Il libro di cui hai bisogno si trova accanto a quello che cerchi
Mi avvio verso la fine con una ristampa eccellente di un fuori catalogo storico – noi librai e libraie saltiamo di gioia quando accadono queste cose – che del concetto di cambio di prospettiva potrebbe essere l’archetipo. Sto parlando di Un oscuro scrutare di Philip K. Dick, appena ripubblicato da Mondadori nella nuova collana dedicata all’autore di fantascienza. Bob Arctor / Fred, conduce una doppia vita come infiltrato della Narcotici in una Los Angeles appena accennata nella quale circola una misteriosa droga: la sostanza M., che porta il cervello a deteriorarsi rapidamente rendendo necessaria la disintossicazione in appositi centri specializzati. Come infiltrato, Bob deve assumere la sostanza M. per meglio amalgamarsi nel gruppo di drogati che deve incastrare; come agente della Narcotici, quando è in ufficio, deve invece sbobinare ore di materiale audio-visuale – raccolto attraverso le telecamere presenti nella casa in cui vive insieme al gruppo di cui sopra – in cui si trova a spiare – scrutare – sé stesso osservandosi dall’esterno nella sua nuova condizione di drogato e restando sgomento per tutte le azioni e conversazioni che non ricorda di aver compiuto. Questa frammentazione dell’io lo getterà progressivamente in una spirale di paranoia in cui le prospettive si sovrappongono fino a collidere e collassare rivelando al lettore l’oscuro retroscena di tutta la vicenda. La nota dell’autore al termine della storia contiene uno sconfortante elenco di persone che “sono state punite eccessivamente per quello che hanno fatto. Volevano divertirsi, ma si comportarono come quei bambini che giocano per strada, che per quanto possano vedere come ciascuno di loro, l’uno dopo l’altro, rimanga ucciso, travolto, mutilato, annientato, non per questo smettono di giocare”.
Concludo con un saggio, che nonostante sia stato pubblicato più di quarant’anni fa, ha ancora molto da dire e resta uno strumento validissimo per indagare alcune dinamiche prettamente femminili (ma leggete fino alla fine, che qui non si esclude nessuno!). La prospettiva che Clarissa Pinkola Estés ci chiede di abbandonare in Donne che corrono coi lupi è quella delle fiabe come semplice mezzo d’intrattenimento. La psicoanalista junghiana ribalta infatti il punto di vista su alcune fiabe, dalle più comuni a quelle più insolite, estrapolate da varie culture, per analizzarle da un punto di vista psicologico e archetipico. A partire dal racconto – per esteso – delle fiabe che si propone di analizzare, l’autrice individua quindici archetipi del femminile che ne mostrano le diverse sfaccettature in un macro-racconto corale all’insegna dell’intuito e della riscoperta del selvaggio. Si tratta di un libro sicuramente non leggero da spizzicare anche a piccole dosi, magari intervallando altre letture. Ma è un’esperienza di auto-analisi che consiglio spassionatamente. E, a proposito di prospettive e soprattutto per rispettare la promessa fatta nella parentesi aperta qualche riga più in su, sulla quarta di copertina è riportata una recensione di Sam Keen, autore di Nel ventre dell’eroe che consiglia questo libro anche “agli uomini che osano correre con le donne che corrono coi lupi”.
Questa era la mia cinquina, se siete a Milano e vi è piaciuto qualcuno dei libri che ho consigliato, venitemi a trovare alla Feltrinelli di Piazza Piemonte e parliamone insieme!
Di
| Adelphi, 2008Di
| Nutrimenti, 2016Di
| Fazi, 2021Di
| Sperling & Kupfer, 2016Le altre strade di carta
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