Cosa succede se da un giorno all'altro ti piazzano un campo di concentramento accanto a casa tua? Come reagisce la gente del posto?
Questa la domanda che si è posto l'autore di Villa del seminario, prima di condurci all'interno delle sue mura.
Siamo alla fine del 1943 e Le Case è quel borgo della maremma toscana dal cui cucuzzolo la Guerra appare ancora lontana, intangibile. Temibile ma non terrificante.
Finché il Vescovo Paolo Galeazzi affitta il seminario estivo ai fascisti, che lo trasformano in un campo di smistamento per gli ebrei destinati alla deportazione verso i lager di sterminio.
Maremma toscana, novembre ’43. Le Case è un borgo lontano da tutto. Vista da lì, anche la guerra ha un sapore diverso; perlopiù attesa, preghiere, povertà. Inoltre si preannuncia un inverno feroce... Dopo la diramazione della circolare che ordina l’arresto degli ebrei, ecco la notizia: il seminario estivo del vescovo è diventato un campo di concentramento.
In questa cornice storica, Naspini dipinge il cinquantenne René, ciabattino del paese soprannominato Settebello poiché senza tre dita a causa di un incidente con il tornio. Quasi emarginato, senza famiglia né molti amici, il suo unico amore è Anna, amica d'infanzia alla quale non ha mai confessato i propri sentimenti.
Anna potrebbe ricambiare, ma la morte del figlio Edoardo, fucilato insieme al gruppo di partigiani nei quali era arruolato, la spinge ad intraprendere la strada della resistenza. René tenta di mantenere il segreto dell'amica, ma ben presto le cose precipitano.
La donna che ama viene arrestata e rinchiusa presso la Villa del seminario e la collaborazione di René viene scoperta.
Il momento di prendere una decisione è arrivato: smettere di restare a guardare e iniziare la ribellione.
Volevo provare a rompere questo muro del silenzio, che suona molto simile al muro che eressero al tempo e che c'è ancora. Un muro che divide la strada dal seminario, in modo che da fuori non vedessero cosa stava succedendo all'interno e allo stesso modo che dalle mura del seminario non si vedesse cosa stava succedendo fuori. Quel muro del silenzio è ancora vivo e vegeto dentro, soprattutto, gli abitanti di quel posto
In questa nostra appassionante intervista, Sacha Naspini mostra due identità: quella dello storico e quella dello scrittore.
La prima si mescola all'infanzia, poiché egli stesso ha passato i primi sei anni della sua vita a Roccatederighi - il posto da cui prende ispirazione il borgo Le Case - ed è cresciuto con delle storie su questa misteriosa Villa del seminario che ha deciso, con gli anni, di approfondire.
La seconda prende in mano la penna e decide di usarla come un martello in grado di abbattere il muro di silenzio che ancora oggi persiste non solo tra le stradine di Roccatederighi ma anche nell'anima di molte persone; «un posto scomodo nell'anima, anche per il coinvolgimento della chiesa».
Spunti di riflessione, i suoi, oltre che un romanzo di amore e resistenza in un'atmosfera di guerra, paura, incertezza, dove quella «polvere da nascondere sotto il tappeto» diventa difficile da celare alla vista di intere famiglie ebree spogliate dei loro averi.
A pochissima distanza dal Giorno della memoria, Sacha Naspini ci ricorda, con la sua storia, che il silenzio è quel muro il cui nostro dovere è abbattere, tanto ieri quanto oggi e domani.
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