Enrico Ruggeri racconta il nuovo disco "La rivoluzione"

Mesdames et messieurs, faites vos jeux! Rouge? Noir? Fossimo al casinò, scommetteremmo comunque su Enrico Ruggeri. 
Puntando forte su entrambi i colori: il noir - incarnato in un total black senza fronzoli con cui si presenta al nostro appuntamento - e il rouge assegnatogli da un soprannome che lo accompagna da sempre. 
Magari, puntando forte su di lui aggiungeremmo un numero - trentatré - che ne riassume diversi: trentatré sono i giri al minuto che occorrono per suonare su un giradischi l'album bellissimo che teniamo fra le mani; trentatré è il numero che si chiede di dire ad alta voce a coloro dei quali il Dottore vuole conoscere lo stato di salute.
Spoiler alert: Ruggeri è in grandissima forma.
Tant'è vero che quello di cui stiamo parlando è addirittura il trentottesimo disco che il nostro ha dato alle stampe. Non trentatré, eh? Trentotto!

C'è tanto di cui gioire, insomma, per questa ennesima rivoluzione nella parabola di un artista che a quanto pare ha trovato la formula magica per restare fedele a sé stesso, aggiornando e rivitalizzando a ogni nuova uscita il proprio suono.
Eh già, il suono: componente essenziale della ricetta Ruggeri. E La rivoluzione è un disco che dal punto di vista delle sonorità ha davvero tanto da offrire: arrangiamenti ricchissimi di calore e feeling, garantiti dai collaboratori di sempre, con una componente strumentale sontuosa che però non indulge in barocchismi.  
A mettere la ciliegina sulla torta, poi, provvedono contributi inaspettati, come quello della bellissima voce di Francesco Bianconi dei Baustelle, che canta Che ne sarà di noi? e quello di Silvio Capeccia, antico sodale di Ruggeri negli Champagne Molotov, gruppo con il quale esordì agli inizi degli anni Settanta. 
Quanto ai testi, beh, se Ruggeri non esita a definire La rivoluzione come l'album nel quale è riuscito a mettersi a nudo come forse non aveva mai fatto, c'è più di una ragione: dalla riflessione generazionale, mai autoindulgente, sempre partecipe, contenuta nella title track La Rivoluzione, che racconta il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, alla metafora potente del ruolo dell'artista nella società contemporanea cui dà forma Non sparate sul cantante, passando per l'omaggio a un amico malato, nella commovente Alessandro, nel disco ci sono i temi e i toni che nel tempo hanno reso Ruggeri autore riconoscibilissimo e altrettanto amato.
E allora non resta che puntare tutto sul rouge, in questa roulette di emozioni messe in musica, e scommettere su La Rivoluzione.
Che non sarà un pranzo di gala, com'è stato detto da Mao Tse Tung, ma certamente, almeno in questo caso, è quasi un'ora di gran bella musica.