Noi libraie e librai (e sfido chiunque a dire che non è vero) abbiamo, verso i libri, un po’ la sindrome del Pippo Baudo, quella de “l’ho scoperto io”. Ci piace leggere i libri prima degli altri e pensare di aver messo i piedi su un territorio inesplorato, un po’ come i ragazzi raccontati da Bertolucci in The Dreamers, quelli che si sedevano in prima fila per ricevere l’immagine per primi.
Normalmente nella nostra libreria riusciamo a bilanciare questo sentimento, anche perché ognuno ha un suo campo di interessi: c’è chi ama il western, chi gli americani in toto, chi il noir, chi i libri tradotti dallo yiddish, chi gli interni borghesi italiani… e, normalmente, per marcare il nostro territorio, ma anche per far arrivare i libri che più amiamo anche ai lettori più timidi, mettiamo il bollino rosso con il consiglio del libraio.
Poi ad aprile è arrivato lui: Un piede in paradiso di Ron Rash, edito da La Nuova Frontiera e tradotto da Tommaso Pincio ed è iniziata la guerra per poter mettere il bollino.
Sullo sfondo di una comunità condannata a sparire seguiamo, attraverso cinque differenti voci, una narrazione tellurica che ci racconta una storia di amore e verità sommerse.
Un piede in paradiso è un romanzo che ci ha lasciati senza parole: siamo a Oconee, una contea sugli Appalachi e durante un’estate particolarmente torrida, in cui tutto sta per cambiare, un uomo scompare senza lasciar tracce. Sembra la classica trama del bel giallo e invece ci ritroviamo a leggere una storia umana, strettamente legata al richiamo della natura e a quello che l’uomo è disposto a fare per risponderle, un romanzo dove le debolezze, ma anche la forza dell’uomo sono solo l’ennesimo strumento che la natura utilizza per far seguire il suo corso, rendendo la vita di ognuno al pari di quella di un attore in una tragedia greca, dove il senso della fine si respira già nel suo inizio.
La scomparsa di Holland Winchester, un uomo che ha la bellezza ruvida e disperata di uno che non si dimentica facilmente, viene raccontata con empatia, dolcezza, rabbia e soprattutto amarezza, quell’amarezza che ammanta i boschi di Oconee mentre il giorno che muore brucia, con i suoi ultimi raggi di sole, tutto quello su cui si poggia.
Non fatevi imbrogliare dai richiami all’estate di questo libro, perché è una lettura perfetta per l’autunno, quando la malinconia estiva tende a trasformarsi in torpore invernale.
E, se passate nella nostra libreria, sappiate che di bollini sulla copertina ce ne sono ben 4, nessuno ha voluto cedere il proprio.
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