inutile giudizio altrui le costringe a sprofondare.
Davide, Milano | 02.05.23
Salve a tutti.
Anche io come Charlie sono un professore, e ogni giorno ho la fortuna di trascorrere del tempo con la realtà dei ragazzi adolescenti di questa generazione. Purtroppo è innegabile che al giorno d’oggi la propria immagine per come viene percepita da noi stessi e dagli altri influisca enormemente sullo stato d’animo dell’individuo. Spesso mi capita di guardare i miei ragazzi mentre si fanno delle foto, oppure quando pubblicano qualche post / storia su Instagram e non è raro che molto spesso si mettano una mano di fronte al viso per coprirsi, assumano espressioni innaturali e forzate, oppure evitino proprio di farsi catturare dalla camera. Proprio come se volessero nascondersi o scappare. Questo comportamento per quanto possa sembrare un’azione spontanea ed innocente credo nasconda una realtà molto più triste. Gli adolescenti più di tutti sono soggetti al giudizio degli altri e le ultime generazioni hanno subito maggiormente l’influenza dovuta al “culto dell’immagine” presente nei social media. Il messaggio proveniente da queste piattaforme è chiaro: se sei esteticamente perfetto avrai la strada spianata per il successo, altrimenti sei come tutti gli altri. L’accettazione sociale è un tema particolarmente rilevante nella vita di un teenager e al giorno d’oggi più che mai si percepisce l’esistenza di una sorta di gerarchia estetica per scalare la quale spesso gli adolescenti arrivano ad ossessionarsi, facendo del male a se stessi e agli altri. Tutti cercano la strada facile, ed avere la fortuna di un patrimonio genetico invidiabile garantirà sempre e comunque un elevato grado di favoritismo in qualunque ambito della vita (lavorativo, sociale, emotivo…). Sarebbe bello tuttavia poter spiegare alle nuove generazioni che il Valore di una persona, cioè che rende speciale e interessante un individuo è ben nascosto sotto la insipida superficie estetica.
Teresa, Perugia | 02.05.23
Un corpo privo di giudizi lo immagino della stessa consistenza degli orologi di Dalì nell'opera La persistenza della memoria: cos'è un orologio privo dell'assolutezza del tempo? È come un corpo privo di giudizi. Una sostanza molle, priva della sua consistenza e della natura che sembrava lo definisse. Così come il tempo continua ad esistere e ad assumere il proprio valore incommensurabile senza un oggetto che lo definisca, così l'anima rappresentata da un corpo resta nobile, pur senza il suo involucro tanto valorizzato, che, privato invece dell'anima, cade al suolo floscio. Il corpo è un mezzo, attraverso il quale si possono compiere infinite azioni, con il quale si possono apprendere mille arti, è il mezzo di espressione dell'anima. Cosa c'entra tutto questo con la privazione dei giudizi? I giudizi non sono solo quelli negativi, quelli severi o quelli superficiali. Giudizio è la capacità individuale di valutare o definire un corpo. Ecco perché il modo migliore per svuotare i corpi dall'occhio critico dei giudizi è per me svuotarli anche delle infinite capacità di espressione ed esistenza di cui dotano l'anima. Una volta recuperata l'essenza dei corpi, che possano essere magri o grassi, alti o bassi, con le smagliature o senza muscoli, restano solo le infinite possibilità che un corpo offre, a partire dalla semplice ed inestimabile possibilità di dare consistenza all'anima, quindi alla propria vita. Invece di un libro, mi sento di consigliare un album: Prisoner 709 di Caparezza.
Lucia, Grottaglie (TA) | 02.05.23
Buongiorno,
trovo molto interessante questo tema e questa iniziativa. Il corpo è stato la mia ossessione e la prigione nella quale mi sono fatta rinchiudere da un giudizio che si fermava al semplice vedermi senza conoscermi, alla leggerezza con la quale a volte diciamo le cose, senza preoccuparci dell'altro. Così ci sono rimasta dentro a quella gabbia, a quella frase fino a sprofondare e non riconoscere più il mio riflesso nello specchio, fino a perdere la forza che mi aveva sempre contraddistinta… anche rispetto ai maschi… ma ha vinto la "me" oltre il corpo… e tutta la forza che ho impiegato per resistere alla fame l'ho spostata sullo sport… sulla resistenza… su quel non essermi mai identificata nel "sesso fragile" e cercando questa volta di ascoltarla la fame ma la "fame di vita" che a dispetto di tutto non mi aveva mai abbandonata. Volevo essere una farfalla di Michela Marzano è il libro che ho letto e dove in parte mi sono ritrovata.
