Si annoiava, il povero Prokof’ev. Gli avevano chiesto di scrivere la colonna sonora per Ivan il terribile, un film che il regista russo Sergej Ėjzenštejn stava girando ad Alma Ata, in Kazakistan, seguendo ciò che mano a mano veniva filmato. Ma le riprese, come sempre accade sul set, erano piene di pause, che servivano a preparare le scene, a sistemare i costumi, a truccare gli attori; e dunque, poiché si era costretti a stare fermi, pazientemente, in attesa, ci si rompeva un po’ le scatole.
Prokof’ev, che era pur sempre uno dei più grandi compositori viventi, non amava perdere tempo. Gli sembrava assurdo restare con le mani in mano. E così trovò un tavolo libero, tirò fuori un po’ di fogli pentagrammati, sul primo annotò una data – settembre 1942 – e poi cominciò a scrivere una Sonata per flauto e pianoforte.
La primavera successiva, rientrato a Mosca, completò la partitura e, il 7 dicembre, la fece eseguire nella Piccola Sala del Conservatorio della città. La suonavano due musicisti di prim’ordine, il flautista Nikolaj Čarkovskij e il pianista Sviatoslav Richter; e il concerto ebbe un gran successo.
Mikhail Simonyan esegue le Sonate per Violino e Pianoforte di Sergej Prokof’ev, compositore intuitivo e geniale
In sala, ad ascoltare, c’era anche un celebre violinista, David Oistrakh, che amava molto la musica di Prokof’ev. E, alla fine, Oistrakh si avvicinò al compositore e gli disse che quella partitura era bella così come era stata scritta, per flauto e pianoforte; ma sarebbe stata ancora più bella se fosse stata trascritta per violino e pianoforte. Lui l’avrebbe suonata con molto piacere; e, nel caso, avrebbe dato volentieri una mano, per suggerire come risolvere alcuni passaggi.
Prokof’ev sorrise, accettò e, nel giro di poco, si ritrovò in mano una lista di suggerimenti che Oistrakh gli aveva preparato per aiutarlo nella trascrizione. Quando si scrive musica per uno strumento, infatti, bisogna tenere in considerazione le sue caratteristiche, quali note può produrre e quali no, dove è più agile e dove meno, in che situazioni ha un suono brillante, dove invece risulta più cupo eccetera eccetera. E dunque magari certe frasi pensate per un flauto non sono altrettanto efficaci per un violino se non si interviene con qualche aggiustamento, non si cambia qualche nota o magari una legatura, un ritmo, una pausa – la trascrizione è davvero una faccenda di alto artigianato. Per fortuna, però, i due musicisti si trovarono bene a lavorare insieme e così nacque la nuova versione, che risultò talmente riuscita da conquistare tutti, violinisti e pubblico, al punto da far quasi dimenticare la versione originale, quella per flauto e pianoforte.
Che cosa aveva questa musica di così speciale? Riuniva il passato e il presente, e lo faceva in un modo così felice che all’ascolto uno non se ne accorgeva. La forma, la struttura, infatti, sono le stesse che usavano Mozart o Beethoven centocinquant’anni prima; ma hanno addosso l’energia, lo slancio e i riferimenti alla vita del Novecento (compreso il motorismo, il muoversi sempre, che era decisamente caratteristico di Prokof’ev). Per cui chi la ascoltava trovava insieme una memoria di tempi passati e una fotografia del presente, riunite, fuse, abbracciate in modo emozionante.
Poche orecchie, da allora, sono rimaste impermeabili al fascino di questa partitura: chi la ascolta, infatti, viene travolto da una passione bizzarra, singolare, dove la dolcezza si sposa con l’entusiasmo, la raffinatezza con la semplicità.
Provate ad ascoltarla anche voi, e poi fatemi sapere.
Di
| Hachette (Milano), 2018Altri consigli di lettura
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente