Sotto le copertine

Per Fandango, leggere è una cosa fighissima!

Leggere è una cosa fighissima, ecco cosa vogliamo far capire ai ragazzi.

Per farlo è necessario un cambio di paradigma, secondo Tiziana Triana, direttrice editoriale di Fandango Libri. Fedele all’ambizione di dar voce a chi la voce non ce l'ha, la casa editrice ha recentemente inaugurato due nuove collane, ed entrambe guardano al futuro. Se Icaro è un invito a interrogarsi sulle implicazioni etiche delle nuove tecnologie, i libri Weird Young si rivolgono ai giovani adulti – “molto più adulti di quanto non pensiamo” – che Fandango andrà presto a incontrare di persona nelle scuole.  

Tiziana Triana intervistata

La homepage del sito Fandango si apre con la seguente frase: “Siamo una casa editrice indipendente, con la passione per le storie altre, quelle che altri non raccontano.” È una dichiarazione d’intenti molto potente. Puoi dirci meglio come si declina nel vostro catalogo?

È vero, è uno statement sfidante sia per chi legge sia per chi ha deciso di incarnarlo. Fandango è una casa editrice indipendente che è anche molto spuria. Siamo nati come costola di una casa di produzione cinematografica molto più grande di noi e con un peso sul mercato di riferimento decisamente maggiore, essendo Fandango Film uno dei più importanti produttori cinematografici italiani. La casa editrice è solida e affermata, ma non ha lo stesso peso all’interno del mercato editoriale. Per poter competere dando un senso al progetto è importante, secondo me, mettere a fuoco quali sono le cose che si sanno fare meglio.

Fandango Film ha fatto della scoperta di nuove voci e linguaggi il suo punto di forza, e noi in un certo senso abbiamo mutuato lo stesso tipo di approccio, mettendoci alla ricerca di ciò che secondo noi mancava, con l’obiettivo di “dare voce a chi la voce di solito non ce l’ha”, come ci piace dire.

E in un mondo che sta diventando sempre più complesso – cosa che non considero necessariamente negativa – la nostra ambizione è mettere un po’ di ordine in questa complessità, fare luce sulle esistenze che finora sono state relegate ai margini, non solo del mercato editoriale ma in generale della rappresentazione dell’immaginario. Da qui nasce l’idea di raccontare il contemporaneo, il mondo in evoluzione, e di allargarne la rappresentazione a storie di vita che premono per essere ascoltate: realtà che fino a poco fa erano totalmente escluse dal mercato. Quindi racconti di donne, di questioni di genere, di tutta l’ampia comunità che possiamo riunire sotto alla denominazione LGBTQ+.

Aggiungo che io personalmente vengo dalla non-fiction e la saggistica resta la mia passione principale. Ritengo ci sia sempre più bisogno di approfondire, e questa necessità si traduce, nel catalogo Fandango, in una saggistica militante e impegnata, che si tratti di geopolitica o di diritti civili. Civili, non individuali: i diritti che ci interessa esplorare sono quelli che appartengono a tutti.

Concretamente, come si muove il comparto editoriale sotto la tua direzione per trovare queste “storie altre”?

È importante fare una distinzione fra narrativa e saggistica, perché sono modalità di lavoro molto diverse. Per quanto riguarda la narrativa, che in Italia è la categoria principe – basta dare un occhio alle classifiche per capirlo – la qualità fondamentale di chi deve “trovare” libri è la curiosità nei confronti di tutte le forme di racconto: nel cinema, nel teatro, nelle serie tv, nella musica, nelle tantissime declinazioni di scrittura che si trovano anche in rete e sui social. Ho la fortuna di lavorare insieme a una squadra molto solida e affiatata. Lavinia Azzone, che in Fandango è l’editor di narrativa, è una feticista del testo, come le dico sempre. Questo aspetto un po’ ossessivo, questa fame infinita di voci e di racconti è sicuramente la base del mestiere.

Nel mondo dell’editoria ci sono poi moltissime figure di intermediazione, come gli scout, gli agenti letterari, le case editrici stesse, che ci segnalano le cose potenzialmente interessanti per noi. Negli ultimi anni i nostri esordi di maggior successo sono stati frutto di collaborazioni con uno scout personale della casa editrice. E poi ci sono gli autori che ci contattano direttamente, o che scopriamo noi, spinte da quell’inestinguibile curiosità cui facevo riferimento poco fa.

