La mia Bohème
(Fantasia)
Me ne andavo, coi pugni nelle tasche sfondate,
e pure il mio paltò diventava ideale;
andavo sotto il cielo, mia Musa, a te leale;
amorose avventure, magnifiche e sognate!
Nei miei soli calzoni un buco s’allargava.
– Sognante Pollicino, sgranavo nella corsa
rime. La mia locanda era lassù, nell’Orsa.
Soavemente in cielo le mie stelle frusciavano.
E le ascoltavo, ai bordi di qualche strada assiso,
in quelle dolci sere di settembre, col viso
bagnato di rugiada che ha di vino il vigore;
e, rimando nel mezzo di buiori fantastici,
tiravo, come corde di una lira, gli elastici
delle scarpe ferite, un piede accanto al cuore!
Traduzione di Roberto Rossi Precerutti
È il 1870 quando il sedicenne Arthur Rimbaud fugge da Charleville, nelle Ardenne, dove era nato il 20 ottobre 1854, dando inizio a un periodo di peregrinazioni alla ricerca della vita “vera”, lontano dalla gretta realtà della provincia e dal mondo domestico e borghese. Su invito di Paul Verlaine, nel 1871 arriva a Parigi e comincia a frequentare i cenacoli letterari, dando scandalo per le sue convinzioni politiche, il gusto per l’eccesso e la relazione omosessuale con il suo mentore. Il legame avrà un drammatico epilogo: il 7 luglio 1873, a Bruxelles, Verlaine spara contro l’amico ferendolo a un polso. Processato, sconterà due anni di carcere.
Ma già quando approda a Parigi, la visione di Rimbaud sulla vita e sulla poesia è chiarissima: in quella che diventerà nota come la “lettera del veggente”, inviata all’amico Paul Demeny nel maggio 1871, scrive: “Dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; egli cerca sé stesso, esaurisce in sé tutti i veleni per non conservarne che la quintessenza. (…) Il poeta è veramente un ladro di fuoco. Ha in carico l’umanità, perfino gli animali; egli dovrà sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni; se quello che egli porta da laggiù ha forma, egli dà forma; se è informe, egli dà l’informe”. Il poeta deve inoltre creare una lingua nuova, “lingua dell’anima per l’anima, tutto riassumendo, profumi, suoni, colori; pensiero che il pensiero uncina, e che tira”. E Rimbaud ruberà davvero il fuoco agli dèi, bruciando anche la sua vita e la sua poesia, superandone i limiti fino al punto di non ritorno, fino al silenzio. A 19 anni, dopo aver scritto Una stagione all’inferno e i poemetti in prosa Le Illuminazioni, l’inimitabile esperienza letteraria di Rimbaud si conclude e l’“uomo dalle suole di vento”, come l’ha definito Verlaine, smette di scrivere e riprende le sue peregrinazioni. Si trasforma in trafficante, fa il mercante di armi in Africa, ad Harar. Nel 1891, affetto da un tumore a un ginocchio, torna in Francia, a Marsiglia, dove muore il 10 novembre. Ha 37 anni.
Nell’antologia I poeti maledetti (1884, 1888), Paul Verlaine lo descrive così: “Era un uomo alto, ben costruito, quasi atletico, il volto perfettamente ovale da angelo in esilio, capelli castano chiaro in disordine e occhi di un azzurro pallido inquietante”. E conclude: “Nella sua Stagione all’inferno diceva: ‘La mia giornata è finita; lascio l’Europa. L’aria marina mi brucerà i polmoni; i climi lontani mi abbronzeranno’. Tutto questo è bellissimo e l’uomo ha mantenuto la parola”.
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I libri di Arthur Rimbaud
Di
| Garzanti, 2019Di
| Marsilio, 2019Di
| Rizzoli, 1981Di
| Garzanti, 2004Di
| Salerno Editrice, 2001Di
| Mucchi Editore, 2019Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
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