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La donna che salvò la bellezza di Sara Rattaro

Il 24 ottobre è stato pubblicato da Mondadori, La donna che salvò la bellezza. Storia di Fernanda Wittgens, l’ultimo libro per ragazzi di Sara Rattaro.

L’autrice, con un bagaglio di best seller e premi letterari, nel 2017 ha iniziato un percorso nella narrativa per adolescenti e bambini, creando storie dal tocco coinvolgente e intenso, proprio come questa sua ultima opera ispirata da Fernanda Wittgens, la prima donna a dirigere un museo italiano: la Pinacoteca di Brera.

La donna che salvò la bellezza. Storia di Fernanda Wittgens

Rachele è solo una ragazzina quando nel 1939 vengono promulgate le leggi razziali e la sua vita di colpo cambia, in quanto ebrea. Incontra un ragazzo, Vittorio, che ha appena quindici anni, eppure ha un coraggio sconfinato. Lavora, per volere del padre fascista, alla Pinacoteca di Brera, fianco a fianco con la direttrice Fernanda Wittgens. Due sono gli obiettivi di Fernanda: salvare dai bombardamenti e dalle razzie naziste le opere d'arte conservate nei musei milanesi e aiutare familiari, amici ebrei a espatriare.

«La bellezza è nutrimento dell’anima» ci disse.
«Che cosa vuol dire, papà?» risposi io osservando l’immagine di un uomo sdraiato che sembrava stesse dormendo.
«Perché lo chiedi, piccola mia?»
«Le persone vicino a lui piangono.»
«Sono tristi perché Cristo è morto» mi spiegò e io rimasi lì, immobile a fissare quell’immagine perché non riuscivo a staccarmi.
Fu mio fratello Giulio Cesare a trascinarmi via, altrimenti, mi disse, sarei rimasta lì per sempre.
E in un certo senso è stato così.

Dopo un incipit così suggestivo e caratterizzante del personaggio Wittgens, ci ritroviamo nell’arco temporale del secondo conflitto mondiale, tra il 1935 e il 1944, in una Milano che, poco alla volta, viene mutilata e devastata dal fascismo e dalle bombe.

La narrazione procede su due binari paralleli: da una parte la Pinacoteca e l’arte, il fragore dei primi bombardamenti, la volontà pressante e cieca di mettere in salvo la bellezza, con accanto la presenza di Vittorio, un ragazzo mandato dal padre fascista, fedelissimo di Mussolini, a “raddrizzarsi” sfacchinando tra i quadri e che invece, grazie a Fernanda, diventa appassionato e avido d’arte prima e giovanissimo eroe poco dopo.

Dall’altro lato, in un botta e risposta tra capitoli, la vicenda di Rachele, una ragazzina ebrea, che poco alla volta si ritrova negati i diritti del quotidiano, fino a quando l’inasprirsi delle leggi razziali la costringono, con la sua famiglia, alla paura più nera, alla fame, al confrontarsi col profondo senso di ingiustizia del doversi sempre più nascondere.

Il legame tra le due vicende ha come punto d’incontro l’innamoramento palpitante dell’adolescenza che esplode, forte come quelle bombe, tra Rachele e Vittorio.

I due giovani sono personaggi di fantasia, in grado di creare una cornice di verità tanto quanto gli avvenimenti storici, appassionando grazie al fervore della gioventù e alla personalità che l’autrice dona loro rendendoli al pari della figura storica di Wittgens, altrettanto ben delineata nel suo coniugare esperienza, cultura, passione.

L’aria fuori era calda e per quei pochi istanti sembrava quasi che nulla di così grave stesse accadendo. Poi era arrivato un altro scoppio e io vidi il cielo infuocarsi prima e spegnersi poi. Tutto intorno a noi si era riempito di fumo e polvere che mi impregnavano le narici mentre correvo verso la Pinacoteca. Quando l’avevo raggiunta mi ero precipitata sul retro dove sapevo che avrei trovato la chiave della porta di servizio nascosta dal custode sotto un grande vaso. Avevo at- traversato tutte le stanze e tutti i corridoi. Ogni tanto avvertivo la terra tremarmi sotto i piedi e vedevo le cornici oscillare.
Li avevo guardati tutti, i miei quadri, ed ero rimasta lì, in piedi e immobile, finché le prime luci dell’alba non iniziarono a calmarmi.

Wittgens si annovera tra quelle persone dotate di un'intelligenza e una sensibilità tali da aver messo in salvo non solo le opere d’arte – indubbiamente encomiabile attività – ma soprattutto molte famiglie ebree, permettendo loro di espatriare e continuare a vivere, usando il suo privilegio e le sue conoscenze.

Lo sfondo della vicenda di Rachele tocca corde che risuonano dentro una memoria collettiva che, a livello generazionale, sta per noi scomparendo ma che è impressa nel nostro DNA, la conosciamo anche se non l’abbiamo partecipata, e il grande pregio di questo romanzo è saperla raccontare senza cadere nel già letto o nel cliché, ma cogliendo attraverso gli occhi dell’adolescenza tutto il dolore del vedersi negata la vita per un presunto “difetto di nascita”.

«Hanno fatto una strage di ebrei sul Lago Maggiore.» Nessuno fece domande e lui continuò.
«Li hanno tirati fuori dagli alberghi dove si erano rifugiati e li hanno fucilati.»
Mia madre portò le mani alla bocca e mio padre si appoggiò al tavolo come se cercasse un appoggio per non cadere.
«C’erano anche dei bambini.»
Guardai le valigie e mossi appena la testa. Non avevo nemmeno la forza di piangere. Era come se l’in- credulità e la disperazione mi avessero prosciugato le lacrime. Per cinque anni, dal 1938 al 1943, avevamo vissuto privati di tutto, isolati ed esclusi. E adesso dovevamo anche cercare di salvarci la vita.

Come nota finale possiamo dare a La donna che salvò la bellezza l’ulteriore merito di aver acceso i riflettori su una donna che ha avuto un ruolo importante nella storia e nella cultura italiana, un’altra donna che non possiamo e non dobbiamo dimenticare, come molte altre.

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