L’unico “paletto” che insisto venga rispettato è che la ricerca resti principalmente incentrata sulle storie. In Italia la cosiddetta narrativa speculativa ha una tradizione importante, ma in Fandango siamo soprattutto bravi a pubblicare autrici e autori che mettono le storie al centro della loro scrittura.

In alto, da sinistra: Lavinia Azzone, Giorgia Scalise, Manuela Maddamma, Silvia Paino, Riccardo Cataldi. Sotto: Domenico Procacci, Tiziana Triana, Maria Grazia Zulli

Nella saggistica è ancora più necessario nutrire questa fame e questa curiosità di mondo attraverso l’informazione: è fondamentale leggere almeno tre o quattro quotidiani al giorno oltre alle riviste specializzate e alle fonti più varie, approfondire sempre, assecondare anche le proprie passioni e i propri interessi individuali. La saggistica può essere veramente un linguaggio di scoperta e di cambiamento. Ci sono libri che possono modificare non solo il punto di vista sul mondo ma l’esistenza stessa delle persone. Le storie del mondo contemporaneo possono fare scoprire a lettrici e lettori alcuni aspetti della loro stessa personalità, e in questo c’è un elemento importante di rassicurazione. È un meccanismo diverso rispetto a quello che scatta con la narrativa, di empatia o identificazione con i personaggi: quando le storie raccontate sono fatti realmente accaduti, più che di rispecchiamento parlerei di adesione – un’adesione che può diventare totale. Non ti nascondo che questo aspetto costituisce una delle motivazioni principali nel mio lavoro: l’idea che un libro possa essere non soltanto un’opportunità di accrescimento culturale ma anche una vera e propria esperienza di vita è davvero fondamentale per me.

Continuando a curiosare dietro le quinte dell’editore, Fandango Libri condivide la sede con la divisione cinematografica del gruppo: un unico palazzo che ospita un universo eterogeneo e al tempo stesso profondamente coeso e identitario. Sono anche molti i progetti comuni. Come nascono? Attraverso incontri regolari e strutturati, o in modo più informale, magari alla macchinetta del caffè?

Per molto tempo ci siamo incrociati alla macchinetta del caffè. Vivere e lavorare in un unico palazzo in cui l’attività ruota intorno a ogni aspetto della creatività – audiovisiva, musicale, radiofonica, editoriale – fa sviluppare una naturale tendenza all’ibridazione di qualsiasi progetto. Era del tutto normale per noi passare da un piano all’altro, confrontarci in modo piuttosto casuale su un progetto ed esplorare l’eventualità che “da cosa nascesse cosa”. In anni più recenti abbiamo introdotto incontri mensili più strutturati, di settore, in cui la casa editrice e il comparto editoriale della casa di produzione cinematografica si confrontano su possibili “passaggi”. Ma è soprattutto un’occasione per condividere idee, progetti che potranno trovare una declinazione nell’una o nell’altra veste. Un esempio significativo: uno dei nostri più grandi successi degli ultimi anni, La collina di Andrea Delogu, era arrivato in Fandango come soggetto cinematografico. Quando Laura Paolucci – produttrice, sceneggiatrice e responsabile per lo sviluppo progetti per Fandango Film – lo ha ricevuto, ha subito voluto condividerlo con me. In effetti, quel trattamento lungo di 40 pagine era già totalmente strutturato, aveva già tutte le caratteristiche di un romanzo; un testo potentissimo che alla fine è diventato un libro e non un film.

Ci sono gli adattamenti da libro a film, come Amori che non sanno stare al mondo, romanzo di Francesca Comencini che ha poi firmato anche la regia del film. Sempre di più, i libri Fandango vengono adattati anche da altre case di produzione. È un altro cambiamento recente: a lungo i produttori stessi non si facevano avanti perché davano per scontato che i passaggi restassero interni. Ma Fandango Film produce dai tre ai cinque film all’anno, mentre la casa editrice pubblica 40 titoli l’anno! E poi, come casa editrice ci occupiamo di narrativa, saggistica, fumetti… insomma abbiamo una produzione molto varia ed eterogenea, con una linea editoriale che non necessariamente coincide con quella di Fandango Film. Un caso emblematico è quello di Febbre di Jonathan Bazzi (qui trovate la nostra intervista all'autore!), uno dei nostri più grandi successi degli ultimi anni, che diventerà un film, ma non prodotto da Fandango.

Il caso Bazzi

La casa editrice ha poco più di vent’anni. Rispetto a quello di molti altri editori, il vostro catalogo non si articola in molte collane. Le pubblicazioni si dividevano fra la narrativa di Fandango Libri e la saggistica dei Documenti. Ma recentemente avete varato ben due nuove linee editoriali, e con Weird Young siete entrate in un mondo completamente nuovo… Anche Icaro mi sembra un progetto molto innovativo, puoi dirci qualcosa in più di questa collana?