Giulia, Milano | 29.04.23
Cara redazione di Maremosso,
trovo impossibile scorporare il giudizio da qualsiasi forma di osservazione del nostro mondo. Ogni qualvolta veniamo investiti da un’immagine o un pensiero, è nella natura umana formulare un’opinione o un punto di vista al riguardo; a maggior ragione se si tratta dell’aspetto fisico, che oggi ha dei canoni estetici (purtroppo) ben delineati. Sarebbe interessante proporre qualche studio su come questi ultimi siano stati rappresentati nel corso della storia attraverso l’arte o altre forme, e come sono cambiati (se sono cambiati) anche in base alle diverse coordinate geografiche. La mia personale opinione è che il mondo è bello perché è vario e non siamo nati diversi gli uni dagli altri per poi doverci piegare ad assurdi regimi che ci consentano di raggiungere la forma perfetta (che, spoiler, non esiste). Colgo l’occasione per ringraziarvi di questo nuovo progetto che dedicate ai vostri fedeli lettori. Un affettuoso saluto.
Anna, Parma | 28.04.23
Sono cosciente di quanto il corpo sia compagno e "aggressore" del nostro stato fisico, morale, emotivo. La parte da "aggressore" la percepisci poi alla massima potenza quando sei ragazzina e appena dopo, e se non costruisci le giuste "resistenze" emotive può diventare un mostro. Questa parte -dico di certo una banalità - è alimentata da questo mondo social e consumistico, dove persino i manichini nelle vetrine hanno forme irreali. Al netto delle patologie che fanno storia a sé, è proprio su questo punto che la rabbia che provo è grande. Nei confronti del mondo che dà in pasto all'insoddisfazione perenne la parte più fragile di noi e nei confronti di me stessa, per non saperla difendere con una delle certezze più grandi: essere belli è una questione che ha a che fare con l'anima; essere fighi significa sentirsi tali, quando il tuo corpo lo fai diventare solo un buon compagno di squadra, qualunque sia la sua forma o i suoi limiti. Ma so anche che esseri umani, invece, significa cedere alle volte, sentirsi sbagliati per ciò che si vede in giro e, subito dopo, arrabbiati per questo.
Ambra, Milano | 27.04.23
Il giudizio è insito nella natura umana per cui non penso sia possibile evitarlo, quello che mi auguro è che si impari a mettere da parte il proprio giudizio sui corpi altrui per concentrarsi sulle loro potenzialità e capacità.
Chiara, Milano | 27.04.23
Penso sia difficile non farsi investire da questa ossessione per il corpo. Gli anni passano, cambiano i canoni di ciò che viene considerato “bello”, ma una cosa resta sempre presente: il giudizio. Verso l’altro, verso il diverso, verso noi stessi. Ci diciamo che siamo “troppo” e quel troppo non ci fa mai sentire abbastanza.
Ps. Bellissima iniziativa!
Eclipse / Mauro, Verona | 26.04.23
Ah, il corpo! Corpo nostro, corpo altrui; sangue, ossa, muscoli, tendini; cuore che batte in sincrono con il mondo, oppure fuori fase; corpo sincero ma goffo, altro da sé, atto a ferirsi picchiando contro gli spigoli del mondo (lo fa benissimo!). Che mi viene in mente? I due libri di Lewis Carroll (il reverendo Dodgson)... Alice in Wonderland e Through the looking glass (in inglese 'fa figo' e si risparmiano parole, che costano un baiocco!). Sì, perché quella di Alice è una storia che ha diversi livelli di lettura: è una favola con personaggi bizzarri (mai visti di simili), un coacervo di giochi di parole e non-sense, una satira del rigido sistema educativo inglese (bastone e carota), un'allegoria (oh sì!) del passaggio dall'infanzia all'adolescenza, che Carroll identificava con la perdita dell'innocenza: una fanciulla, con la comparsa del ciclo mestruale, annuncia al mondo la propria disponibilità ad essere moglie e madre. Basta? Certo che no! Ogni volta che Alice mangia o beve (contravvenendo alle regole) il suo corpo si trasforma; diventa più grande o più piccolo e - inevitabilmente - Alice si caccia nei guai. Eppure lo sa, la bimba... e lo ripete in continuazione a se stessa: "Alice, non mangiare cose che non conosci, perché non sai cosa ti potrà capitare...". Il suo essere corporeo si rivela continuamente inadeguato: le rose la deridono ("mai visto un fiore così strano"), la Regina la vuol decapitare (via la testa e con quella il cervello, la ragione, il discernimento). Per uscirne, ad Alice si presentano due scelte: fermare il tempo, come il Cappellaio Matto (che ha l'orologio rotto e fermo sulle 17), oppure essere promossa Regina (diventare donna, appunto) al termine della partita a scacchi, fuggire dal sogno e tornare nel mondo reale, dove i libri (quelli seri) sono privi di figure e tanto tanto noiosi.
Ciao, maremossine/i
Queste cose incredibili e oneste che avete scritto, sono quelle a essere importanti
Lo dice anche lui.
Charlie, il professore di inglese via Zoom rigorosamente a telecamera spenta, avvisa i suoi studenti che nulla è più importante del dare all'onestà una penna e un foglio di carta su cui scrivere.
Patologicamente obeso e chiuso nelle quattro mura del suo appartamento, è il protagonista di The Whale, film Premio Oscar 2023 di Darren Aronofsky. In questa pellicola il corpo è raffigurato come una trappola, trasformazione inarrestabile che non può fare a meno di costringere le persone a essere vittime di discriminazione, giudizio, persino disgusto.
Che sia in termini di grassofobia o del suo esatto contrario, da qui è partito il nostro primo tema di discussione che avete accolto con sensibilità, entusiasmo e partecipazione.
La redazione si riserva di non pubblicare i contenuti che ritiene irrispettosi verso le persone e/o che contengano volgarità ed eccedenze linguistiche
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Sappiamo come la lettura di un libro possa non solo informarci, ma anche aiutarci, soprattutto se parliamo di temi attuali, che sentiamo vicini o che abbiamo persino vissuto sulla nostra pelle.
Quanto sarebbe bello dare ai pensieri il tempo?
Il tempo per sedimentare, il tempo per decantare: dare a noi il tempo di ragionare, scrivendo e leggendo. E Maremosso vuole conoscere i pareri dei suoi lettori, di chi ha voglia di condividere con noi pensieri, esperienze e opinioni, con attenzione e sentimento.
In poche parole, vogliamo che vi uniate a noi mettendoci la penna.
Ogni mese vi proporremo uno spunto su cui riflettere, corredato da una breve bibliografia che ci piacerebbe alimentaste voi con consigli di lettura.
Settimanalmente, aggiorneremo l'articolo con i vostri commenti inviati alla casella di posta di Maremosso: i vostri pareri, le vostre emozioni, anche i vostri vissuti se vorrete, ai quali daremo lo spazio che meritano.
Sarà sufficiente un testo tra le 700-800 battute (più di un tweet e un po’ meno di un post su Instagram), firmato con il vostro nome e la città da cui scrivete.
Noi della redazione leggeremo le vostre "penne" e le pubblicheremo, così che entriate a tutti gli effetti a far parte della nostra ciurma.
Siete pronti a salpare per il mare insieme a noi?
Di
| GAEditori, 2022Di
| Il Saggiatore, 2022Di
| Eris, 2021Di
| Feltrinelli, 2023Di
| Meltemi, 2021Di
| Giunti Editore, 2016Di
| Mondadori, 2019Di
| Fandango Libri, 2022Di
| Mondadori, 2011Ti potrebbero interessare
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