Sì, a lungo siamo state “parche” con le collane. Grazie all’incontro con Maurizio Balistreri, nostro autore di saggistica, filosofo morale che si occupa di bioetica applicata alle nuove tecnologie, abbiamo inaugurato questa collana di piccoli libri accessibili – 120 pagine al massimo – che intende esplorare le possibili conseguenze del cambiamento tecnologico da qui ai prossimi cinquant’anni. Sono discussioni che non è più possibile rimandare, perché il progresso tecnologico non si ferma e non si fermerà. Dobbiamo quindi mettere in campo questo genere di riflessione, proprio per evitare eventuali effetti nefasti. Il punto non è capire se queste trasformazioni arriveranno – perché arriveranno, in molti casi sono già arrivate – ma interrogarsi sulle conseguenze etiche, senza ricadere né nella difesa d’ufficio né in inutili allarmismi. Ai libri di Icaro lavora un comitato scientifico di altissimo valore accademico, composto da università di tutto il mondo. I prossimi due titoli in uscita nel 2023 sono Gli oggetti buoni di Steven Umbrello, uno studio sulla nostra relazione affettiva con gli oggetti, e un saggio di Silvia Camporesi, Partire (s)vantaggiati? che riguarda la questione del potenziamento della performance sportiva. Sono temi molto attuali di cui non si discute abbastanza. Io sono convinta che siamo una specie in corso di transumanesimo – tutti mi accusano di essere una tecno-progressista, però guardaci: stiamo conversando su zoom, e i nostri smartphone sono già di fatto dispositivi attaccati al nostro corpo. A me affascina la possibilità di interrogarsi su chi siamo, al di là del punto di vista religioso, guardando esclusivamente alle implicazioni di ordine etico e racchiudendo il senso dell’esistenza in un processo evolutivo.

Veniamo a Weird Young, i libri pensati per i cosiddetti giovani adulti. Annunciando l’iniziativa hai ricordato che “i giovani adulti sono molto più adulti di quello che pensiamo”. Questa frase dice molto dello spirito con cui è stata creata la collana.

Siamo molto, molto contente per la nascita di Weird Young. Quello degli adolescenti è un mondo che ci appassionava ma che non avevamo ancora approcciato. Io sono cresciuta con la letteratura per ragazzi degli anni ’70 e ’80 – una passione che si è evoluta insieme all’evoluzione del mercato – ma credo sia fondamentale riconoscere il cambio paradigmatico che c’è stato in questi anni. In fondo, io e mia madre ci siamo formate allo stesso modo. Abbiamo letto libri diversi, certo, ma abbiamo letto libri. La generazione Z non inizia la propria formazione con la lettura. Sono altri i linguaggi che arrivano prima, e sono di tipo visivo: abbiamo tutti visto bambini di due o tre anni perfettamente a loro agio nell’interazione con un tablet. O pensiamo al gaming, altro linguaggio che cambia completamente la percezione della realtà, in cui i confini fra reale e virtuale sono decisamente meno netti. Ci si stupisce della fluidità di genere degli adolescenti, ma basta osservare i protagonisti dei loro giochi on line: personaggi ibridi, mezzi umani mezzi animali, entità fluide che diventano, per gli adolescenti, possibilità reali della vita. Ecco, entrando in libreria e guardando gli scaffali Young Adult ho l’impressione che questo salto paradigmatico non sia stato registrato. Si trovano o il fantasy – un genere che amo, ma che è molto standardizzato anche dal punto di vista del publishing e della veste grafica – oppure il genere romantico, cioè il racconto sentimentale dell’adolescenza.

Tutta l’infinita complessità del mondo adolescente, a mio parere, non trova rappresentazione nei libri, mentre i ragazzi la sperimentano nella realtà che vivono e in quella che vedono: le serie televisive che guardano, affrontano tematiche tostissime dal sesso, agli abusi e alle dipendenze. Secondo me ai giovani adulti dobbiamo proporre questa stessa complessità anche in ciò che pubblichiamo: altrimenti li perderemo, come sta in gran parte già accadendo. Noi sentivamo il bisogno di restituire la complessità di tematiche considerate difficili ma che non lo sono. Vogliamo incuriosire questi ragazzi, sfidarli, non per forza rassicurarli. Dobbiamo coinvolgerli e fare capire che il libro è uno strumento di approfondimento, ma anche di intrattenimento.  

Insieme alla collana Weird Young è nato anche un progetto scuole, che state avviando proprio in queste settimane. Come è andata?

Chiunque frequenti un po’ l’editoria sa che si fa sempre un gran parlare di promozione alla lettura, ma la domanda resta: come fare? Per noi era importante trovare una via sostenibile anche eticamente. Certo, si può sempre investire in grosse campagne di marketing, ma non ci sembrava la strada giusta per questo progetto in particolare, non solo perché come editore indipendente non abbiamo a disposizione risorse infinite, ma anche perché riteniamo che la scuola sia l’elemento assolutamente centrale per la promozione della lettura. Io da ragazza ho scoperto mondi interi grazie alla scuola pubblica ed è un valore in cui crediamo fortemente. Così abbiamo unito la passione per la letteratura per ragazzi al desiderio di valorizzazione della scuola come elemento fondante e abbiamo ideato un progetto per le scuole – per il momento solo a Roma e in Lazio, ma non è affatto escluso un allargamento, anzi. Inizialmente era rivolto solo alle superiori ma abbiamo ricevuto tante richieste dalle medie e abbiamo quindi pensato a un progetto specifico anche per gli studenti più giovani. Tutta la casa editrice – comparto redazionale e commerciale – ha lavorato insieme alla proposta, che si struttura in un incontro introduttivo sulla casa editrice seguito dalla scelta, fatta insieme ai professori, di uno o più titoli da leggere con i ragazzi. Le classi potranno acquistare i libri a fronte di uno sconto molto significativo, e per il resto il progetto non prevede alcun costo per la scuola. Dopo l’open-day che abbiamo fatto su Zoom a fine agosto le scuole si sono iscritte e nelle prossime settimane inizieremo a pianificare gli incontri. In futuro ci piacerebbe anche portare delle classi qui da noi, per permettere loro di vedere dal vivo la realtà di una casa editrice.

È un progetto molto bello e anche molto ambizioso, se consideriamo che per molti adolescenti “quelli che leggono sono quelli che non hanno una vita”…

La sfida è esattamente questa. Trasmettere l’idea che la lettura non solo ti insegna a gestire le situazioni più difficili, ad avere la risposta pronta, a parlare, ad argomentare, ma è anche una delle cose più divertenti che si possano fare nella vita. Vogliamo, insomma, far capire che chi legge è un figo.

Per concludere, ti chiediamo qualche consiglio di lettura.

Come dicevo, sono soprattutto una lettrice di non-fiction, quindi saggistica storica e scientifica ma non solo. Recentemente mi ha appassionata il libro di Maya De Leo, Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, testo straordinario che racconta la storia del nostro Paese –  non solo quella della comunità Queer. Inoltre offre tantissimi spunti, è pieno di inserti pop e consigli di letture e di film. Un altro libro meraviglioso che consiglio caldamente è Il colore della Repubblica di Silvana Patriarca. Racconta la generazione di bimbi nati dopo la guerra da rapporti – consensuali e non – fra soldati di colore delle truppe alleate e donne italiane: bambini cresciuti in Italia totalmente emarginati dal loro stesso paese.

Fra i romanzi ho letto con passione La più recondita memoria degli uomini di Mohamed Mbougar Sarr, premio Goncourt 2021, libro davvero eccezionale.

Segnalo anche alcune delle uscite più imminenti di Fandango. Il primo libro, che consiglio a tutti ma in particolare alla generazione di cui parla, cioè quella dei trentacinquenni, si intitola Autofiction e uscirà a inizio ottobre. Iacopo Barison, che aveva esordito con l'editore Tunué, ci ha fatte aspettare cinque anni prima di consegnarci il suo nuovo romanzo. Devo dire che l’attesa è stata davvero premiata: il salto di maturità che ha compiuto è straordinario. Entro la fine dell’anno uscirà anche il primo romanzo di Marina Cuollo, attivista e giornalista che da sempre si occupa dei temi legati alla disabilità. Qui lo fa attraverso la protagonista che dà il titolo al libro, Viola, donna disabile che vive con grande libertà le sue relazioni sentimentali e sessuali – con tutte le implicazioni della sua situazione. Come sempre Marina, la cui ironia è un’arma affilatissima, riesce a raccontare queste realtà facendoci anche ridere. Potrei andare avanti a lungo, perché Fandango ha davanti a sé una fine 2022 molto entusiasmante, ma mi fermo qui.    

Logo della nuova collana Fandango Weird Young

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